Rossana Lacala, Novella 2000 4/9/2008, 4 settembre 2008
C’è solo una camera da letto messa al sicuro da sussurri e grida, quella del due volte professore Renato Brunetta, ministro per l’Amministrazione pubblica e l’Innovazione
C’è solo una camera da letto messa al sicuro da sussurri e grida, quella del due volte professore Renato Brunetta, ministro per l’Amministrazione pubblica e l’Innovazione. E in effetti conquistarla sembra una mission impossible. Ci sono voluti tre ore e 23 minuti per entrarci. Dopo scarpinate a passo lesto nelle viuzze erte di Monte Castello di Vibio (Todi) e tira-e-molla per scattargli qualche foto. Se una conferma alla fine è arrivata, è che l’uomo non mente quando dice di non amare i fannulloni, perdigiorno e perdinotte: «Li riconosco a prima vista, del resto ho avuto un nonno un po’ scansafatiche».
Ecco la cronaca della conquista. «Niente foto, non sono una rockstar», impone al telefono il ministro Brunetta. Ma quando arriva nella piazzetta con la minijuppe multi tasche da paparazzo sembra davvero una star: c’è chi lo saluta, chi lo incita ad andare avanti (a snidare i lavativi, ovviamente). Lui elargisce strette di mano e sorrisi ai suoi groupie, d’ogni età e sesso, presenti sulla piazza di questo comune rosso. Ci scappa anche un bacio sulle guance a una signora dalla vertiginosa scollatura.
Poi finalmente si siede, squaderna La Repubblica per leggere un articolo che lo riguarda senza degnarci di uno sguardo, beve in un sorso il cappuccino freddo da un bicchiere di vetro. Si toglie gli occhiali arcobaleno (che ci regalerà!) e parte. A razzo. «Ha letto? Qui dicono, riprendendo Moretti, che l’opinione pubblica è morta. Ma che morta: è viva e lotta insieme a noi. Tié a Moretti. Tre a uno. Per me».
Ministro, Moretti chi?
«Quello lì, come si chiama. Quello che parla tanto di società civile».
Moretti Nanni, il regista?
«Sì lui. Che cosa vuole che ne sappia lui di società civile, di popolo. Uno che fa film terribilmente noiosi, anzi tristi. Un radical chic».
Ma scusi, lei di popolo cosa ne sa?
«Io ”sono” uno del popolo, lo sanno tutti che mio papà vendeva souvenir sulla bancarella a Venezia, che ho vissuto in 90 metri quadri in nove persone. Che ho studiato con sacrifici. E poi sono un socialista».
Socialista di sinistra. Nella corrente di Gianni De Michelis.
«Sì, è così. Sono l’unico a non avere rinnegato il mio passato politico. Resto un socialista e un riformista».
A quella corte c’era un altro attuale ministro, Maurizio Sacconi. De Michelis dice che nel 1979 lei si arrabbiò con lui perché non fu eletto, mentre Sacconi sì.
«Per forza... io sono uno da ”vaffanculo”».
Con De Michelis avrà fatto vita da discoteca?
«Non sono da discoteca, non so ballare. E non sono neppure uno che frequenta i salotti: non li cerco, non mi cercano. Lavoro e studio».
Si sa, lei non è un fannullone. E per colpa di un nonno scansafatiche ora usa il bastone nella pubblica amministrazione.
«Questa storia del bastone mette in ombra l’altra faccia della medaglia».
Che sarebbe?
«La carota».
Carote per tutti allora?
«No, non per tutti: per i bravi, quelli che lavorano. E qualche cosa in più per le eccellenze.
Anzi approfitto di Novella per lanciare il concorso che partirà a settembre: ”Luci”».
Luci?
«Servirà a mettere in luce gli uomini e le donne, e sono tantissimi, che portano avanti qualità e innovazione, nella sanità, nella scuola, nei tribunali... insomma nei luoghi al servizio dei cittadini».
Dopo le vignette in lizza sul sito del ministero è l’ora dei fari? Che fa, ”velinizza” la pubblica amministrazione?
«Non scherziamo. Per realizzare il progetto mi avvarrò della competenza del Forum del settore pubblico».
Il concorso è una cosa, la carota è un’altra. I sindacati dicono che lei i soldi per i premi non li ha.
«I sindacati sono nervosi e assenti. I soldi ci sono sia per il rinnovo dei contratti e la contrattazione di secondo livello, sia per i premi legati a qualità e produttività».
Giuri.
«Sono leale. Ma si ricordi, carota e bastone. A settembre si parte con la Class action nel pubblico: i cittadini potranno rivalersi delle angherie e dei disservizi».
Carota uguale dieta. Lei mi sembra un po’ ingrassato.
«Sì, ma sono a dieta psico-biologica».
Mai sentita, chi è il dietologo che la segue?
«Nessuno, faccio da me. Elimino l’alcol, il vino bianco e, soprattutto, l’amaro Averna che adoro, con tanto ghiaccio. Il padrone di quell’azienda dice che quando mi metto a dieta la curva di vendite precipita. In questa fase perdo peso e aumenta il grado di autostima, così vado avanti. Nei momenti di crisi: mele. Addio alla pasta e fagioli».
Pasta e fagioli?
«Uno dei miei piatti cult, lo cucino io».
Fuori la ricetta.
«Ingredienti: una carota...».
Ma è una fissa, la carota.
«Determinante, come il sedano e un po’ d’aglio, per il soffritto in metà burro e metà olio, prezzemolo e cipolla. Poi si passa ai fagioli, borlotti e messi a bagno la sera prima. Li si fa cuocere con una patata e con una costa di sedano. A cottura quasi ultimata due terzi dei fagioli si riduce a passata. Si butta la pasta, linguine di passera: hanno un cuore che resta sodo. Si mescola a tutti i fagioli, un po’ di rosmarino e olio. Il tocco finale è l’aggiunta nell’ultima fase di cottura di fondi di prosciutto cotto. Un ”golosesso”, come si dice a Venezia, era il segreto di mia madre, è lei che mi ha insegnato a cucinare».
Mamma Elena, papà Bruno, due fratelli, Vittorio e Piergiorgio. Lei è zio quattro volte. Le è mai venuta voglia di diventare padre?
«Non è capitato, però ho ancora tempo. Mai dire mai. Però ho pensato di sposarmi quattro volte. Due ho riununciato io, due si sono tirate indietro le fidanzate di allora. Ora vado a tagliare i capelli, e ricordi: niente Titti e niente foto. Ci vediamo dopo».
Già Titti, l’arredatrice bionda che lo scorso giugno è comparsa mano nella mano del ministro al Quirinale, per la festa della Repubblica. Intanto l’autostima del fotografo precipita al grado zero: non può riprendere il ministro nella botteguccia del coiffeur unisex, seduto nella poltroncina mentre la signora Angela si affaccenda con forbici e pettine attorno alla capigliatura («da gallo cedrone», come la definisce il suo addetto stampa).
Quando Brunetta ne riemerge è un uomo nuovo: «Due foto. Andiamo, le faccio vedere un gioiello di questo paese: il Teatro della Concordia». E si riparte, a razzo. Facciamo un patto noi scattiamo solo due foto, lei ci parla della misteriosa Titti, conosciuta quattro anni fa, e sua compagna da uno. «No, su questo non apro bocca».
Almeno ci dica dove vi siete incontrati la prima volta.
«In una serra, tra piante e fiori».
Un amore al verde. A proposito lei con gli ambientalisti politicamente organizzati in che rapporti è?
«Intende quelli alla Alfonso Pecoraro Scanio?».
Sì, quelli.
«Gli integralisti... Bah! Verdi fuori e rossi dentro, gratta gratta sotto c’è un comunista».
E dalli con i comunisti. A sinistra ci sarà pure qualcuno che le piace.
«Provo affetto solo per Walter Veltroni. intelligente, è un uomo complesso, peccato che a furia di rovesciare come un calzino la sua eredità politica sia passato dal marxiano ”Pane e Rose” al suo inverso ”Rose e Pane”. Anzi, Walter parla di rose e rose e rose: ha perso di vista la pagnotta».
Ministro, però non si vive di solo carote e pane. La felicità sembra una esclusiva per ricchi.
«Finalmente un argomento riformista».
Scusi?
«Le faccio un esempio, ora le do 50 euro (apre il portafoglio e porge la banconota, ndr.), lei poi me le ridà eh! (le ha sempre in mano lui, ndr.). In questo passaggio non si è spostato nulla nel mondo, non è cambiato niente. Mi segue?».
Ci provo.
«Brava, lei si applica. Continui così. Se io invece condivido con lei un’idea, o un progetto e lei fa altrettanto con qualcun altro, nel mondo le cose si modificano anche economicamente. Lo stesso vale per la gentilezza, per l’attenzione agli altri, per la diffusione dei saperi. Si chiamano beni relazionali, è su questo che bisogna investire, anche soldi. Ne ho scritto molto, legga».
Gentilezza, cultura... ma lei in che Paese vive?
«Sì è vero questo è un Paese strano. Imbarbarito, a tutti i livelli. Ho un sogno...».
Brunetta come Obama?
«No Brunetta come Brunetta, queste cose le studio da economista da anni».
Qual è il suo sogno per sbarbar ire l’Italia?
«Per esempio, un Erasmus di massa, per i giovani del Sud».
La deportazione dal Sud all’Europa. Ma se per Sud intende arretratezza, in Italia c’è n’è pure al Nord.
«Di più al Sud, lo dicono le ricerce. Ma glielo concedo, parliamo ”dei” Sud. Torniamo ai nostri ragazzi e partiamo da un dato: il Programme for International Student Assessment (Pisa), indagine internazionale promossa per accertare le competenze dei quindicenni scolarizzati, dice che i nostri sono i meno preparati d’Europa. Ora, se io questi giovani li mando all’estero otterrò diversi risultati: avranno imparato una lingua, saranno entrati in contatto con altri stili di vita, ci scappa anche l’amore, e magari un matrimonio. E così persino le famiglie saranno coinvolte in un’onda di modernità».
E chi paga?
«Ho fatto i conti, basta un investimento annuo di 5 mila euro a ragazzo. Un’inezia, a fronte di una rivoluzione individuale e collettiva. Si può fare».
«Si può fare», come dice Veltroni.
«Come dice Brunetta».
Oddio, la col lezione di farfalle?
«Molto meglio, mi creda. La precedo».
Questa casa è da fotografare.
«Appunto. Ecco la mia collezione: macchine fotografiche, dei gioielli».
Ma scusi lei scatta?
«Fotografavo. In gioventù ho anche avuto una galleria Il Camauro (nome del copricapo dei Dogi ndr.) a Venezia. Ho lasciato per l’economia. Sa le svelo una cosa se la tiene per sé?».
Non giuro.
«Mi sarebbe piaciuto fare l’architetto».
Impossibile...
«Venga le faccio vedere il mio bagno».
E voilà, un guscio di boiserie con dettagli all’altezza di un magazine stile House&Home. E lì la conferma che Brunetta non mente: davanti al sanitario più privato che ci sia, una seggiolina di paglia. Sopra, una pila di riviste di architettura, alta due volte il ministro.
Rossana Lacala