Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 16/7/2008, 16 luglio 2008
«Ho il ritratto di Margaret Thatcher appeso in camera da letto». «Caro direttore del Times, la prego di far sapere alla signora Thatcher che mi considero uno dei suoi allievi: ho imparato da lei»
«Ho il ritratto di Margaret Thatcher appeso in camera da letto». «Caro direttore del Times, la prego di far sapere alla signora Thatcher che mi considero uno dei suoi allievi: ho imparato da lei». «La nostra ricetta si ispira a quella della signora Thatcher e al modello di Reagan...». Sono anni che Silvio Berlusconi declama ammirazione per i suoi miti del liberismo, della deregulation, della fermezza del buon capofamiglia che per il bene di tutti sa prendere le decisioni dolorose. E anni che razzola in maniera diversa. Così, l’altro ieri, lui che era entrato in politica irridendo ai «politicanti esperti dei vecchi usi e costumi della I Repubblica» e rivendicando di appartenere alla «gente seria, che viene dal mondo del lavoro e vuole governare l’Italia in un modo nuovo», ha fatto esattamente, per mano di Giulio Tremonti, quello che prima di lui avevano fatto Craxi e Fanfani, Goria e De Mita, Andreotti e Prodi... Ha cioè confermato per altri tre anni Franco Pecorini come amministratore delegato della Tirrenia, l’unica compagnia di navigazione al mondo che continua miracolosamente a navigare pur essendo una carretta del mare finanziariamente da tempo naufragata. Per capire cosa significhi questo gesto, simbolicamente e politicamente, è sufficiente ricordare «chi» è Franco Pecorini. Partendo da una data che dice tutto: 1984. da allora, infatti, che l’uomo siede su quella poltrona. Quando ci si imbullonò, Augusto Pinochet era saldamente assiso alla Moneda, Nelson Mandela era ancora in carcere (dove sarebbe rimasto per altri sei anni), Indira Gandhi non era ancora stata ammazzata, Michele Sindona veniva estradato dagli Usa, il ministro dei Trasporti era Claudio Signorile e l’Inter aveva appena comprato Rummenigge. Insomma, è passato un millennio. Direte: squadra che vince non si tocca. Non è forse vero che Alex Ferguson allena il Manchester United dal 1986? Giusto: ma ha vinto 5 Coppe d’Inghilterra, 2 Coppe di Lega, 10 scudetti, due Coppe delle Coppe, due Champions League, una Coppa Intercontinentale e altro ancora. Pecorini no. Anzi. I debiti di Tirrenia, pur essendo un po’ diminuiti, rimangono pari al 123% del fatturato, compresi i contributi pubblici. Di più: senza questi contributi e gli «altri proventi», la compagnia di navigazione sarebbe affondata l’anno scorso sotto il peso di un bilancio in rosso per 207 milioni di euro. Fatti i conti, la perdita netta è di 73 mila euro per ciascuno dei 2.836 dipendenti. Una catastrofe tre volte più vistosa di quella dell’Alitalia, dove il «rosso» è di «soli» (si fa per dire) 25 mila euro a dipendente. Eppure dal 1984 in qua all’Alitalia sono cambiati 10 presidenti, alla Tirrenia, marchiata da Alberto Statera come «l’ultima escrescenza residual-clientelare del baluardo Iri», tutto è rimasto inchiodato a lui. Inamovibile come un monolite. Inaffondabile come un sughero. Eterno come il dente del Buddha. Dicono che questa volta sia stato confermato per portare a termine la cessione dei rami regionali. La Saremar alla Sardegna, la Caremar alla Regione Campania, la Toremar alla Toscana... Vedremo. Sarà interessante notare come finirà coi consiglieri di amministrazione, i sindaci, i direttori generali: 89 poltrone. Una ogni 34,6 dipendenti. Chissà cosa farebbe zia Margaret appesa nella camera del Cavaliere...