Marco Ansaldo, la Repubblica 4/9/2008, pagina 37, 4 settembre 2008
tutto pronto. Sulla piazza centrale di erevan, giochi d´acqua multicolori e il canto della voce di Charles Aznavour, che di armene ha le origini
tutto pronto. Sulla piazza centrale di erevan, giochi d´acqua multicolori e il canto della voce di Charles Aznavour, che di armene ha le origini. Davanti allo stadio Razdan, truppe in assetto militare, e 25 mila tifosi turchi in arrivo questa mattina da Istanbul. Perché la partita di qualificazione per i Mondiali 2010, che si svolgerà sabato a Erevan, non è un match come gli altri. E´ infatti la prima volta in assoluto che le nazionali maggiori di Armenia e Turchia si affrontano dopo i massacri del 1915, considerati qui un genocidio. E sarà la prima volta che decine di migliaia di turchi - tra Everan ed Ankara non esistono relazioni ufficiali - entreranno in territorio armeno. Non solo, ma dopodomani, come ha annunciato ieri con enfasi, il capo dello Stato turco Abdullah Gul ha deciso di accettare l´invito del presidente armeno Serzh Sarksyan, e sarà presente anch´egli allo stadio. Ma per essere tale, la partita della pace, come è stata subito ribattezzata, dovrà superare alcuni ostacoli. La diplomazia armena e quella turca ce l´hanno messa tutta per smussare gli angoli. Una volta che i bussolotti delle qualificazioni per i Mondiali in Sudafrica hanno accoppiato nel Gruppo 5 i nomi di due paesi fino ad oggi nemici, il leader di Erevan ha compiuto il primo passo e invitato il suo omologo. Gul però ha preso tempo. Da alcune settimane l´opposizione lo tiene di mira. Invitandolo a non andare. Gli attacchi si sono fatti più duri martedì, quando i due grandi partiti fuori dalla maggioranza di governo gli hanno caldamente intimato di evitare qualsiasi strappo. «I nostri amici sono i fratelli dell´Azerbaigian», ha detto Deniz Baykal, il leader del partito socialdemocratico, ma di netta ispirazione nazionalista, rammentando le ruvide dispute tuttora aperte fra Baku e Erevan. «Andare in Armenia sarebbe un errore storico grave - ha infine tuonato Devlet Bahceli, il capo del Movimento di azione nazionalista. Ma Gul, che in cuor suo, come assicurano i fedelissimi, aveva da tempo già deciso e voleva rendere nota la sua decisione solo in extremis, ha accettato con convinzione la mano tesagli dal leader armeno. Il suo passo è la rottura di un tabù storico per la Turchia, che da oggi di fatto riconosce anche su un piano sostanziale l´Armenia, e si avvia a dialogare su un fronte tutt´altro che sereno come quello attuale nella regione del Caucaso. I conti, la partita della pace dovrà farli piuttosto con i tifosi. Ieri il governo turco ha inviato da Ankara un team di teste di cuoio. Fra queste figurano 15 agenti speciali della squadra di contrattacco, dotati di fucili automatici M5 e M16 che terranno Gul sotto controllo, particolarmente quando sarà sugli spalti per evitare azioni a sorpresa. Sul fronte turco si teme anche che alcuni elementi estremi della diaspora armena possano rovinare l´atmosfera di idillio, con provocazioni gratuite mentre una massa di cittadini turchi entra per la prima volta nella capitale dall´epoca dei massacri mai dimenticati del secolo scorso. I riflettori saranno però sui sostenitori di calcio turchi, che come ha ricordato di recente lo stesso premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk, sono noti per una cultura fieramente nazionalista. Difatti hanno lo scrittore sotto tiro, come dimostrano le ultime indagini svolte negli ambienti dell´estremismo di destra, dopo che l´autore de "Il mio nome è rosso" pronunciò la frase che gli costò il processo: «In questo paese sono stati uccisi 30 mila curdi e un milione di armeni, e nessuno ne parla tranne me». Eppure i venti di guerra che soffiano dal Caucaso sembrano aver convinto la diplomazia internazionale a spingere per un dialogo fra due paesi che, da decenni, condividono un confine congelato e impermeabile a qualsiasi tentativo di apertura, come quello appunto poco lontano della città di Kars, così vividamente descritta proprio da Pamuk in "Neve". La Turchia, ultimamente molto attiva sotto il profilo negoziale, vuole continuare a proporsi come mediatore regionale, e non può quindi lasciarsi sfuggire l´occasione di affrontare il dialogo fra Georgia e Russia se prima non risolve credibilmente i suoi problemi con l´Armenia. E la partita di calcio di sabato, al di là del risultato - molti fra gli stessi sostenitori armeni (25 mila anch´essi, provenienti da tutto il paese) si attendono la vittoria della forte nazionale di Fatih Terim - appare dunque l´ultimo evento che la diplomazia internazionale prende a prestito dallo sport, dai tempi dei match di ping pong tra Stati Uniti e Cina. Gul, prima di gettarsi nei colloqui diplomatici, assisterà al confronto sportivo in tribuna d´onore a fianco dello stesso Sarksyan. Poi, saranno gli uomini del ministro degli Esteri, Alì Babacan, già giunti in loco l´altro ieri, a sviluppare la trattativa. Che a questo punto si annuncia ampia: dallo scongelamento dei rapporto tra Ankara e Erevan, a una possibile mediazione sulla martoriata regione caucasica. Da qualche giorno, intanto, i tifosi turchi hanno già cominciato a varcare la frontiera. Niente visto per loro. E ingresso gratis allo stadio. Prezzi stellari invece per i sostenitori armeni. Biglietti regolari sui 20 euro, ma bagarini arrivati a chiedere anche 400 euro per un´entrata. Solo tre anni fa, nell´occasione del 90º anniversario del genocidio, fu permesso ad alcuni intellettuali turchi di passare la frontiera e venire a Erevan per esporre al congresso le loro tesi. C´erano, tra di loro, i nomi più aperti e pronti al dialogo. Come Hrant Dink, il direttore del settimanale turco-armeno Agos, ucciso lo scorso anno a Istanbul da un giovane nazionalista turco. Gli altri erano Murat Belge, Taner Akcam, Baskin Oran. Oggi tutti sotto scorta, in patria. Come Pamuk. E forse non è un caso. Marco Ansaldo