Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  gennaio 23 Mercoledì calendario

Perché anche i vampiri sono altruisti. Tuttoscienze 23 gennaio 2008. Alcune zebre restano indietro ad affrontare i leoni, mentre il branco fugge al sicuro

Perché anche i vampiri sono altruisti. Tuttoscienze 23 gennaio 2008. Alcune zebre restano indietro ad affrontare i leoni, mentre il branco fugge al sicuro. Un uccello finge di avere un’ala rotta per attrarre l’attenzione di una volpe e, così, allontanarla dalle uova che stava covando. Le formiche operaie rinunciano ad avere figli per lavorare a tutto vantaggio della prole della regina. Tutte scene di "ordinario" altruismo a prima vista inconciliabili con le teorie darwiniane sulla selezione naturale. Che cosa spinge, infatti, un animale a comportarsi in modo da aumentare la probabilità di sopravvivenza o di riproduzione di un altro essere anche a costo della vita? "L’altruismo è presente in natura in molteplici varianti e con diverse spiegazioni", dice Enrico Alleva, direttore del Reparto di Neuroscienze Comportamentali del Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze all’Istituto Superiore di Sanità di Roma. "Le forme più classiche sono quelle degli insetti sociali. In questo caso la variabilità genetica è molto ridotta e ha senso biologico che ci si sacrifichi per un altro essere, che è poi un consanguineo. Pensiamo al caso paradigmatico dell’ape che, quando punge, muore perché con il suo pungiglione si strappa l’addome. Ma guardiamo bene il fenomeno. Cos’è il pungiglione? E’ un essere che, separato dall’ape, continua a "vivere". Ha, infatti, un ganglio - un "cervellino" - che continua a far affondare il corpo del pungiglione all’interno del predatore, che generalmente è un tasso o un orso. Quindi il pungiglione si annida in modo attivo e continua a secernere per giorni una serie di sostanze d’allarme: se lo stesso predatore si riavvicina all’alveare, un primo odore comunica alle api "allerta!", mentre un altro odore dice "pungi!". Il pungiglione, perciò, non muore, ma serve per proteggere le altre api, gli altri geni, all’interno dell’alveare. La vicinanza genetica spiega l’altruismo tra consanguinei, ma quello tra individui non imparentati tra loro? "Esiste anche l’altruismo basato sulla reciprocità. Pensiamo per esempio ai pipistrelli vampiri che si nutrono di sangue. Per questi mammiferi l’alimentazione è un problema, che può diventare critico per due motivi fondamentali: in primis sono mammiferi di piccole dimensioni ad alto metabolismo, ossia con un alto bisogno di calorie, e inoltre, volando, consumano molte energie. Un pipistrello che non mangia per tre notti rischia di morire di fame. Quindi c’è un meccanismo di donazione di cibo, ossia di sangue, che però non è solo rivolto ai parenti, ma è quello che io chiamo scherzosamente un ”vincolo di sangue tra vampiri”. In pratica, se doni parte del sangue che ti sei procacciato nella notte a un pipistrello che vedi in difficoltà, avrai una probabilità che questo gesto ti venga restituito una volta che ne avrai bisogno tu. E’ quello che chiamo un altruismo reciproco ”preterintenzionale”". L’altruismo compare in gruppi diversi, dalle api alle scimmie. Quali sono le condizioni più rilevanti affinché si manifesti? "L’altruismo compare quando la tua storia naturale lo richiede. Sei ”costretto” dalla legge ecologica della tua storia evolutiva di specie. Non c’è quindi un continuum e manca una traiettoria che porti dal microrganismo al filosofo. L’altruismo è soggetto a una variabile ecologica: può essere presente negli insetti sociali, ma anche in alcuni uccelli o - come dicevo - nei pipistrelli oltre che nell’uomo. In poche parole esiste una spinta ecologica dell’ambiente che impone l’altruismo quando ce n’è bisogno". E nell’uomo quali sono le spiegazioni più credibili? "Quando si parla della nostra specie, stanno emergendo ipotesi che sfidano il concetto stesso di altruismo. In una visione darwinista è possibile ottenere un beneficio ritardato nel tempo e che per questo non si riesce a comprendere nel presente. Mi spiego: se sei generoso diventi per esempio autorevole, e ciò in vecchiaia può aiutare. Oppure, essendo generoso, accumuli reciprocità e crediti, che prima o poi qualcuno ti ridarà. Inoltre, essendo generoso, acquisti una rispettabilità che nella nostra società è d’aiuto". Quanto è diversa la generosità degli animali da quella umana? "Bisogna stare attenti a cadere in due estremi. Si deve evitare l’antropomorfismo, ossia rendere umani i comportamenti degli animali, ma anche l’opposto. Dire che i soldati vanno in guerra e muoiono come le api e che ciò è giusto è un riduzionismo orrendo. E’ un gioco di specchi: ci sono io e c’è l’animale. Io guardo me nell’animale e poi guardo l’animale in me, però evitando le estrizzazioni". Lei, quindi, non dà spiegazioni biologiche agli atti di altruismo fini a se stessi nella specie umana? "Ne diffido fortemente. Le spiegazioni biologiche dei comportamenti umani sono sempre servite per attenuare le responsabilità civili e penali di atti nefandi, commessi da persone nel pieno delle loro capacità di intendere e volere. Sostenere che c’è una spiegazione biologica a tutto induce a pensare che l’offesa o la minigonna, scatenando l’animale che è in noi, giustifichino l’omicidio o lo stupro. Io milito contro l’idea di ”biologizzare” la morale, perché poi nella pratica giuridica tutto ciò può diventare molto pericoloso. Esistono le leggi morali: non possono valere per la società umane le stesse regole che valgono per le scimmie". A livello evolutivo è più importante l’altruismo o l’egoismo? "La regola è sempre la stessa: vince chi lascia un numero sufficiente di geni nel mondo. Possiamo quindi aspettarci una convivenza tra comportamenti egoistici e comportamenti altruistici con la regola che, fatta la somma, tu devi lasciare un certo numero di figli nel mondo, pena l’estinzione. Ci si può aspettare che, aumentando la complessità del comportamento di una specie, la capacità individuale di essere egoista o altruista debba variare. Ad esempio nelle scimmie antropomorfe un individuo può essere altruista o egoista non solo seguendo la legge di natura, ma anche la propria storia individuale e personale. L’ape non ha scelta, lo scimpanzè a volte sì!". MONICA MAZZOTTO