Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Bene, ci siamo. Oggi l’America vota e il prossimo 15 dicembre sarà eletto il nuovo presidente degli Stati Uniti...
• Come sarebbe?
Certo. Il presidente degli Stati Uniti non si elegge mica oggi.
• E allora che cos’è tutta quest’iradiddio su Obama e McCain?
E’ per via dei cosiddetti grandi elettori. Ora glielo spiego per benino. Il presidente degli Stati Uniti verrà eletto da un consesso di grandi elettori che si riunirà il prossimo 15 dicembre a Washington. Si tratta di 538 cittadini. Chi sono costoro? Sono i delegati – collegati a Obama o a McCain – che verranno eletti stanotte. Quindi, è formalmente scorretto dire che stasera si elegge il presidente degli Stati Uniti. Ma è sostanzialmnente giusto: se Obama avrà più delegati di McCain – come dicono quasi tutti i sondaggi – sarà eletto presidente al cento per cento. Altrimenti sarà McCain a entrare alla Casa Bianca.
• Che stranezza. E perché fanno così?
Le elezioni americane sono tutte strane. Come mai ci vuole un periodo così lungo per scegliere i candidati? E perché ogni stato può eleggere i suoi delegati col sistema che preferisce? E non sarebbe meglio far votare tutta la nazione insieme, invece di seguire questa procedura tanto arzigogolata? Bisognerebbe rivolgere questa domanda ai padri fondatori, che stabilirono una regola mai più cambiata. Capiremo meglio il loro punto di vista pensando a un Paese vastissimo, che si poteva attraversare solo a cavallo o in carrozza (la lunghezza delle primarie) e nel quale ogni stato teneva tantissimo alla propria indipendenza (la procedura stato per stato).
• Ha detto che ogni Stato vota come vuole?
Sì, però con questo tratto comune a tutti: si vota per Obama o per McCain, o anche per qualche candidato minore di cui non vale la pena parlare, e chi vince prende tutti i grandi elettori di quello Stato anche se prevale sul secondo arrivato di un solo voto. E questa è la ragione per cui può capitare (è successo quattro volte) che un certo candidato alla fine abbia ricevuto più voti popolari di tutti, ma abbia perso la partita per la presidenza perché il suo avversario aveva vinto più delegati. Il numero di grandi elettori varia da Stato a Stato grosso modo in base al numero degli abitanti. Con un certo vantaggio, tuttavia, per i più piccoli: per esempio, il Vermont, con una popolazione di 600 mila persone, produce tre grandi elettori (uno ogni duecentomila), la California – 35 milioni di abitanti – solo 55 (uno ogni 640 mila).
• Sembrerebbe, alla fine, un sistema abbastanza banale da conteggiare: un voto a te, un voto a me, eccetera. Come mai si finisce così spesso in confusione?
E’ il punto dolente di tutta la faccenda. Domenica scorsa s’è vista negli Stati Uniti una puntata dei Simpson in cui Homer prova a votare per Obama toccando il suo volto su uno schermo e il computer registra invece un voto per McCain, più e più volte. La sequenza è visibile anche su YouTube. Purtroppo è successo veramente in West Virginia, Colorado, Tennessee e Texas. In almeno 22 Stati non esiste una copia cartacea del voto espresso e non c’è quindi nessuna possibilità, dopo, di verificare se il risultato annunciato corrisponde alla volontà reale degli elettori. Oltre tutto è espressamente esclusa dalla legge la possibilità di ripetere la votazione. Quindi – come abbiamo visto in Florida nel 2000 – in caso di contestazioni, pareggi o dubbi bisogna cavarsela col materiale che si ha a disposizione, spesso inesistente. Florida e Ohio – due Stati chiave – useranno macchinari nuovi di zecca introdotti lo scorso marzo e mai sperimentati. Un terzo degli elettori esprimerà la propria volontà toccando su uno schermo la faccia del candidato (come fa Homer nel cartone: lo schermo è simile a quello del bancomat) ma molto spesso senza che gli sia fornita una ricevuta. La carta e la matita esistono ancora, per esempio nel Maine e nel Vermont, e lì le schede si contano a mano. Ma è una procedura al tramonto: dopo lo scandalo della Florida sono stati spesi molti milioni di dollari per questo metodo del touch-screen (tocca-schermo) in cui il voto viene consegnato a un chip di memoria, in realtà facile da manomettere. C’è ancora – a rendere l’elezione un rebus – la regola che, per votare, bisogna prima registrarsi. E gli Stati in mano a questo o a quel partito possono darsi da fare per rendere difficile o impossibile la registrazione di cittadini o gruppi etnici chiaramente orientati in un senso o nell’altro. Per questo bisogna credere ai sondaggi, sì, ma solo fino a un certo punto. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 4/11/2008]
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