Nicola Sellitti, il manifesto 19/9/2010, 19 settembre 2010
I PICCIONI DI MIKE
Tempi duri, Iron Mike. Se in futuro i nostalgici della boxe potranno chiamarlo ancora così. Pare che le vicissitudini economiche di Mike Tyson - in tour permanente tra Stati Uniti ed Europa per mettere assieme pranzo e cena sino a fine mese - non siano finite. Un modesto pugile statunitense degli anni ’80, Mike Landrum, ha fatto causa all’ex campione dei massimi alla corte federale di Los Angeles per 115 milioni di dollari. Tyson avrebbe utilizzato impropriamente il suo soprannome, sottraendolo a Landrum che, divenuto professionista prima di lui, non avrebbe potuto sfruttarlo per pubblicità o la sua carriera. La sensazione è che Tyson, seppur avesse torto non sgancerebbe neppure un pezzo verde. Alcuni giorni fa a una rete radiofonica di Las Vegas ha confessato di aver preso parte al film Una notte da leone del regista Todd Philips solo per pagarsi la droga. «Non immaginavo che avrebbe vinto il Golden Globe e incassato tanto ai botteghini. Pensavo solo a quanta roba avrei potuto comprare con quei soldi». Un cameo alle pendici di Hollywood che ha regalato all’ex bullo di Brooklyn un posto accanto a sir Paul Mc Cartney durante la notte dei Globe. E’ l’ennesima confessione del Tyson redento, padre modello dopo un ventennio da scheggia impazzita tra cinture mondiali, dipendenze, abusi e follie, patrimoni evaporati e un soggiorno di tre anni al fresco per stupro che divise a lungo l’America tra innocentisti e colpevolisti.
La morte - per accidentale soffocamento - della piccola figlia Exodus, avvenuta poco più di un anno fa, ha segnato il suo nuovo percorso di vita. Mike ha raccontato ai giornali americani di aver potuto sostenere le spese del funerale della figlia grazie ad alcune donazioni private. Lui era al verde. «Sono una persona nuova, conduco una vita molto ritirata, mi piace stare con i miei figli e mia moglie, è l’unica cosa che mi tiene con i piedi in terra e mi fa sentire una persona migliore». Infatti diventerà padre per l’ottava volta. Il quadretto familiare non ha però cancellato dalla mente del demolitore newyorkese i giorni dissoluti degli anni Novanta, culminati con la sua condanna a sette anni per violenza sessuale ai danni di una giovane reginetta di bellezza, Desirèe Washington. Un bignami di dettagli incresciosi è stato pubblicato da Sport Illustrated che ha raccontato di due giorni trascorsi lo scorso inverno da un cronista assieme all’ex boxeur tra New York e Las Vegas. Cocaina, perversione, sesso di gruppo, prostituzione e rehab. Una sceneggiatura degna del primo Tarantino. Una fame di distruzione che contaminava la gioventù statunitense di fine anni Ottanta, assuefatta ad artisti e musicisti dal drink e la dose facile. «Mi piazzavo dalle due del pomeriggio in un club sino alle sette del mattino successivo. Bevute, cocaina, tante ragazze. Facendo qualunque cosa. Poi tornavo a casa ma altre persone venivano a prendermi. Così andavo vagando per bar sino alle 11. E ancora cocaina». E poi l’intenso rapporto con la prostituzione, le soste poco convinte nei centri di riabilitazione: «Si tratta di una nuova vita con membri di una nuova famiglia. Lì ho capito di dover lavorare duro». Prima, una considerazione sui tre anni trascorsi in una prigione dell’Indiana: «La cosa migliore che mi potesse capitare. Dal ’92 al ’95 avrei potuto contrarre l’Aids, avrei rischiato di farmi ammazzare, non avete idea di che vita megalomane conducesse Mike Tyson in quel periodo».
E’ il periodo in cui scambia messaggi dal carcere con Tupac Shakur. La morte del rapper nel 1996, raggiunto da quattro proiettili dopo aver assistito all’incontro di Mike contro Bruce Seldon, segna ancora la mente dell’ex campione: «Se non fosse venuto al mio combattimento non gli avrebbero sparato», ha raccontato in un recente documentario per Espn, rimpiangendo anche di non aver fumato erba assieme al cantante americano. Redenzione sui generis, quindi. L’ex capobanda del Brownsville, uno dei segmenti più violenti della Grande Mela, è un pentito particolare. Le confessiones di Tyson si sono affacciate di recente anche in Italia e Inghilterra. In veste di missionario, dice lui. In realtà somigliava più al tronista d’ultimo grido, oppure a un reduce di qualche Grande Fratello che accumulava gettoni di presenza in un lungo tour nel nostro Paese - dove s’era già segnalato in gennaio ballerino poco provetto nel programma tv Ballando sotto le stelle - riciclandosi come guest star nelle discoteche più note. Diceva di «raccogliere fondi che possano servire per costruire ospedali, cliniche e aiutare qualcuno». La favella della redenzione per raggranellare un po’di euro dopo aver sperperato un patrimonio da 300 milioni di dollari tra donne, ville da sogno, stupefacenti e alcolici. Le sue interviste scioccanti hanno scatenato il perbenismo del popolo britannico. Mike l’Innominato, il più cattivo degli sportivi secondo un sondaggio, 44enne arrestato trentotto volte ora sorride, si scopre ironico e amante delle letture classiche. In particolare apprezza le gesta del cartaginese Annibale, un combattente come lui.
Qualche mese fa sembrava pronto a scrivere un nuovo capitolo della sua vita da pugile dopo cinque anni d’inattività. I propositi di incrociare nuovamente i guantoni sono stati alimentati nel marzo scorso con il riavvicinamento a don King, promoter truffaldino dai capelli elettrici che prese a occuparsi di lui nel 1988, tre anni dopo la morte del maestro di vita Cus D’Amato che lo notò in un riformatorio salvandolo dai pericoli della strada. Voleva riannodare i fili dell’antica rivalità con Evander Holyfield, il campione cui Mike in versione Hannibal Lecter mozzò due volte un orecchio in mondovisione nel 1997. La pace tra i due si era consumata alcuni mesi prima nel salotto doc della tv americana, l’Oprah Winfrey Show. Imperdibile occasione mediatica per Tyson e la sua catarsi in uomo di casa, chiesa e figli per ottenere il perdono degli Stati Uniti. Lo stesso uomo che poco più di un mese fa ha compiuto l’Umrah, il pellegrinaggio islamico minore che lo ha fatto tornare alle sue radici spirituali. Un percorso religioso che ebbe inizio con la conversione alla religione musulmana mentre era in prigione.
Intanto, tra un annuncio, una comparsata e una rivelazione sul passato che scotta ben prezzolata, Iron Mike si prepara a tornare al primo amore. I piccioni. Sarà protagonista di Taking on Tyson, un reality sui volatili che andrà in onda sul canale televisivo americano Animal Planet. I piccioni erano gli unici amici del ragazzino e futuro campione del mondo che li accudiva nel lucernaio in cui abitava mentre la madre si aggirava ubriaca in giro per la città. Era già un solitario, messo al bando dalle gang di coetanei avvezzi a scippi e rapine per la flebile voce e il fisico tozzo. Con l’aiuto di un manipolo di stravaganti seguaci, Tyson preparerà i suoi colombi - ne possiede circa un centinaio - sfidando esemplari di altri proprietari in gare sui tetti di Brooklyn. Il programma televisivo, la cui messa in onda è prevista nei primi mesi del 2011, ha trovato l’ostacolo dell’associazione americana Peta per la tutela degli animali. Le prime riprese sono state posticipate.