Maurizio Molinari, La Stampa 16/7/2008, 16 luglio 2008
Quanti soldi hai sul conto in banca?». I broker finanziari di Wall Street martellano i clienti con la stessa domanda nel timore di essere responsabili di titoli o depositi superiori a 100 mila dollari
Quanti soldi hai sul conto in banca?». I broker finanziari di Wall Street martellano i clienti con la stessa domanda nel timore di essere responsabili di titoli o depositi superiori a 100 mila dollari. Oltre questa cifra, caso di fallimento, lo Stato non garantisce nulla e il pericolo ora dilaga perché, secondo lo studio del «Federal Deposit Insurance Corporation», almeno 150 delle circa 7500 banche americane rischiano il crac finanziario. Fra loro vi sono nomi di peso come Lehman Brothers e Merryl Linch ma anche una miriade di istituti regionali da cui dipendono le finanze di milioni di famiglie dell’entroterra continentale. Da qui la paura che dilaga: foto e filmati dei correntisti in fila di fronte alla sede di IndyMac a Pasadena hanno fatto venire in mente ai clienti di colossi come Wachovia che forse è il caso di anticipare i tempi, e correre a fare prelievi per mettere i soldi sotto il mattone. Nel centro finanziario di Citibank a Times Square la fila di fronte ai bancomat all’ora di mezzogiorno - quando si esce dagli uffici per la pausa pranzo - ieri era lunga decine di metri. Un’immagine insolita per il cuore di Manhattan ma chiedendo a Joan, avvocato di 32 anni, si scopre che nasce dal timore che dilaga: «Ho i soldi solo per arrivare a fine settimana». Certo, Citibank non appare a rischio. «Ma chi lo sa?» aggiunge l’amica che accompagna l’avvocato, confessando di «aver saputo dalla tv che c’è pericolo per la sorte dei nostri soldi». Se Joan ha paura un leader di Hollywood come Paramount non è da meno: aveva quasi ultimato un accordo per ricevere 450 milioni di finanziamenti da Deutche Bank per produrre i film dei prossimi due anni ma ha deciso di fare marcia indietro per le nuove, e più redige, condizioni poste dalla banca. Il risultato è che i prossimi «Star Trek» e «Tropic Thunder» restano nel cassetto perché, come ammette la portavoce Patricia Rockenwager, gli Studios californiani hanno difficoltà a trovare investitori in un mondo della finanza prosciugato di capitali dalle conseguenze della crisi dei mutui. La morsa che stringe i bilanci di aziende e cittadini vede il caro-greggio aumentare i costi e i subprime minacciare risparmi e capitali. Per avere un’idea della minaccia portata da questa forbice basta tenere presente che, secondo uno studio dell’«American for Secure Retirement», almeno 3 baby boomer su 5 della classe media rischiano di «vivere più a lungo dei loro risparmi» andando in pensione senza soldi. In tali condizioni tutti corrono in qualche modo ai ripari. Il gigante dell’auto General Motors affida al presidente Rick Wagoner l’annuncio di un piano disseminato di tagli: vendite di stabilimenti e proprietà per 4 miliardi di dollari sui 7 disponibili, riduzione del 20 per cento della forza lavoro e sospensione per qualche mese della distribuzione dei dividendi. «Non abbiamo alternative - spiega Wagoner - servono azioni drastiche per assicurarci sopravvivenza e successo». Con il titolo schiacciato sotto la soglia dei 10 dollari non aveva alternative. Ma non ne hanno neanche i pendolari che, braccati dalla benzina oltre 4 dollari a gallone (3,8 litri), lasciano sempre più spesso l’auto favorendo nuovi fenomeni tipo i Megabus e Boltbus, che per pochi dollari collegano città come Boston e Filadelfia con New York. Finora gli autobus a basso costo erano un’esclusiva dei cinesi - che li usano per spostarsi fra le diverse Chinatown d’America - ma ora si moltiplicano, puntando a trasportare milioni di viaggiatori. Spostarsi con loro da San Francisco a Los Angeles costa appena 1 dollaro, con 50 cent in più se si vuole prenotare in anticipo. In tale cornice il boom di vendite del nuovo iPhone - un milione nel primo weekend - fa apparire Apple come un Pianeta distante. Ma le statistiche sul consumo confermano che, pur assediati dalla paura, gli americani continuano a spendere per i gadget hi-tech. Stampa Articolo