Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Eluana Englaro, la ragazza in coma irreversibile dal 18 gennaio 1992, non può essere ricoverata in nessuna struttura sanitaria lombarda se il fine del ricovero è quello di “staccare la spina”. Il direttore generale della Sanità regionale, Carlo Lucchina, ha infatti precisato: «Le strutture sanitarie sono deputate alla presa in carico diagnostico-assistenziale dei pazienti. In tali strutture, hospice compresi, deve essere garantita l’assistenza di base che si sostanzia nella nutrizione, idratazione e accudimento delle persone». C’era una richiesta del padre di Eluana che voleva sapere dove si poteva ricoverare la figlia, dato che la Corte d’Appello, con una sentenza clamorosa dei primi di luglio, aveva dichiarato che le cure somministrate alla donna per tenerla in vita potevano essere interrotte. Lucchina, a questa domanda, ha risposto molto chiaramente: «Il personale sanitario non può sospendere l’idratazione e l’alimentazione artificiale del paziente».
• Sa che se me lo chiedessero io non saprei da che parte stare? un caso straziante. comprensibilissima la volontà del padre di farla finita ed è altrettanto umana e comprensibile la posizione di quelli che dicono: non si uccide, mai.
Io sono d’accordo con lei e confesso senza vergogna il mio sgomento e la mia incapacità di dire, in un caso supremo come questo, qualcosa che abbia senso. Posso limitarmi a ricordare la posizione di quelli che reclamano una legge che renda possibile a ciascuno di noi decidere della propria vita nel caso ci si trovi in una tragedia simile. Vale a dire: oggi, che sono nel pieno delle mie facoltà mentali, dispongo che, ove mi trovassi nella condizione di incapacità definita con l’espressione “coma irreversibile” o “morte cerebrale”, sia consentito oppure non sia consentito accanirsi per tenermi a forza nello stato di “organismo vivente privo di coscienza”.
• Perché questa legge non si fa?
Ci sono delle proposte, proposte cioè che definiscono i termini del cosiddetto “testamento biologico”. Il punto è che neanche su questo è possibile mettersi d’accordo. C’è infatti un’altra questione: posso io disporre a mio piacimento della mia vita oppure la mia vita è un patrimonio di tutti al quale non ho il diritto di rinunciare?
• Sono i cattolici che non ammettono il diritto umano a decidere su questa materia. la Chiesa a dire che la vita appartiene a Dio e non agli uomini.
Sì, è così. E c’è naturalmente una coerenza tra la posizione della Chiesa sull’aborto (no assoluto) e quella sul testamento biologico o eutanasia. La Chiesa, proprio l’altro giorno, con un articolo scritto da Lucetta Scaraffia sull’Osservatore romano, ha ampliato il perimetro del dibattito sulla vita e sulla morte. Lei sa che una volta la “morte” era certificata dall’arresto cardiaco e basta. Ma, quando si cominciarono a fare con successo i trapianti d’organo, si introdusse un concetto di “morte” diverso. La morte non coincideva più con la fine assoluta dell’organismo vivente, ma piuttosto col venir meno della coscienza di sé. Vale a dire: si poteva considerare morto un essere umano quando era appunto entrato in quello stato che allora venne definito di «perdita irrimediabile della coscienza». Oggi sappiamo che le sfumature di questa «perdita irrimediabile della coscienza» sono numerose. Ed è anche accaduto che i processi della medicina hanno reso sempre più frequenti i casi di persone che in altri tempi sarebbero decedute e che invece la tecnica e la sapienza tengono in uno stato vitale. Ora la Chiesa, con questo articolo della Scaraffia, sembra voler dire: torniamo a definire come morte solo quella del cuore che si ferma, lasciamo stare la morte cerebrale nella quale l’organismo non ha davvero cessato di esserci.
• Ma così saranno proibito i trapianti?
L’articolo è uscito sull’Osservatore – il che gli dà autorevolezza – ma lo ha scritto una laica e il Vaticano ha subito precisato che, anche se si tratta di «un interessante e autorevole contributo alla discussione e all’approfondimento [...] non può essere considerato una posizione del Magistero della Chiesa».
• Come ha reagito il padre di Eluana alla presa di posizione del direttore generale della Sanità lombarda?
Ha detto: «C’è un decreto e deve essere eseguito, seguiremo tutte le vie legali perché ciò avvenga». Questo padre non va solo compatito, ma ammirato. Vuole fare quello che vuole fare alla luce del sole, senza sotterfugi. Non vuole che si ponga fine alla sofferenza di Eluana e sua con scorciatoie. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport, 4/9/2008]
(leggi)