La Repubblica 23 gennaio 2008, Saskia Sassen, 23 gennaio 2008
Le nuove classi sociali figlie del mondo globale
Le nuove classi sociali. La Repubblica 23 gennaio 2008. In sociologia, il concetto di classe ha illestre e antico lignaggio. Qui il termine è utilizzato per tentare una prima aggregazione degli svariati gruppi sociali che stanno iniziando ad acquisire coerenza in forme sociali globali individuali; ossia, mi prendo delle libertà col concetto. La formazione di queste classi indica dinamiche che disaggregano parzialmente il nazionale dall’interno. Queste classi prendono forma in ordinamenti sociali specifici: l’apparato statale, l’economia, la società nel senso più stretto del termine. Questa disaggregazione, inoltre, indebolisce la presa che i sistemi e i regimi politici nazionali hanno avuto, storicamente, su gruppi particolari compresi in queste classi emergenti. Nello stesso tempo, le caratteristiche di queste classi, in particolare la loro posizione ambigua tra il globale e il nazionale, indica il loro attuale inserimento, seppur parziale, nell´ambito nazionale. , perciò, più corretto parlarne in termini di classi parzialmente denazionalizzate. Questa interpretazione contesta, tra l´altro, la concezione che ritiene le classi globali cosmopolite perché debordano dal nazionale. Queste classi globali sono piuttosto non-cosmopolite. (...) Seppur ancora ristretto, esiste un filone di analisi specialistica che ha preso in esame l´emergere di un nuovo strato transnazionale di professionisti e di alti dirigenti. In termini di posizioni funzionali e di interessi originati da queste posizioni, intravedo, però, almeno altre due classi globali, o parzialmente denazionalizzate. Una trae origine dalla proliferazione di reti transnazionali di funzionari statali. Ne fanno parte, le reti costituite di esperti in varie materie fondamentali per l´economia globale delle corporation: giudici che hanno a che fare con un numero crescente di regole e di divieti internazionali che richiedono un certo grado di standardizzazione transfrontaliera; funzionari dell´immigrazione necessari a coordinare i controlli alle frontiere; funzionari di polizia incaricati di scoprire i flussi finanziari che foraggiano il terrorismo. L´altra classe emergente è quella dei lavoratori e degli attivisti politici con scarse risorse, che comprende settori importanti della società civile globale, reti diasporiche, comunità e famiglie di immigrati transnazionali. Su alcuni di questi gruppi esiste un filone di ricerca in forte espansione che, però, non prende in considerazione il concetto di una classe globale emergente. Una seconda caratteristica della conoscenza specialistica relativa alle classi globali è la tendenza prevalente a equiparare il globalismo della classe transnazionale di professionisti e alti dirigenti al cosmpolitismo. Un esame più approfondito di questa classe solleva qualche dubbio sul suo cosmopolitismo. Pure il cosmopolitismo delle altre due classi autorizza qualche dubbio. Tutt´e tre queste classi presentano forme di globalità che, a mio modo di vedere, non sono cosmopolite. Ciascuna rimane inserita, in modi spesso inattesi, in ambienti localizzati densi, rispettivamente: centri finanziari e commerciali; governi nazionali; microstrutture localizzate della vita e delle lotte civili quotidiane. Ciascuna, inoltre, è guidata da una logica singola e non dalla molteplicità di logiche che rappresenta l´essenza stessa del vero cosmopolitismo: il profitto nel caso delle nuove élite professionali (per quanto possano essere cosmopoliti i loro gusti, diciamo, in fatto di arte o di cibo); questioni di governabilità specifiche e delimitate per quanto riguarda le reti di funzionari statali; lotte e conflitti specificamente locali, indipendentemente dalla loro ricorrenza su scala mondiale, nel caso della società civile, delle diaspore e delle reti di immigrati. L´esistenza di classi globali non necessariamente cosmopolite, che rimangono parzialmente inserite in ambienti localizzati, mi porta a postulare che siano parzialmente denazionalizzate più che globali. Questo loro inserimento solleva un sacco di questioni. Una è che, nella misura in cui queste classi sono parte - e a ben guardare parte costituiva - di forme attuali di disuguaglianza, possono essere, unitamente alle strutture socioeconomiche che ne sono alla base, assai più soggette alla politica di un governo e ai meccanismi di governo di quanto l´immaginario corrente della globalità non ipotizzi. Le scelte politiche differiranno da quelle che si registrano nel caso di classi genuinamente cosmopolite. Nello stesso tempo, seppur non cosmopolite, la loro globalità incipiente fa una certa differenza. Si può, dunque, pensare che queste classi gettino un ponte tra un ambiente densamente nazionale, nell´ambito del quale la maggior parte della vita politica, economica e cittadina continua a svolgersi, e le dinamiche globali che "denazionalizzano" componenti particolari di tali scenari nazionali. L´altra questione riguarda le varie strutture economiche, politiche e soggettive alla base della formazione di queste classi globali. Ciascuna di queste classi comprende reti globali con diverso grado di formalizzazione e di istituzionalizzazione. Reti globali tutt´altro che lisce, diversamente da quanto spesso si crede; bensì, irregolari, perché piene di nodi (città globali; grandi istituzioni sopranazionali). Ed è proprio in questi nodi che si esplica gran parte del globale. Fattori quali l´economia delle corporation e il regime internazionale dei diritti umani svolgono, inoltre, una funzione fondamentale nella proliferazione di queste reti globali. In terzo luogo, queste e altre dinamiche globalizzanti hanno contribuito a indebolire l´autorità oggettiva e soggettiva degli Stati nazionali sugli individui, i loro immaginari e il loro senso di appartenenza. Tale indebolimento facilita l´intervento di attori non statali nell´ambito già dominio esclusivo degli Stati nazionali. Processi economici, politici e civili, una volta in gran parte riservati alla sfera nazionale, possono adesso diventare globali; anche quando tale processo sia soltanto immaginario, un´inclinazione soggettiva, più che una realtà quotidiana per molti di coloro che vi sono coinvolti. Oggi, questi processi globalizzanti generano nuove forme sociali soltanto in alcuni campi. Le mie ricerche portano a ritenere che la riduzione della capacità dello Stato nazionale di influire sulla formazione del senso di appartenenza e di identità riguardi, in gran parte, il vertice e la base del sistema sociale. Ampie fasce intermedie, siano lavoratori, imprese, località, non sono state particolarmente toccate da questi processi di trasformazione. Analogamente, non ne è stata toccata la maggior parte dell´operato degli Stati, sebbene esista un tipo specifico di funzionario statale che si trova in prima linea nel concreto lavoro di sviluppo sia dell´infrastruttura tecnica per la globalizzazione delle corporation, sia di aspetti fondamentali dell´azione di governo globale. (...) Le nuove classi globali si possono vantaggiosamente pensare come forze sociali emergenti. Il loro inserimento nelle nostre società non avviene, oggi, prima di tutto, attraverso quadri istituzionali consolidati e le lotte politiche più tipiche; ossia quelle guidate da partiti e sindacati. Il punto nodale è, però, che, seppur globali, sono variamente inserite in ambiti nazionali; sicché è forse più corretto concepirle come parzialmente denazionalizzate. Una distinzione fondamentale per considerarne l´articolazione con la struttura di classe nazionale e l´eventuale scompiglio che possono arrecarvi. Ci sono, chiaramente, differenze notevoli nell´inserimento nei contesti nazionali. La nuova classe professionale ha molte più scelte di ascesa delle altre due. Tuttavia, questa classe e assai più legata al luogo di quanto induca a credere un certo modo d´immaginarla. Il contrario vale per la classe che è un´amalgama di lavoratori svantaggiati: in proposito è importante sapere che questa classe è assai più inserita in ciò che potremmo pensare come un luogo di lavoro globale e una politica transnazionale di quanto ci induca a credere un certo modo d´immaginare questi lavoratori. Infine, la proliferazione di reti di funzionari pubblici specializzati può essere considerata un´accumulazione di capitale sociale internazionale da parte degli Stati interessati, ma, per godere dei vantaggi di questo capitale sociale, occorre costruire alcuni ponti tra la politica interna e quella internazionale su questioni considerate tradizionalmente nazionali. Insomma: occorrerà prendere atto che il globale è parzialmente costituito in ambiti nazionali. Saskia Sassen