Emilia Costantini, Corriere della Sera 4/11/2008, 4 novembre 2008
ROMA – In una villa Liberty sulla via Salaria, accanto al Mausoleo di Lucilio Peto, si gira una delle ultime scene di Mannaggia alla miseria!, il tv-movie con cui Lina Wertmüller torna a lavorare per Rai Fiction
ROMA – In una villa Liberty sulla via Salaria, accanto al Mausoleo di Lucilio Peto, si gira una delle ultime scene di Mannaggia alla miseria!, il tv-movie con cui Lina Wertmüller torna a lavorare per Rai Fiction. Il set si è spostato dalla Puglia a Roma, per sfuggire ad ulteriori richieste di «pizzo»? Insorge con piglio deciso la regista: «Ah... io in queste cose sono tetragona: neanche una lira gli ho dato!», riferendosi alla disavventura che le è capitata a Taranto, dove la malavita voleva estorcerle 50 mila euro, per continuare a filmare i vicoli della città vecchia. «Certo - riflette c’era il rischio che, rifiutando di pagare, ci facessero saltare in aria. Così li abbiamo fregati». E come? Racconta l’indomita Lina con i suoi tipici occhiali bianchi: «Siamo stati furbi. Abbiamo fatto finta di continuare la trattativa per il "pizzo", mentre invece non solo li abbiamo denunciati a chi di dovere, ma ci siamo preparati ad andarcene. E poi - aggiunge soddisfatta - sono stati arrestati». Quasi un film nel film, quello vissuto dalla troupe dietro le quinte del set. Una vicenda che ha oltretutto qualche attinenza con la storia che Mannaggia alla miseria! racconta. Interpretato da Gabriella Pession, Sergio Assisi e Tommaso Ramenghi, con la partecipazione di grandi attori di teatro come Piera Degli Esposti, Roberto Herlitzka e Luca De Filippo, il film-tv (coprodotto da Raicinema e quindi probabilmente destinato non solo a Raiuno, ma anche alle sale), è ambientato nella Napoli di oggi, con tutti i problemi, le contraddizioni, ma anche la generosità e le energie positive che questa città riesce sempre a sprigionare nei momenti più difficili. I tre protagonisti sono Antonio, Chicchino e Marina, trentenni d’ingegno, freschi di laurea, che, appena rientrati da un viaggio nel subcontinente indiano, si mettono in testa di realizzare proprio nel capoluogo campano il sistema di credito ai nullatenenti, che hanno visto funzionare così bene nel corso della loro trasferta. Loro punto di riferimento, infatti, è il Nobel per la pace Muhammad Yunus che, in Bangladesh, ha inventato e sperimentato un sistema di finanziamento rivoluzionario: prestare senza garanzie piccole somme di denaro ai poveri, che le restituiscono in rate pagate con il loro lavoro e, così facendo, si sollevano da situazioni di spaventosa miseria. Spiega la Wertmüller, che firma anche la sceneggiatura con Ivan Cotroneo: «L’idea di fare questo film mi è venuta proprio dopo aver conosciuto Yunus. un uomo straordinario: di piccola statura, ma sembra un gigante. Ha un’aura di splendore intorno che ti incanta». Praticamente un santo? Ribatte: «No, semplicemente un uomo intelligente, per altro un fine economista che ha studiato in America e che, tornato in Bangladesh, ha capito che nel suo Paese c’era bisogno di un sistema che sottraesse i poveri e soprattutto le donne alle grinfie degli aguzzini e anche delle banche, che prestano denaro solo a chi già ce l’ha. Per questo è stato ribattezzato il "banchiere dei poveri"». I trio di novelli «banchieri dei poveri », come il loro maestro, si impegnano a trovare delle persone che abbiano bisogno di un prestito iniziale, per aprire una piccola impresa. Il tentativo di rivoluzione sociale in cui si lanciano allegramente, con lo sconcerto delle rispettive famiglie, che si auguravano piuttosto un sano e sicuro impiego in banca, si trasforma in un’avventura che li porta a contatto con un’umanità che non conoscono: cantanti neomelodici che cercano finanziamenti per girare un video musicale, anziane venditrici di sigarette di contrabbando che vogliono dedicarsi alla cartomanzia, ragazze che desiderano vendere ai semafori piccoli sfizi di rosticceria e poi tutti gli sfruttati in cerca di riscatto, compreso un gruppo di prostitute che sogna di liberarsi dalla schiavitù della strada e aprire una pensione per famiglie. E qui, naturalmente, spunta la solita camorra: «Per forza! – esclama la regista – perché i nostri tre giovani eroi, nella loro impresa filantropica, finiscono inevitabilmente per dare molto fastidio agli strozzini, piccoli e grandi malavitosi... quelli che, per intenderci, chiedono anche il "pizzo"». Interviene Sergio Assisi, napoletano di nascita: «A Bologna già è stato attuato un esperimento del genere, si chiama "Micro-Bo". Dio solo sa quanto ce ne sarebbe bisogno a Napoli, per far saltare il sistema camorristico ». Aggiunge la Pession: «Ma Napoli è una città anarchica: è già difficile far funzionare quello che c’è, figurarsi inventare nuove iniziative!». pure vero, però, che Napoli è una città molto creativa: «Certo – osserva la Wertmüller – Durante l’emergenza rifiuti, nel mio documentario Munnezza bellezza ho raccontato proprio questo: è una città straordinaria, potrebbe essere un pozzo di petrolio, solo se fosse gestita meglio». Insomma, ci vorrebbe davvero un signor Yunus partenopeo. Conclude la Pession: «Una battuta del mio personaggio dice "dopo Gesù, è l’idea più geniale, il sogno più bello degli ultimi venti secoli: immaginare un mondo senza poveri". Forse, quello dato a Yunus, è tra i Nobel per la pace più meritati». Criminali Nella storia ambientata a Napoli giovani filantropi danno fastidio a piccoli e grandi criminali Favola A sinistra Gabriella Pession e Sergio Assisi in una scena di «Mannaggia alla miseria». Sotto, la regista Lina Wertmüller sul set con il piccolo Mattia De Vito, uno degli interpreti della pellicola che racconta la favola di tre giovani che cercano di aiutare i più poveri a Napoli Emilia Costantini