Massimo Gaggi, Corriere della Sera 29/11/2007, 29 novembre 2007
NEW YORK
Quando, spente 67 candeline, Joe Sauro, sarto dall’età di 14 anni, ha detto che presto avrebbe riposto le forbici nel cassetto, molti politici di Washington si sono ribellati: «Quello di cucirci addosso un vestito – hanno protestato – non è un lavoro come un altro: noi ci affidiamo a una persona con la quale abbiamo un rapporto di confidenza, di riservatezza. Non te ne puoi andare così».
Il più affettuoso e convincente è stato George Bush che ha invitato Sauro e tutti i suoi parenti alla Casa Bianca. «Guardi presidente che la mia famiglia è grossa», lo ha avvertito il sarto molisano sbarcato mezzo secolo fa negli States. «E io ho una casa grossa», gli ha risposto Bush. Ora la foto di Joe, della moglie Gail di tre figli e uno squadrone di nipoti raccolti attorno al presidente nello Studio Ovale è appesa nel negozio di Sauro sulla 19esima strada. Tutto intorno, le immagini di molti altri politici che sono stati suoi clienti: soprattutto presidenti repubblicani come Richard Nixon, Ronald Reagan e Bush padre. Ma il sarto dei potenti ci tiene a dichiararsi rigorosamente «bipartisan», visto che tra i suoi clienti ci sono anche esponenti democratici come Barack Obama e Joe Lieberman (ora un democratico indipendente).
Il complimento più bello – e anche il più «trasversale » – glielo ha fatto Chris Dodd, senatore del Connecticut, uno dei candidati democratici alla Casa Bianca: «Grazie per aver consentito a un democratico di apparire, a una cena di gala, elegante come un repubblicano».
Alla fine Sauro ha deciso che per ora andrà in pensione solo a metà.
Ha chiuso il suo negozio, ma continua a lavorare per alcuni dei suoi clienti in un seminterrato preso in affitto nello stesso isolato: solo tre giorni a settimana e con lunghi intervalli al sole della Florida.
La sua è la classica storia dell’emigrato che, abbandonata una vita di stenti in Italia, riesce a fare fortuna nel Nuovo Mondo. A Ripabottoni, un borgo vicino Campobasso ormai svuotato dall’emigrazione (è passato dai cinquemila abitanti di fine ’800 ai 670 attuali), le famiglie che non potevano permettersi di far studiare i figli, cercavano di insegnare loro ugualmente un buon mestiere: barbiere, calzolaio o sarto. Una storia ben nota in tutto il Sud.
Giuseppe a 14 anni già sapeva tagliare e cucire un vestito. Poco dopo la madre lo mandò in America, affidandolo a un fratello che viveva a Washington.
Giuseppe, diventato Joe, riuscì ben presto ad aprire una sua sartoria in un appartamento di Connecticut Avenue. Sauro ha raccontato al Washington Post che il primo politico a diventare suo cliente fu, nel 1964, Barry Goldwater, il senatore repubblicano, bandiera della destra conservatrice, che proprio in quell’anno perse la sfida per la Casa Bianca.
Dove, negli anni ’70, Sauro cominciò a essere chiamato per rimettere a posto il guardaroba del presidente Nixon. Per il sarto italiano fu la consacrazione. E, finalmente, potè coronare il sogno di una vita: aprire un negozio con le vetrine sulla strada e il suo nome impresso sulla porta. I clienti di grido si moltiplicavano e anche dalla Casa Bianca continuavano ad arrivare chiamate: da Reagan e poi dal suo successore George H. Bush, il padre del presidente attuale.
Ma, intanto, l’economia cambiava e per gli artigiani delle forbici diveniva sempre più difficile competere col prêt-à-porter delle grandi sartorie industriali. All’inizio degli anni ’90 Sauro smise di tagliare vestiti, ritirandosi nella «nicchia» delle riparazioni e delle modifiche. Gli affari, anziché ridursi, esplosero: avvocati, lobbisti, parlamentari, «businessmen», compravano per due o tremila dollari i vestiti già fatto di Brioni, Zegna, Oxxford o Armani, ma poi facevano la fila da Sauro per adattarli a fianchi in espansione e schiene un po’ curve.
Per decenni il sarto ha raccolto le confidenze degli uomini più potenti della capitale, li ha visti ingrassare durante campagne zeppe di pranzi e cene elettorali e dimagrire per effetto di diete feroci. Consapevole che il sarto – come il medico – è una persona con la quale ci si apre contando sulla sua discrezione, Sauro ha sempre evitato di parlare dei suoi clienti con la stampa. Solo accenni generici alle conseguenze di un aumento di peso («chi ingrassa di tre-quattro chili deve allargare la vita di un paio di centimetri») o all’efficacia delle diete («a giudicare dagli effetti suoi miei clienti, la Atkins è quella che ha funzionato meglio»).
Un riserbo che alla fine ha convinto anche l’uomo che più di chiunque altro ama lavorare nell’ombra – il vicepresidente Dick Cheney – ad affidarsi ai gessetti e agli spilli di Joe Sauro. Che, però, col cronista italiano si lascia andare a qualche piccola confidenza in più sul presidente attuale: « in forma, non ha certo bisogno di allargare i vestiti. Eppure mi chiama spesso. molto meticoloso: vuole colli stretti, giacche aderenti. Ed è molto affettuoso: mercoledì sera sarò suo ospite al
Christmas party alla Casa Bianca».