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 2008  settembre 04 Giovedì calendario

La Stampa, giovedì 4 settembre A metà pomeriggio entra dalla porta principale della Fortezza cinquecentesca con uno dei suoi completi grigi ben stirati

La Stampa, giovedì 4 settembre A metà pomeriggio entra dalla porta principale della Fortezza cinquecentesca con uno dei suoi completi grigi ben stirati. E’ abbronzato, sembra quasi ringiovanito e anche se oramai la vecchia Festa dell’Unità si chiama Democratica, Massimo D’Alema si avvia a passo deciso verso il tradizionale giro della festa, quello che - tra ali di compagni festanti - per decenni facevano personaggi come Togliatti, Berlinguer, Pajetta e lui stesso. Ma stavolta la gimcana tra pentole, cucine, ristoranti, cuochi e sguatteri volontari è accompagnata da una certa, inconsueta freddezza: in un ristorante dove stanno mangiando quattrocento persone, solo in 30-40 applaudono l’epifania di un personaggio che per anni è stato un beniamino di queste kermesse. Certo, sembra una disaffezione generalizzata verso tutti i dirigenti, anche perché alle 9 della sera, quando l’ex premier arriva nel catino per l’intervista con Giovanni Floris, i 1300 appositamente confluiti, avvolgono Massimo in una caldissima standing ovation. E lui li ricambia con una delle battute più applaudite: «Ho appena fatto un giro per la Festa e la sintesi di quel che mi avete detto è stato questo: diamoci una mossa!». E’ sempre un evento il passaggio di D’Alema alla festa nazionale del suo partito. Da 20 anni "Baffino" è costantemente, o il nunero due o il numero uno dei partiti nei quali ha militato, Pci, Pds, Ds, Pds, Pd. Ma in questo ventennio mai c’era stata tanta depressione: proprio qui, alla Festa di Firenze, l’applausometro flebile e casuale dei 10 giorni precedenti ha dimostrato lo smarrimento di una base in attesa di segnali forti. Negli ultimi tre mesi Massimo D’Alema, senza guanti di sfida, aveva tracciato una linea nettamente alternativa a quella di Veltroni (asse con l’Udc e Prc, legge elettorale tedesca) e ieri sera era atteso al varco: avrebbe esplicitato la sfida? Non è andata così, da lui solo messaggi in codice. Gli unici sussulti polemici D’Alema se li è concessi, quando si è parlato di correnti: «Se volessi farne una la farei, perché dovrei inventarmi queste finzioni? La mia è una Fondazione culturale che esiste da diversi anni e non è stata creata per dare fastidio... all’onorevole Veltroni». E dunque alla fine, l’unica vera novità l’ha annunciata quando gli è stato chiesto di un’eventuale alternativa a Veltroni: «Il giorno in cui servirà un’alternativa dovrà avere almeno 20 anni meno di me!». Una risposta di cui non sarà felice Pierluigi Bersani e che avrà confermato tutti i sospetti di Veltroni: neanche per rito il suo amico Massimo si è "ricordato" di augurargli lunga vita. E Di Pietro? D’Alema ha sostenuto che è un ingrato, perché lui lo aveva aiutato «in un momento difficile, quando era indagato» e Tonino «non ha ricambiato la cortesia». Chiede Floris: ma allora perché vi siete alleati con lui? D’Alema: «La domanda la lascio all’interlocutore che verrà fra qualche giorno». Verso Veltroni una certa freddezza lessicale che però non si è tradotta in una sfida esplicita, tanto è vero che ad un certo punto D’Alema ha ritagliato per sé un curioso ruolo di "commissario": «Se c’è una situazione complicata in Sardegna e uno mi chiama, io vado, penso sia giusto mobilitare personalità come Marini o il sottoscritto». Berlusconi? «Finge di governare il Paese, approfitta del terreno preparato da noi». Collaborazione sulla giustizia? Certo che sì, purché non si voglia la separazione delle carriere, che in Italia significherebbe subordinazione della pubblica accusa al potere politico. Ma anche una battuta acida: «Berlusconi si arrabbia quando la gisutizia funziona, i cittadini si arrabbiano quando non funziona». La buffa foto su "Novella 2000" con tuffo involontario all’indietro? «Complimenti! Hanno tagliato la foto prima: c’erano altre due persone dall’altra parte del gommone che, tuffandosi assieme, avevano sbilanciato tutto». Fabio Martini