Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri sono andate giù – ancora una volta – le Borse di tutto il mondo: crolli fin oltre il 4% in Asia, brutta l’Europa e pesante Milano (caduta di oltre il 3%). Wall Street ha cominciato molto male, poi si è un po’ ripresa... Ma il tempo finanziario è comunque bruttissimo. All’acquazzone dei listini, si sono aggiunti i tuoni dell’euro e dell’inflazione: l’euro ha superato il valore di 1,60 sul dollaro, l’inflazione sta al 3,8, il tasso più alto da luglio 1996.
• Tutti si chiedono quanto durerà.
Bankitalia ha diffuso ieri il suo bollettino: nel 2008 e nel 2009 il Prodotto interno lordo (cioè tutto quello che fabbrichiamo) crescerà solo dello 0,4 per cento. Citiamo direttamente: «I consumi stagnano, gli investimenti sono fermi, il potere d’acquisto delle famiglie è eroso dalla corsa del costo della vita, la produzione industriale, nel corso del secondo trimestre, è in calo dell’1 per cento. I consumi non supereranno – è sempre la Banca d’Italia che parla – lo 0,2 nel 2008 e lo 0,3 per cento nel 2009. Questo per colpa dei prezzi troppo alti, cioè per via dell’inflazione. Il Bollettino fa vedere che il potere d’acquisto delle famiglie è rimasto identico, mediamente, a quello del 2007.
• Bisognerebbe perciò aumentare gli stipendi.
E’ quello che sostengono Veltroni ed Epifani. facile a dirsi, molto difficile a farsi. Il governatore della Banca centrale, Trichet, ha aumentato la settimana scorsa il tasso di sconto di un quarto di punto proprio per far passare a tutti la voglia di concedere aumenti salariali. Lo stesso bollettino della Banca d’Italia di ieri dice a un certo punto: l’inflazione scenderà al 2,8% nel 2009 e il costo della vita potrebbe tendere nuovamente verso il 2% «solo nell’ipotesi che il suo rialco corrente non si ripercuota sul processo di determinazione di salari e prezzi e resti moderata la dinamica dei costi interni». Cioè, anche qui: badate a non fare contratti troppo favorevoli ai lavoratori. Del resto Tremonti ha fissato l’inflazione programmata all’1,7, il che significa: tirare la cinghia, aumenti percentuali superiori a questa cifra non saranno concessi. Sempre il Bollettino fa un certo discorso sulla nostra competitività, che è naturalmente la più bassa d’Europa. In altri termini non siamo concorrenziali e quando ci presentiamo con le nostre merci sui mercati del mondo c’è sempre qualcuno che può vendere la stessa cosa a un prezzo più basso. Come mai? Quasi sempre perché il nostro costo del lavoro è troppo alto.
• Ma se abbiamo i salari più bassi d’Europa!
Perché lei confonde il netto in busta paga col lordo a carico dell’azienda. Noi abbiamo un tale cumulo di voci su ogni euro di stipendio che alla fine costiamo tanto incassando poco. Il Bollettino cita il Clup, sigla che significa “costo del lavoro per unità di prodotto”. Cioè: sul prezzo di questa matita, di questo chilo di pane, quanto pesa il costo del lavoro? Il Bollettino segnala che tra gennaio è marzo il costo del lavoro su unità di prodotto ha fatto un balzo in avanti del 4,5% in media per via dei rinnovi contrattuali. Il tono generale di Bankitalia è che questo è un fatto negativo.
• Non si potrebbe intervenire sul lato dei prezzi?
Anche qui, solo a parole. I prezzi stabiliti dallo Stato sono tipici delle economie socialiste. Il risultato di prezzi tenuti artificialmente bassi è che le merci non arrivano sugli scaffali dei negozi oppure, se arrivano, spariscono immediatamente. I vari mister Prezzi che ogni tanto qualcuno inventa, o le grida contro gli speculatori dei demagoghi dell’ultima ora, sono bubbole che non portano da nessuna parte. Se i prezzi sono alti è perché qualcuno è disposto a pagare tanto per quel bene. Noi non abbiamo i soldi? Rinunciamo. Soprattutto stiamo attenti a non indebitarci per andare in vacanza o dal parrucchiere. L’America è sull’orlo del collasso per via dell’indebitamento pubblico e delle famiglie: l’indebitamente medio di ogni famiglia supera il 106 per cento (noi siamo intorno al 50% che è già molto più di una volta). C’è una sola via alla sopravvivenza in un periodo come questo: sacrificarsi e spendere per ciò che veramente conta.
• Mi sa di una ricetta moralistica.
Perché lei è giovane. I vecchi sanno di che cosa parlo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 16/7/2008]
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