Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Cinque turisti italiani rapiti in Egitto probabilmente venerdì scorso sarebbero stati liberati ieri pomeriggio, non si sa ancora se dopo il pagamento di un riscatto. Si chiamano: Giovanna Quaglia, 52 anni, Lorella Paganelli, 49 anni, Mirella De Giuli, 70 anni, Michele Parrera, 71 anni e Walter Barotto, 68 anni. Tutti di Torino e provincia. Stavano in un gruppo di 19 persone (cinque tedeschi, una romena e otto egiziani che accompagnavano il gruppo) che s’era spinto nella zona al confine tra Egitto, Libia e Sudan, dove si trova il plateau di Jebel Uwainat e la Grotta dei nuotatori resa celebre dal film Il paziente inglese. Deserto assoluto, in ogni caso: quasi nessuna agenzia di viaggio italiana accetta di portare clienti in quell’area, alla quale si accede, oltre tutto, con un permesso speciale del ministero dell’Interno egiziano. Il viaggio, infatti, era stato organizzato da Aegyptus, un’agenzia diretta dall’egiziano Ibrahim Abdel Rahim e da sua moglie, la tedesca Kirsten Butterweck, tutti e due laureati in lingue orientali ed egittologia. Facevano viaggiare i loro clienti su Toyota Landcruiser 4 x 4. Il commando responsabile dell’operazione sarebbe stato composto da quattro uomini armati, forse sudanesi o forse provenienti dal Ciad.
• Terroristi?Non si sa. Il Cairo dice che si tratta di delinquenza comune. Però la notizia della liberazione, con quattro-cinque ore d’anticipo sul comunicato ufficiale del ministro dell’Interno egiziano, l’ha data Al Jazeera, la tv specializzata nel mandare in onda i video macabri dell’estremismo islamico. Al Jazeera ha spiegato - verso le 17 di ieri - non solo che gli ostaggi erano stati liberati, ma che stavano in Sudan, si erano persi e non sapevano come comunicare col resto del mondo.
• Se non comunicavano, come fa Al Jazeera a sapere quello che sa?
Giusto, me lo chiedo anch’io. In ogni caso, malavitosi e terroristi sono, in quei posti, quasi la stessa cosa: si cambia maschera e si assume l’atteggiamento che conviene di più.
• E’ stato pagato un riscatto?
Si parla di una somma oscillante tra i 6 e i 15 milioni di dollari, di cui si saranno fatti carico, presumo, i governi italiano, tedesco, rumeno ed egiziano. Ed è possibilissimo che siano soldi destinati a rimpinguare le casse dei terroristi, dato che a soldi la jihad sta messa male ed è anzi questa una delle ragioni del declino operativo ammesso l’altro giorno anche da Attyatullah, il capo dell’attentato all’hotel Marriot di Islamabad. Per questo gli americani, quando i sequestri avvengono in un’area sotto il loro controllo, non vogliono assolutamente che si paghi. D’altra parte i sequestri sono un’industria floridissima: sa che negli ultimi sei anni, nel mondo, sono aumentati del cento per cento?
• Come si spiega?
Intanto con la diffusione planetaria di società di costruzione, esplorazione, estrazione, trasformazione, finanza. Voglio dire: è un effetto della globalizzazione. Se rapisco un tecnico e ricatto la multinazionale che lo ha mandato allo sbaraglio, sarà impossibile non pagare. successo a due nostri connazionali in Nigeria poco tempo fa, come forse ricorderà. In Africa, in particolare, l’industria dei sequestri è molto fiorente, specialmente in Sudafrica, in Nigeria e in Somalia. Le assicurazioni americane hanno tutta una linea di prodotti che ti tutela dai rapimenti e che vengono caldamente consigliati quando si parte per posti pericolosi. La parola ”tutela” è naturalmente relativa: nessuno ti garantisce che non ti sarà tagliata la testa, l’unica consolazione è che i tuoi parenti, almeno, prenderanno dei soldi. In Somalia, l’abitudine di far soldi rapendo gente si incrocia con la pirateria marinara che ha come bersaglio soprattutto i filippini (anche perché nel mondo un marinaio su tre è filippino). I somali hanno in questo momento nelle loro mani 97 filippini, tutti catturati nel corso di parecchi assalti a imbarcazioni che navigavano in zona. L’ultimo di questi assalti è dell’altro ieri, a una nave greca. Su 19 componenti dell’equipaggio 17 erano filippini.
• Leggo ogni tanto sui giornali di sequestri in Sudamerica, che spesso hanno come bersaglio proprio gli italiani.
Ci sono tanti italiani ammazzati in Sud America dai loro sequestratori. Ma sono casi diversi: quella è proprio malavita comune che scorrazza quasi in disturbata per il disordine che regna in quei paesi. Gli italiani sono poi in genere nostri connazionali che ormai risiedono dall’altra parte dell’Atlantico dove hanno fatto fortuna. Non si tratta, praticamente mai, di sequestri politici.
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