Amedeo La Mattina, La Stampa 16/7/2008, 16 luglio 2008
AMEDEO LA MATTINA
ROMA
La Camera ieri ha votato la fiducia sul pacchetto sicurezza che contiene una sorpresa che Antonio Di Pietro ha subito bollato come un «indulto mascherato» e il Pd «premio ai delinquenti». La sorpresa è contenuta in una norma, inserita lunedì, che consente all’imputato di patteggiare la pena in qualunque fase del processo di primo grado (e non più solo nelle udienze preliminari). Funziona così: chiunque sia accusato di un reato (tranne quelli gravi come mafia e strage) può chiedere il patteggiamento e ottenere uno sconto di un terzo della pena. Per esempio: una condanna a sette anni e mezzo viene ridotta a cinque; più tre anni di indulto e si va a due, con conseguente affidamento ai servizi sociali. Insomma, andare in galera sarà un’impresa.
L’opposizione è arrabbiata perché non ha avuto il tempo di discutere l’ultima mossa del Cavaliere a causa, appunto, del voto di fiducia. Così, messi all’angolo, Democratici e Italia dei valori hanno potuto urlare solo in aula che si tratta di un «nuovo scandaloso regalo» ai responsabili di gravi reati: proprio nel giorno in cui viene sbandierato il giro di vite con il decreto sicurezza.
La maggioranza, forte dei numeri in Parlamento, fa spallucce e parla di atteggiamento «irrazionale e incomprensibile» (Italo Bocchino). Il ministro della Giustizia Alfano invita il Pd a votare il decreto (il voto è previsto per oggi) e non seguire il «manettaro e giustizialista» Di Pietro. La Lega preferisce valorizzare la parte del provvedimento che riguarda l’ordine pubblico e contrasta immigrazione clandestina. «Quando si promette si mantiene - sostiene il capogruppo Roberto Cota - e i cittadini vogliono sentirsi padroni a casa propria: fiutano da lontano il buonismo d’accatto». Ma nè la Lega nè An (i due partiti che nella scorsa legislatura hanno votato contro l’indulto) si soffermano molto su quella parte del decreto che riapre i termini del patteggiamento Il sottosegretario all’Interno Mantovano, però, non ne fa un dramma, anzi afferma che si tratta di una norma di giustizia che decongestiona i tribunali: «Non a caso è stata chiesta dal Csm e dall’associazione dei magistrati».
«E’ proprio una balla», reagisce Donatella Ferranti, capogruppo alla Camera del Pd in commissione Giustizia. «La verità è che si premia chi ha commesso gravi reati come lo stupro, spaccio di stupefacenti, ricettazione, falso in bilancio e corruzione. Mi chiedo se, dopo aver fatto per sè il Lodo Alfano, ora Berlusconi vuole fare un regalo a una parte dei suoi elettori». Nonostante questo, l’Udc ha deciso di astenersi, mentre per Gianclaudio Bressa, vicepresidente dei deputati del Pd, si tratta del prolungamento dell’indulto: «Un’amnistia generale». Accuse pesanti che vengono dai Democratici e che fanno il paio con quelle dell’Idv.
Antonio Di Pietro, come al solito, sgancia la bomba più grossa. Sostiene che Berlusconi ha inserito «una norma escamotage ”salva-amici del premier”»: « una norma che con la giustizia non c’azzecca, ma c’azzecca invece per Berlusconi e per il suo amico complice Mills. Si riduce di un terzo la pena a chi non fa perdere tempo alla giustizia, ma si impedisce al giudice di motivare la colpevolezza dell’imputato». E questo, secondo Di Pietro, eviterebbe al premier di essere trascinato in una «condanna politica e morale».
Niccolò Ghedini ride. L’avvocato-deputato di Berlusconi dice che Di Pietro «ha sbattuto la testa». «Le sue sono bestialità giuridiche. Mills non chiederà mai il patteggiamento: lui vuole essere assolto. Su questo mi gioco una cena con Di Pietro: sono sicuro di vincerla. E poi - aggiunge Ghedini - la riapertura dei termini per il patteggiamento era già contenuta nel decreto Mastella. Gli effetti benefici sono tanti: si può ottenere una sentenza immediata da utilizzare in sede civile e lo Stato risparmia tre gradi giudizio». «Piena condivisione del governo sulle proposte degli avvocati», «impegno concreto già da settembre» e «riforma organica della giustizia». Il ministro Angelino Alfano sceglie il convegno dell’Unione delle camere penali a Roma per ribadire il cambio di marcia del governo sulla Giustizia. E incassa il plauso dei penalisti presieduti dal professor Oreste Dominioni, lasciando isolati i magistrati dell’Anm.
Professor Dominioni, è tornato il sereno col governo dopo le vostre critiche alla blocca-processi che a vostro parere dava un potere troppo discrezionale ai magistrati?
«Le parole del ministro sono significative. Fino a ora il nodo giustizia è stato affrontato con interventi di pronto soccorso. Ma adesso le nostre richieste sono state pienamente accolte: la crisi della giustizia è tanto penetrante ed endemica che va affrontata con una riforma organica».
Cosa intende per riforma organica, il rischio non è di restare sul generico?
«Tutt’altro. Non vogliamo fuggire dai problemi concreti, si tratta di affrontarli in modo diverso, non con provvedimenti spot».
Quali sono quelli per voi fondamentali?
«Innanzitutto va riformato il Csm. Ormai è un organo andato fuori registro: funziona come autogoverno e non come governo autonomo, è diventato la terza camera legislativa e rappresenta politicamente i magistrati».
Però è previsto dalla Costituzione...
«Non si tratta di distruggerlo, solo di riformarlo. Per questo serve una separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudici. Sorgerebbero due Csm, o due sezioni del Csm».
In molti ci hanno provato, nessuno c’è riuscito.
«Se vogliamo cambiare la giustizia, bisogna partire da qui. Ormai ci sono molti magistrati fuori ruolo che lavorano nelle istituzioni politiche, ma ognuno deve tornare a fare il proprio mestiere. Siamo contrari al nuovo blocca-processi anche per questo: si mette a rischio l’obbligatorietà dell’azione penale quando si affida ai magistrati il compito, che invece è del legislatore, di stabilire una priorità nell’affrontare i processi».
Però ci sono alcuni provvedimenti che potrebbero farvi gioco. Per esempio si parla della possibilità di patteggiare anche a dibattimento già iniziato.
«Non è questo il punto. Si tratta comunque di un provvedimento emergenziale. Il nostro fine è invece una riforma radicale del sistema. Per questo le parole del ministro ci sono piaciute».
Ha fatto promesse?
«Di più: c’è l’impegno di partire a settembre con un grande ”cantiere” sulla giustizia che affronti in una sessione speciale del parlamento tutti i nodi del contendere. Questo ci vede assolutamente a favore».
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