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 2007  novembre 29 Giovedì calendario

Quand´era presidente della Bundesbank, Karl Otto Pohl diceva che l´inflazione è come il dentifricio: se esce dal tubetto, non riesci più a rimetterla dentro

Quand´era presidente della Bundesbank, Karl Otto Pohl diceva che l´inflazione è come il dentifricio: se esce dal tubetto, non riesci più a rimetterla dentro. Parlava a ragion veduta: la sua Germania era forse il solo Paese europeo che il caro-prezzi sembrava averlo stroncato per sempre dopo la tragedia di Weimar, quando a Berlino un biglietto del tram costava 50 miliardi di marchi. Oggi in Eurolandia si riaffaccia lo spettro dell´inflazione. E, per un paradosso della storia, il focolaio più pericoloso si annida proprio in Germania. A novembre, secondo l´Ufficio federale di statistica, l´inflazione tedesca subirà un´impennata al 3%, contro il 2,4 di ottobre. Armonizzato secondo i parametri europei, il dato cresce addirittura al 3,3%. Il livello più alto degli ultimi dodici anni. La notizia ha scosso l´Eurotower di Francoforte, accrescendo le già vive preoccupazioni della Banca centrale europea. Con questi segnali sul fronte dei prezzi, non solo i tassi di interesse in Europa non saranno ridotti. Ma forse potrebbero addirittura essere aumentati. Il presidente Trichet e i membri del board rientreranno questa mattina dal viaggio in Cina (dove insieme a Juncker e Almunia hanno incontrato il governatore della banca centrale di Pechino Zhou Xiaochuan) e faranno oggi stesso una prima ricognizione. Ma chi si aspettava una mossa distensiva per giovedì prossimo, quando si terrà il consiglio per l´ultima riunione dell´anno, farà a bene a ricredersi in fretta. La linea della Bce è chiara: al momento non solo non ci sono le condizioni per allentare le redini della politica monetaria. Ma forse, di qui ai primi mesi del 2008, si imporrà l´esigenza di tirarli ancora di più. Nell´ultimo bollettino, la Bce aveva già lanciato un primo warning: «Le prospettive di medio periodo per la stabilità dei prezzi sono soggette a rischi verso l´alto». Aveva formulato l´auspicio che il tasso di inflazione, nell´area di Eurolandia, rimanesse su livelli vicini ma superiori al 2% nei prossimi mesi, «per poi tornare a scendere nel corso del 2008». E aveva messo comunque le mani avanti: «La politica monetaria della Bce è pronta a contrastare i rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi, in linea con il suo mandato». Con una postilla, tutt´altro che trascurabile: «Ciò è quanto mai importante in una fase di volatilità dei mercati finanziari e di prolungato aumento dell´incertezza». In questi ultimi giorni il quadro è cambiato. Ed è cambiato in peggio. «Sui mercati finanziari la volatilità resta molto alta - dicono ai vertici dell´Eurotower - e sembra in arrivo la seconda ondata della crisi dei subprime. Questo si ripercuote anche sui mercati monetari, dove la crescita della moneta e del credito è rimasta vigorosa fino a settembre, registrando un aumento dell´11% nei suoi diversi aggregati». Oggi la situazione è meno limpida. Per arginare i rischi di credit crunch la Banca centrale europea, sul modello adottato dalla Fed, continua a somministrare al «paziente» quelli che il Financial Times di ieri chiamava «i vaccini della liquidità»: l´ultima «iniezione» è stata pari a circa 30 miliardi di euro. Ma il quadro resta ancora confuso, e la prospettiva molto incerta. Già questo, per i banchieri centrali, basta a suggerire prudenza a intervenire sul livello dei tassi, ora fermo al 4%. E adesso, a peggiorare tutto, si aggiunge l´inflazione tedesca. vero - si fa notare alla Bce - che quel 3,3% di impennata a novembre è dovuto per almeno l´1,3% all´effetto della «spalmatura» biennale degli aumenti dell´Iva, decisi a suo tempo dal governo Merkel, e che a febbraio del 2008 quell´effetto temporaneo dovrebbe venir meno. Ma è anche vero che nel frattempo, in Germania come negli altri paesi europei (a partire dall´Italia) si è avvertita una pressione molto forte sui prezzi delle materie prime, non solo petrolifere, e soprattutto sui beni agricoli. Ed è altrettanto vero che questa pressione potrebbe innescare da un lato tentazioni speculative delle imprese nel determinare i prezzi, soprattutto nei segmenti di mercato a bassa concorrenza, e dall´altro lato tentazioni rivendicative dei sindacati nel rinnovo dei contratti, soprattutto nei settori che finora avevano adottato piattaforme improntate alla moderazione. «Negli ultimi dieci anni i salari in Germania sono cresciuti solo dell´8% - è ancora l´analisi che si fa a Francoforte - ma in questi ultimi mesi sono ripartiti». E una tendenza analoga si comincia ad avvertire in Francia. E anche in Italia, dove a ottobre le retribuzioni sono cresciute al 2% su base annua, dove il 57,2% dei lavoratori dipendenti è ancora in attesa dei rinnovi, e dove è iniziato un difficile confronto tra Confindustria e sindacati per garantire il potere d´acquisto dei salari e rivedere la struttura dei livelli contrattuali. Il Natale porterà consiglio. Non si potrà non tenere conto di quello che succede oltre Oceano. Negli Stati Uniti i sintomi della recessione si fanno più acuti: l´indice S&P dei prezzi delle abitazioni nel terzo trimestre è in caduta libera del 4,5%, il livello più basso degli ultimi 20 anni. La Federal Reserve di Ben Bernanke si riunirà l´11 dicembre, per decidere una possibile riduzione del tasso ufficiale, oggi fermo al 4,50%. Meno che mai si potrà non tener conto del braccio di ferro politico, che ancora una volta vedrà schierati su fronti contrapposti la Francia e la Germania. Mentre la Merkel può reggere senza traumi un aumento dei tassi, perché nel suo Paese l´economia ha ripreso a correre (come la stessa fiammata inflazionistica, legata anche alla buona ripresa dei consumi, sta lì a dimostrare) Sarkozy ha urgente bisogno di una boccata d´ossigeno, perché al contrario il suo Paese continua ad arrancare (come conferma il malessere sociale deflagrato nell´ultima ondata di scioperi). L´autonomia della Bce non è in discussione, anche se il banchiere centrale non vive chiuso nella torre d´avorio (come diceva Guido Carli) limitandosi a maneggiare grafici e tabelle. Con gli ultimi dati aggiornati del 2007, e le previsioni riviste sul 2008, l´Eurotower a fine anno avrà tutti gli elementi per decidere come manovrare il costo del denaro. La decisione sarà tutt´altro che facile. I banchieri centrali saranno chiusi in una tenaglia. Da una parte l´inflazione (che rialza la testa a partire dal Paese-locomotiva) e i salari (che prendono la rincorsa ovunque): due novità che imporrebbero una stretta. Dall´altra parte il Pil troppo debole (che resta «soggetto a rischi verso il basso») e l´euro troppo forte (che strangola l´export europeo): due realtà che suggerirebbero un allentamento. E l´eterno dilemma tra la stabilità e la crescita. La vecchia «Buba» di Pohl non avrebbe avuto dubbi. La «nuova» Bce di Trichet ne ha moltissimi. Ed è giusto che sia così.