Dario Di Vico, Corriere della Sera 4/9/2008, pagina 1., 4 settembre 2008
La saggezza popolare sostiene che la fortuna aiuta gli audaci. Ma l’Italia è anomala anche in questo
La saggezza popolare sostiene che la fortuna aiuta gli audaci. Ma l’Italia è anomala anche in questo. Almeno in un caso, quello del sindacato, la Dea bendata sembra andare in soccorso dei pavidi. Nonostante Cgil-Cisl-Uil vengano da anni di scelte rinviate e di coraggio archiviato hanno ora, in settembre o al massimo nelle settimane successive, la possibilità di ricominciare. Di chiudere la lunga stagione dei no e tornare al centro della scena politica. Il primo nodo riguarda il risanamento e la privatizzazione dell’Alitalia. Si discuta e si negozi la quantità e la gestione degli esuberi ma il salto che i sindacati devono fare è un altro: rinunciare al consociativismo aereo. Quello statuto materiale che ha fatto della compagnia di bandiera un’ azienda extra-mercato dove non valgono le regole standard dell’industria privata e le rappresentanze non sono mai elette direttamente dai lavoratori. Per evitare di rompere questo schema il sindacato ha detto no in primavera all’offerta avanzata da Air France, ma ora il tempo è scaduto. Con la consueta lucidità Nicola Rossi ha fotografato così la situazione: «La richiesta Cgil di discutere il piano è irragionevole, spero che evitino nuovi errori». La seconda scelta-chiave di questi giorni investe la riforma della contrattazione. Il paradosso di cui soffrono i lavoratori italiani è quello di avere il sindacato più forte d’Europa e le paghe più basse. Non può durare all’infinito. E’ dunque più che legittimo aspettarsi che i vertici di Cgil-Cisl-Uil si chiudano in una stanza con i rappresentanti della Confindustria e ne escano con un’intesa che scambi incrementi di produttività con vantaggi salariali. Non è difficile. C’è un tavolo di negoziazione aperto, si tratta di tagliarsi i ponti alle spalle e capire, da parte del sindacato, che questa è l’ultima chance per tornare a contare qualcosa in materia di distribuzione del reddito. Il terzo crocevia è rappresentato dalla «questione fannulloni». L’iniziativa tambureggiante del ministro Renato Brunetta ha aperto varchi tra gli assenteisti professionali. Il sindacato, invece, è stato reticente o è rimasto sulla difensiva (abbracciando il noto slogan: «Il problema è ben altro»). Eppure è facile individuare cosa si deve fare: definire d’intesa con il governo un codice di comportamento sperimentale che elimini le punte più sfacciate di assenteismo e crei i presupposti per costruire un nuovo sistema di sanzioni e incentivi. Se Cgil-Cisl-Uil facessero queste cose, quasi d’incanto potrebbero recuperare il rapporto con l’opinione pubblica e si ritroverebbero protagonisti della transizione italiana verso il moderno. Se scegliessero questa strada farebbero un favore a se stessi prima che a Silvio Berlusconi. Non sarebbero conteggiati tra i «traditori» perché i governi cambiano e le rappresentanze sociali lavorano su tempi più lunghi. E comunque, restando pregiudizialmente pavido, il sindacato non aiuterebbe il Pd a uscire dal suo travaglio, perché la crisi d’identità dei democrat ha radici e articolazioni che poco hanno a che vedere con la privatizzazione dell’Alitalia, le regole della contrattazione e la lotta all’assenteismo. Ps. C’è qualcuno nel sindacato che nutre il pur minimo dubbio su cosa avrebbe scelto in una situazione del genere Luciano Lama? Dario Di Vico