Panorama, 29/11/2007, Massimo Boffa, 29 novembre 2007
Panorama, giovedì 29 novembre Gli storici del futuro ricorderanno probabilmente il 2007 come l’anno di una piccola ma insidiosa rivoluzione culturale nei consumi di massa del mondo arabo
Panorama, giovedì 29 novembre Gli storici del futuro ricorderanno probabilmente il 2007 come l’anno di una piccola ma insidiosa rivoluzione culturale nei consumi di massa del mondo arabo. In tempi di «scontro di civiltà», nella regione del pianeta maggiormente segnata da ondate di tradizionalismo estremo, con suscettibilità a fior di pelle, è appena sbarcato Mtv, il canale made in Usa specializzato in videoclip musicali e intrattenimento giovanile, messaggero di stili di vita spregiudicati e dissacranti. Per Mtv Arabia è una bella scommessa. Ovviamente il mercato è, molto appetitoso. Considerando che il nuovo canale, con sede a Dubai, trasmetterà in Egitto, Libano, Arabia Saudita, Giordania, Palestina, Siria, Emirati, Bahrain, Oman, Qatar, Sudan, Yemen e raggiungerà una popolazione di quasi 200 milioni di persone, due terzi delle quali hanno meno di 25 anni. Avrà, insomma, di fronte a sé una società giovanissima, tutto il contrario dellinvecchiato e stanco mondo occidentale. Ma è l’impatto culturale che promette di fare scintille. I boss di Mtv hanno un bel moltiplicare le dichiarazioni di riverenza e le promesse di adattare stile e contenuti alle sensibilità locali («Mtv Arabia rispetterà e rifletterà la cultura del mondo arabo» proclama Bili Roedy, vicepresidente di Mtv). Hanno un bello sfumare i connotati americani del nuovo canale «Questa è una tv fatta interamente dagli arabi per gli arabi. Al nostro pubblico diciamo: ”You are Mtv”» aggiunge Abdulatif al-Sayegh, capo dell’Arab media group, il partner locale di Mtv). E soprattutto hanno un bel rassicurare che saranno politicamente correttissimi: dai videoclip musicali (60 per cento internazionali, 40 per cento locali) saranno banditi corpi nudi, contatti fisici tra uomo e donna, crocifissi, alcolici. Tutte queste cautele, però, suonano molto come le mani avanti di chi sa che sta per imbarcarsi in un’impresa dalle tante insidie. A giudicare dallo show inaugurale, che si presenta come biglietto da visita della nuova emittente, lo shock estetico e comportamentale è piuttosto impressionante. Le star internazionalì dei rap e dell’hip hop sono state scelte con abilità multiculturale: Karl Wolf è un canadese di origine libanese cresciuto negli Emirati, Ludacris è un americano di colore, Akon è di origine senegalese, Qusai un rapper saudita. Ma appena il primo entra in scena, l’atmosfera si carica di una sensualità esplosiva: lui è in jeans e canottiera, muscolatura scolpita, movenze sexy, ritmo sincopato. Gli altri non sono da meno, e soprattutto stabiliscono un rapporto elettrico con la platea, cosa che non usa molto da queste parti: le ragazzine (rossetto fluo, piercing, ombelico in vista) sono in delirio, cercano di toccare i loro idoli e qualcuna perfino si arrampica sul palco. Siamo veramente distanti anni luce dai gusti e dagli stili musicali prevalenti nel mondo arabo. Per rendersene conto, basta dare unocchiata a una delle oltre quaranta emittenti specializzate in videoclip che trasmettono tutte, salvo trascurabili eccezioni, musica solo locale. La più grande, indiscutibilmente egemone, è Rotana, di proprietà del principe al-Waleed bin Talal, il «Berlusconi saudita», che ha contratti di esclusiva con l’85 per cento delle star arabe. Ma sono molto seguiti anche canali come Melody e Mazzika. Certo, gli specialisti del settore avvertono che ogni regione ha i suoi beniamini: nel Golfo si ascolta soprattutto musica khaliji, nel Maghreb ritmi raï. Ma i cantanti di gran lunga ovunque più popolari sono quelli del cosiddetto pop arabo, quasi tutti egiziani e libanesi. Dalla mattina alla sera li potete ascoltare nei caffè, dalle radio delle auto e, ovviamente, nei videoclip tv. Le libanesi Haifa Wehbe, Nancy Ajrarn, Elissa, la giovanissima egiziana Ruby sono le principesse incontrastate dei genere, affiancate dagli egiziani Amr Diab ed Ehab Tawfik, dall’algerino Cheb Khaled, dal libanese Hussain alJasmi. I loro video sono patinati, melodici, romantici, in stile fotoromanzo (genere Harmony o Grand Hotel anni Cinquanta), cantano passioni contrastate, nostalgie per la distanza dellamato, gelosie. Non fanno differenze generazionali e sono popolarissimi sia tra le nipotine che tra le nonne. in questo mercato, apparentemente saturo, che vuole fare breccia Mtv Arabia. Saranno i primi a trasmettere massicciamente musica internazionale. Ma anche per quel che riguarda l’offerta di artisti locali, lo stile si annuncia di rottura. Non per nulla la scelta strategica sarà hip hop, un genere ancora estremamente minoritario da queste parti. Puntano cioè su un genere musicale dichiaratamente giovanile, che insinua un cuneo tra le generazioni, che si presta al racconto delle proprie esperienze, ma anche al grido di rabbia, alla protesta fuori dai denti. E se si deve immaginare uno specifico arabo, piuttosto che gli adolescenti del Cairo o di Riad, vengono in mente i banlieusard parigini e i ragazzi delle periferie londinesi. Il programma di bandiera si chiamerà Hip Hop Na e andrà in giro per le città dei Medio Oriente a scovare nuovi talenti. A prima vista parrebbe un gap culturale profondissimo. Eppure, tra i dirigenti di Mtv circolano ricerche di mercato secondo cui le differenze tra i giovani arabi e i loro coetanei occidentali non sarebbero così drammatiche come si potrebbe immaginare. Certo, risulta che, a differenza dei nostri, hanno un’identità culturale molto più forte, guardano con una certa diffidenza l’intossicazione da modelli occidentali, sono estremamente sensibili all’esibizione dei corpi e più in generale devono fare i conti con i valori tradizionali e religiosi. Ma le nuove tecnologie (internet, cellulari, tv satellitari sono diffusissimi) hanno molto globalizzato gli stili di vita. E così anche gli adolescenti arabi vogliono sentirsi moderni, essere parte di una cultura giovanile globale, amano scaricare musica, scambiarsi cd, chattare, imparare nuovi balli, frequentare liberamente i coetanei, essere meno controllati dai genitori. Questo identikit andrebbe forse sfumato. «Gli arabi non sono tutti uguali» precisa Lorenzo Trobetta, studioso dell’Islam contemporaneo, corrispondente da Beirut per varie testate giornalistiche, autore di Siria nel nuovo Medio Oriente (Editori Riuniti). «In Libano la società è molto aperta e consente ai giovani di consumare prodottí simili a quelli dei giovani occidentali. In Siria queste possibilità sono assai minori, per non parlare dell’Arabia Saudita, i cui giovani hanno limitazioni molto forti nei rapporti con l’altro sesso e nella frequentazione delle discoteche». «L’esportazione dei format televisivi è sempre una scommessa nel mondo arabo» ricorda l’egiziano Marco Hamam, corrispondente di Limes, autore di Egitto. La svolta attesa (Memori), Un paio di anni fa la versione locale del Grande fratello ha dovuto chiudere dopo un mese per le proteste delle famiglie. Mentre Star Academy, una specie di versione araba di Amici di Maria De Filippi, ha un successo «mostruoso». E ovviamente si attendono reazioni non amichevoli da parte di rigoristi islamici e nazionalisti. Da qualche tempo ormai perfino i nuovi video di Haifa Wehbe, di Nancy Ajram, di Elissa, di Ruby, a loro modo ammiccanti e disinibiti, guardati avidamente dai ragazzi per sbirciare una spalla o una gamba nuda, sono puntualmente presi di mira dai moralisti musulmani. Tanti auguri, dunque, a Mtv Arabia. Non vogliamo offendere nessuno, aspiriamo a essere un ponte tra culture diverse e soprattutto far circolare artisti di tutte le nazioni, non si stanca di ripetere Bill Roedy. Al cronista viene da chiedere: saranno trasmessi anche cantanti israeliani? Risponde Abdulatif al-Sayegh: «La musica è un linguaggio senza frontiere. Tutti saranno benvenuti su Mtv Arabia». E sembrerebbe più un sì che un no. Massimo Boffa