Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Una teoria piuttosto in voga dice che Pdl e Partito democratico sono come due piatti della bilancia, quando va forte uno va forte pure l’altro, quando va in crisi uno va in crisi pure l’altro. In effetti la fusione tra Alleanza Nazionale e Forza Italia (Pdl) seguì di pochi mesi quella tra Ds e Margherita (Pd). E adesso, il pendant di Fini che si fa cacciare dal partito per aver troppo criticato il capo, sarebbe Veltroni che l’altro giorno ha fatto firmare da 75 parlamentari un documento di critica al segretario Bersani. Anche la reazioni dei non-firmatari somigliano a quelle dei vertici del centro-destra: una gran rabbia e dichiarazioni di fuoco.
• Che cosa dice questo documento?
Unire «rilevanti forze sociali» per una «coerente strategia riformista». No «all’ipotesi neo-frontista», cioè il Pd che si allea con le frange della sinistra estrema. No «all’ipotesi vetero-centrista» cioè fare accordi con Casini.
• Il Partito democratico dovrebbe andare alle elezioni da solo? Ma i sondaggi non lo dànno al 26 per cento?
Veltroni aveva teorizzato questa solitudione nel 2008. Si chiamava “partito a vocazione maggioritaria”. Venne ammessa solo l’alleanza con Di Pietro, nella speranza che bastasse a vincere. Adesso, in questo documento dei 75, senza fornire ulteriori chiarimenti sulle alleanze, si chiede «il rafforzamento dei poteri del premier e di quelli di controllo del Parlamento, la regolazione del conflitto d’interessi, norme contro la concentrazione del potere mediatico e il controllo politico della Rai, la differenziazione delle camere, la riduzione del numero dei parlamentari, una legge elettorale di impianto maggioritario fondata sui collegi uninominali». Una veltroniana che adesso, senza essere diventata bersaniana, non è più d’accordo con Veltroni (a sinistra ci sono sempre stati i dissidenti dei dissidenti) ha detto che questi contenuti «sono talmente generici da poter essere condivisi da tutti».
• Se sono così generici da poter essere condivisi da tutti perché si arrabbiano tanto?
Per via delle firme. Veltroni avrebbe potuto discutere le sue tesi o render note le sue critiche in uno dei tanti dibattiti che si svolgono nelle sedi del partito. Facendo firmare quel testo ha invece organizzato una “conta”, cioè formato un gruppo visibile e che ha l’aria di volersi muovere unito. Come una corrente o addirittura un partito. Gli altri esponenti del Pd lo accusano perciò di aver voluto dividere in un momento in cui, stante la crisi del centro-destra, bisognerebbe unire. Nonostante tutti lo neghino – Veltroni per primo – molti pensano che l’ex segretario si prepari a formare un partito suo. E questa del documento sarebbe solo la prima mossa.
• Che convenienza ci può essere a uscire dal Pd? Quanti voti potrà mai prendere Veltroni da solo?
Mah. 75 firme significano un quarto di tutta la rappresentanza parlamentare. Naturalmente questo non significa che un eventuale PV (Partito di Veltroni) possa prendere un quarto dei voti del Pd (che sarebbero comunque un non esaltante 6,5%, e magari lo lascerebbero correre da solo). Un’altra interpretazione dice che la mossa è solo tattica: Veltroni si prepara alle primarie, non nel senso che intende parteciparvi, ma nel senso che, quando sarà il momento, Bersani e Chiamparino potrebbero annullarsi e il partito non avrebbe a quel punto il coraggio di candidare contro Berlusconi il vincitore Vendola, ritenendolo perdente al cento per cento. Andrebbero allora in ginocchio da Veltroni, a chiedergli disperatamente di farsi carico della candidatura a premier. Guardi che sono elucubrazioni, gliele dico solo per metterla al corrente di tutte le contorsioni mentali del momento.
• Ma in che condizioni è il Pd? Cioè ci sono gruppi, correnti? Veltroni ha forse spaccato un monolite?
Dunque, c’è una maggioranza che sta intorno a Bersani-D’Alema. L’opposizione interna a questa maggioranza era riunita fino alla settimana scorsa intorno a un gruppo detto Area democratica e capeggiato da Dario Franceschini (135 parlamentari). Veltroni, con la sua conta, ha spaccato proprio questo gruppo. Poi ci sono quelli che stanno con Ignazio Marino, il medico-senatore che corse per la segreteria contro Bersani. Aggiungiamo i giovani Renzi e Civati, contrari al bipolarismo. Mettiamoci quelli che vogliono andare con Vendola. Poi anche i cattolici ex Margherita sono spaccati, la Binetti sarebbe addirittura pronta a votare la fiducia a Berlusconi… Insomma, Panebianco, sul Corriere di ieri, ha fatto un pezzo dedicato al Pd che si intitolava: «Un partito senza identità»… [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/9/2010]
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