Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Stasera su Raiuno c’è Benigni e su Canale 5 l’ultima puntata de Il Capo dei Capi...
• Sul Capo dei Capi è successa la fine del mondo.
Mastella dice che non si sarebbe dovuta mandare in onda la serie e che almeno quest’ultima puntata si sarebbe dovuta sospendere. Secondo lui tutta la ricostruzione è stata diseducativa, perché Riina risulta troppo simpatico. Claudio Fava, uno degli scenegiattori, che ha avuto il padre ammazzato dalla mafia e adesso fa l’europarlamentare per il Partito democratico, gli ha risposto così: «I mafiosi vanno descritti per come sono, cercando di capire che esiste anche una seduzione del male, con capacità di agganciare le anime dei ragazzini. Ma questo va raccontato insieme con le contiguità e le complicità di cui hanno goduto, altrimenti nei cento passi che separano il carnefice dalla vittima questi ragazzi continueranno a sbandare». L’attore Gioè, quello che fa la parte di Riina e che in teatro interpreta il killer del padre di Fava, ha detto: «Forse nelle prime puntate, quando Riina si fa strada in mezzo ai malavitosi più vecchi di lui, può risultare simpatico. Ma alla fine, cioè stasera, si capirà fino in fondo quanto è schifoso il crimine e come è orrendo quel mondo».
• Stasera che succede?
Riina va in prigione. Ma aspetti. Mastella non è l’unico a sostenere che questa fiction è diseducativa. Lo hanno detto fin dall’inizio anche degli uomini politici siciliani. Per esempio il consigliere comunale di Palermo Francesco La Rosa, del Movimento per l’Autonomia, che ha chiesto a Cuffaro di intervenire per bloccare la serie. E il consigliere regionale del Partito democratico, Nino Di Guardo, il quale vorrebbe che a questo punto fosse proibito girare film o sceneggiati in Sicilia. Fava a tutti questi ha già risposto con una bella frase: «La mafia vive nel silenzio e vorrebbe tanto che di lei non si occupasse nessuno», e ci sono naturalmente fior di argomenti per relegare Mastella, La Rosa e Di Guardo nel girone dei censori, dei miopi, di quelli che hanno paura di far capire a tutti come stanno le cose, eccetera eccetera. Però, domando a me stesso e domando a lei, non esiste nemmeno il minimo argomento in favore della tesi di Mastella e di tutti gli altri che la pensano come lui?
• Mastella ha detto di non averla neanche vista, la fiction, e di parlare sulla base dei rapporti che gli hanno fatto.
E questo è male. Però un punto da tener presente c’è: non stiamo parlando di cinema o di teatro. Stiamo parlando di televisione. La televisione entra in casa di tutti, senza nessun filtro. La vedono tutti, liberamente. In televisione, proprio la fiction esercita la sua influenza maggiore – come potrebbe spiegarle qualunque studioso – perché, mentre quando ascoltiamo un programma politico o di informazione la nostra capacità critica è sempre all’erta, quando vediamo un telefilm o una serie ce ne stiamo lì rilassati e ci pigliamo tutto quello che arriva. Quindi non è sbagliato sostenere che, rispetto al cinema o al teatro – dove si può andare o non andare –, «la televisione è un’altra cosa». Il Capo dei Capi è stato il grande successo della stagione, con più di sette milioni di spettatori a puntata. Contrariamente a quanto succede di solito, lo hanno visto più uomini che donne. La fascia di pubblico più consistente – pari al 44% – è formata dai 15-24enni, con forte concentrazione nelle zone più coinvolte in fatti di mafia, camorra o ’ndrangheta: Sicilia 55%, Calabria 53%, Campania 48%, Puglia 42%. Mentre in Lombardia, per esempio, le avventure di Riina e del poliziotto Schirò viaggiano intorno al 18%. Ora, i giornali hanno riferito che, dopo la messa in onda delle prime due puntate, a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, al bar “A Maronnuzza” i ragazzi hanno preso a chiamarsi tra loro con i nomignoli della fiction, cioè Binnu, Totò u curtu, Lucianeddu, eccetera. Quindi, si direbbe, tutta la preoccupazione di Mastella e degli altri non è forse completamente campata per aria.
• Mi vorrebbe persuadere che Il Capo dei Capi non doveva andare in onda?
No, sto invitando lei e i lettori a riflettere con mente aperta sul problema, perché il problema c’è. Quando andò in onda La Piovra – nel 1994 – scoppiarono questioni simili. E quando fu processato Riina e nessuno si oppose a mostrare il processo in tv, Riina parlò e fece un figurone. Al punto che Umberto Eco scrisse poi una serie di articoli per sostenere che alla televisione non doveva essere permesso di riprendere i processi.
• Ma Riina poi si sarà visto in questa fiction?
Pare di sì. Lui che va a letto alle dieci e in televisione segue solo lo sport, questa volta pare sia rimasto alzato per vedere se stesso in azione. Che cosa abbia pensato di quello che ha visto, però, non si sa. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 28/11/2007]
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