Varie, 24 settembre 2008
BAZOLI
Giovanni, Brescia 18 dicembre 1932. Presidente del consiglio di sorveglianza di Banca Intesa Sanpaolo. «Bazoli è il vero uomo di potere che c’è oggi in Italia» (Bruno Tabacci, 17 aprile 2007) «Bazoli è ormai il ”grande vecchio” del sistema bancario italiano» (Eugenio Scalfari, 31 luglio 2008). [nq] 2007-2008 Il fatto che circa il 35 per cento del Fondo per le infrastrutture (detto F2I o ”Effe 21”) fosse riconducibile «al sistema di potere di Bazoli» (Il Foglio) confermò l’esistenza di un asse Bazoli- Prodi capace di condizionare le scelte economiche di fondo del Paese. Si sapeva infatti che, con questo fondo (costituito intorno a un primo stanziamento della pubblica Cassa Depositi e Prestiti), Prodi intendeva costruire un’«Iri più moderna» (Il Foglio), che fosse in grado di intervenire nei punti strategici del sistema e specialmente nell’acquisizione eventuale delle reti elettriche, del gas e telefoniche (su cui vedi anche ROVATI Angelo), sulla proprietà dei porti e degli aeroporti ecc. Bazoli ha smentito con forza l’esistenza di questo asse. Prima rispondendo alla domanda di un piccolo azionista durante l’assemblea dei soci del 3 maggio 2007: della fusione col Sanpaolo nessun uomo politico venne informato in anticipo e Intesa non può essere «essere etichettata come amica o vicina a un personaggio pubblico. A me pare un’idea infondata e persino grottesca [...] Questa ipotesi non trova e non troverà mai riscontro in una nostra delibera, comportamento o dichiarazione. Non posso accettare che venga messa in discussione l’autonomia e l’indipendenza della nostra banca dalla politica». Poi, una seconda volta, in un’intervista al direttore del Sole24 Ore, Ferruccio De Bortoli: « del tutto scorretto attribuire al mio rapporto di amicizia con Prodi, che risale ai tempi degli studi post universitari e che è cresciuto grazie alla frequentazione comune di un grande amico, Beniamino Andreatta, significati che trascendono la sfera personale. Da quando ho assunto la responsabilità di una banca non c’è stata una sola decisione che sia stata adottata su pressioni del mondo politico. E aggiungo, per quanto mi riguarda personalmente, che mi sono sempre inibito di partecipare a manifestazioni politiche. Non ho mai firmato un manifesto. Con una sola eccezione, quello in difesa della Costituzione che è la carta dei valori di tutti gli italiani». [nr] I sospetti intorno alle intenzioni di Bazoli si basano tuttavia anche sulla filosofia che lo stesso Bazoli ha con insistenza pubblicizzato: l’inclinazione verso un capitalismo «temperato di taglio europeo » piuttosto che verso un «capitalismo aggressivo all’americana» (Fubini). Dice lo stesso Bazoli, sempre a De Bortoli: «L’interesse generale è conciliabile con quello aziendale. Ne parlai presentando un libro sul Mediocredito Centrale. Citai in quell’occasione una frase di Giordano Dell’Amore, banchiere cattolico e liberale. Gliela ripropongo. Scriveva Dell’Amore: ”Senza dubbio ogni banca deve mantenere il proprio equilibrio finanziario, e assicurare la copertura dei costi di gestione con una adeguata remunerazione dei capitali investiti. Ma occorre ispirare tutta la politica di raccolta e di impiego al dovere di concorrere al massimo grado nell’accelerare lo sviluppo economico”. Io ho sempre creduto che un progetto aziendale possa essere inquadrato in un più ampio disegno di carattere etico-civile». Tabacci: «Se Alessandro Profumo dice che cerca di creare valore per gli azionisti internazionalizzando la banca, chapeau. Ma se invece uno mi dice che vuole fare banca nell’interesse del Paese e qual è questo interesse lo decide lui, allora non mi va più bene. Penso che sia mosso da obiettivi di solo potere » (a Danilo Taino). Secondo Mario Monti la ricorrente 38 questione non riguarda solo Bazoli, ma tutto il sistema bancario così come è andato configurandosi negli ultimi quindici anni: «In passato si diceva che lo Stato fosse una sorta di banca occulta, data la grande attività finanziaria che svolgeva. Oggi si guarda alle banche come a una forma di governo occulto». Federico Fubini: «Dagli anni Trenta ai Novanta, le banche sono state di proprietà pubblica e di dimensioni modeste. Lungi dall’influenzare il governo, ne erano pesantemente condizionate. Di più: per tutto quel tempo, le banche non hanno potuto assumere partecipazioni, salvo Mediobanca che, proprio per questo, si è posta al centro dell’alta finanza. Le banche sono arrivate al potere in seguito a tre trasformazioni ormai storiche: la privatizzazione, che ha emancipato il credito dalla politica; la concentrazione, che ha reso più forti gli istituti maggiori; il Testo unico del 1993, che ha autorizzato le banche a prendere partecipazioni nelle imprese, una svolta che sarà ampliata con l’applicazione dei principi di Basilea 2. Ma l’allarme odierno ha anche una ragione vicina: la fusione Intesa-Sanpaolo, che forma un soggetto forte del 20% del mercato domestico del credito e propenso a utilizzare gli spazi aperti nel rapporto con le imprese, con ciò proponendosi come il vero concorrente del sistema Mediobanca, ormai privo della coesione dei tempi di Enrico Cuccia e dell’Iri». [ns] Profumo, incorporando Capitalia (settembre 2007), si trovò in possesso, attraverso Mediobanca, di un ulteriore pacchetto di Generali. E Generali possiede il 5% di Intesa. Nonostante le assicurazioni di Profumo e Geronzi, Bazoli rispose a questa incursione con grande aggressività, acquisendo a sua volta un 4% di Unicredit. Sull’altro problema provocato dall’incorporazione - e cioè il conflitto di interessi tra Unicredit e Mediobanca - Bazoli, ancora con De Bortoli, si espresse così: «’ da sempre pacificamente riconosciuto che il problema di Mediobanca consiste nell’esistenza di un conflitto di interessi con le banche azioniste. A me pare che il problema si aggravi passando da due banche a una sola, anche se con una partecipazione dimezzata”. Ma, mi scusi, professore, Intesa Sanpaolo non era disponibile a entrare nel capitale di Mediobanca? ”Abbiamo letto che questa ipotesi è stata esclusa in ragione del conflitto di interessi in cui ci saremmo trovati. Noi siamo d’accordo, ma le stesse considerazioni dovrebbero valere anche per tutti gli altri istituti di credito. A questo riguardo, sembrerebbero possibili due soluzioni: o la nuova banca riduce in modo significativo la propria partecipazione in piazzetta Cuccia (assicurando così pienamente l’autonomia della merchant bank), oppure - non sembri paradossale quello che affermo - meglio che Mediobanca diventi, a tutti gli effetti, la merchant bank del gruppo Unicredit. Ma, in questo caso, dovrà evidentemente essere risolto il problema della partecipazione in Generali. Delle due soluzioni, è evidentemente preferibile quella che vede Mediobanca operare in piena autonomia e indipendenza”». [nt] Il contrasto al tentativo degli Angelucci di impadronirsi dell’Unità (poi effettivamente fallito) va letto nel quadro della lotta per il controllo del comparto finanziario con Cesare Geronzi, «sulla carta arcinemico» (Madron), e gran protettore degli stessi Angelucci. «Nella concezione della gestione dei processi di potere di Bazoli, i giornali sono uno strumento essenziale anche per costruire nuovi equilibri, e non solo editoriali» (Il Foglio) • In questo senso, cruciale è il ruolo di Bazoli all’interno del patto di sindacato Rcs. Battuto in occasione del defenestramento di Folli, scavalcato da Mieli nel giorno dell’endorsement a Romano Prodi (editoriale dell’8 marzo 2006, che gli avrebbe provocato grande irritazione), s’è poi rifatto favorendo l’ingresso nell’azionariato (ma non ancora nel patto) dell’imprenditore Giuseppe Rotelli, vicinissimo a Bazoli. Costui, rilevando le azioni Rcs di Ricucci, ha quasi raggiunto una partecipazione del 10 per cento, terza dopo quella di Mediobanca e della Fiat. Essendo potenzialmente anche questa una zona di conflitti d’interessi, Bazoli s’è detto d’accordo con l’idea di Profumo di abbandonare ogni partecipazione editoriale e di conferire le quote a una Fondazione (vedi MARCHETTI Piergaetano). Per ora non è successo niente • Aveva in progetto di fondere la sua Mittel (di cui è presidente e che ha in portafoglio, tra l’altro, l’1,3% di Rcs) con la Hopa di Emilio Gnutti, grazie all’appoggio di Zaleski e del Monte dei Paschi e con l’obiettivo di rafforzarsi in Telecom, ma l’operazione è sfumata per l’opposizione di Geronzi e per l’attiva azione di contrasto di Unipol, che hanno all’ultimo momento orientato la trattativa verso Palladio. Andata a monte anche questa alternativa, Mittel, assieme al fondo Equinox di Salvatore Mancuso, a luglio 2008 salva Hopa sull’orlo del fallimento rilevandone il 40% • Sul ruolo di Intesa nella vendita di Telecom, vedi TRONCHETTI PROVERA Marco. Sul ruolo di Intesa nella vendita di Alitalia, dove si è esposto soprattutto l’amministratore delegato Corrado Passera (con qualche eccesso che a Bazoli è dispiaciuto), vedi PRATO Maurizio. [nu] Vita Il nonno Luigi, come racconta lo stesso Bazoli a Francesco Anfossi, «dopo essere stato praticante nello studio di uno dei numi tutelari di Brescia, Giuseppe Tovini (fondatore di giornali, di scuole e del Banco Ambrosiano, e poi proclamato ”beato” - ndr), fondò un proprio studio legale, che chiuse nel breve periodo in cui fu deputato del Partito popolare, ritenendo che ci fosse incompatibilità ». In questo studio entrarono in seguito il padre di Bazoli, Stefano, suo zio Ercoliano e Ludovico Montini, fratello maggiore del futuro Paolo VI, pontefice col quale Bazoli ebbe grande familiarità • La madre Beatrice Folonari (dei Folonari industriali del vino) morì a soli 29 anni, quando Bazoli aveva tre mesi, in seguito all’infezione provocatale dalla puntura in viso di una spina di rosa • Il padre Stefano fu anche deputato della Dc all’Assemblea Costituente. Il fratello, Luigi, militava nella sinistra Dc, assessore all’Urbanistica di Brescia e nemico di Prandini. La cognata Giulietta Banzi (moglie del fratello Luigi) fu tra le vittime della strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 • Dopo la laurea in Legge, esercita la professione di avvocato nello studio di famiglia a Brescia, insegna Diritto pubblico all’Università Cattolica e, nel 1974, entra nel Consiglio d’amministrazione del Banco San Paolo di Brescia (di cui poi diventerà vicepresidente). La svolta nel 1982: a giugno Calvi viene trovato impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri di Londra e poco dopo si deve provvedere alla liquidazione dell’Ambrosiano. Quattro banche private 39 ricorrente (Popolare di Milano, San Paolo di Brescia, Credito Romagnolo e Credito Emiliano) si dichiarano pronte a farsi carico del 50% del Nuovo Banco Ambrosiano. L’altro 50% resterà in mano alle tre grandi banche pubbliche, Bnl, San Paolo di Torino e Imi. Le quattro banche private, su suggerimento di Nino Andreatta, indicano come loro garante il poco conosciuto Bazoli. Bazoli racconta di aver molto esitato ad accettare e di essere stato convinto da Ciampi. Alla sua obiezione: «Non ho nessuna esperienza economica, sono laureato in Legge», Ciampi, che in quel momento era governatore della Banca d’Italia, rispose: «Si figuri che io sono laureato in Lettere». [nv] Resta il rapporto molto stretto con la Chiesa: Bazoli è tra i più fervidi partecipanti al Gruppo Cultura Etica e Finanza che si riunisce in via Broletto sotto la supervisione di monsignor Attilio Nicora. «Qui Bazoli si segnala come il predicatore più acceso della crociata contro la finanza laica e il suo nume Enrico Cuccia» (Il Foglio, ma vedi soprattutto Giancarlo Galli Finanza Bianca. La Chiesa, i soldi, il potere Mondadori, 2004). Comincia, in effetti, una guerra con Cuccia. L’uomo di Mediobanca - molto pessimista sulla scelta di Bazoli per il Nuovo Banco Ambrosiano («è come allacciarsi un cappotto partendo dal bottone sbagliato») e sullo stesso destino dell’operazione di salvataggio («non ho mai visto una banca fallita sopravvivere a se stessa») -, quando il nuovo istituto prende a marciare (a fine 85 il titolo tornò in Borsa, nell’86 fu annunciato agli azionisti il ritorno all’utile e al dividendo), tenta di ridurlo sotto il suo controllo: nel 1989, la Popolare di Milano cercò di vendere la sua quota alle Generali e Bazoli riuscì a dirottarla, invece, sul Crédit Agricole. Nel 94 la Comit provò a lanciare un’Opa sul Nuovo Banco Ambrosiano, «respinta al termine di alcuni giorni che furono tra i più drammatici dell’intera mia esperienza ». «Nel 97 infine la Comit si contrappose a noi nell’acquisto della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde (Cariplo)», venendo però sconfitta • La banca di Bazoli, intanto, era cresciuta tumultuosamente: nell’89 s’era fusa con la controllata Banca Cattolica del Veneto dando vita al Banco Ambrosiano Veneto. L’Ambroveneto aveva poi comprato la Banca di Trento e Bolzano e, al sud, aveva incorporato Banca Vallone, Citibank Italia, Banca Marsicana, Società di banche siciliane e, dopo l’acquisto di Cariplo, la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza (98). L’attacco vittorioso alla Cariplo del 97 era avvenuto in un momento in cui i rapporti con Cuccia s’erano addirittura rovesciati e i due erano diventati amici. Bazoli ha raccontato a Massimo Giannini: «Con Cuccia si era instaurato un rapporto così positivo e confidenziale che io gli avevo parlato della nostra intenzione sulla Cariplo. Lui mi aveva incoraggiato a procedere. Senonché, all’ultimo momento, spuntò un’offerta concorrenziale, ricalcata sulla nostra, da parte della Comit. Cuccia allora mi scrisse e prese esplicitamente le distanze da tale iniziativa. Il giorno dopo la Fondazione Cariplo approvò all’unanimità la nostra offerta». Fu Cuccia stesso a consegnare la Comit a Bazoli, nel 1999, ponendo come sola condizione che Intesa (il nome che l’istituto aveva assunto dopo l’acquisto della Cariplo) uscisse dal capitale di Mediobanca, nel quale era presente - come Ambrosiano - fin dalla Fondazione. Il consenso pressoché plebiscitario all’Opa sulla Comit portò Intesa al primo posto tra i grandi gruppi bancari italiani, con cento società, 4.300 sportelli, 73 mila dipendenti. [nw] All’inizio del decennio parve cadere in disgrazia: «Si è ripreso la ribalta della finanza italiana lunedì 9 settembre 2002, dopo un lungo periodo in cui la sua immagine sembrava sempre più appannata. Il ritorno del presidente di Banca Intesa è stato sancito da due fatti distinti. Il primo, più clamoroso, avvenimento è il successo ottenuto nel fuoco di sbarramento contro l’ingresso dell’imprenditore Salvatore Ligresti nella stanza dei bottoni del maggiore quotidiano nazionale, il Corriere della Sera. Il secondo fatto, altrettanto rilevante per la scena finanziaria, è l’alleanza stretta dal suo istituto con la banca d’affari francese Lazard. Il tratto che unisce questi due avvenimenti è l’avversario comune che, su entrambi i fronti, Bazoli si è trovato davanti: Mediobanca e il suo numero uno Vincenzo Maranghi. L’istituto di piazzetta Cuccia era infatti lo sponsor più importante dell’ingresso di Ligresti nel patto di sindacato che governa la Hdp, la holding a cui fa capo il Corriere. Ma Mediobanca è anche la principale banca d’affari italiana, ed è stata proprio Lazard, negli ultimi anni, a insidiarne la leadership. Per risorgere Bazoli ha lavorato duro per molti mesi. Il suo annus horribilis aveva raggiunto il punto più basso quando aveva subìto la dura reprimenda del governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio. L’accusa: una finanziaria da lui presieduta, la Mittel, protagonista della scalata ai danni di Montedison, aveva fatto da apripista all’arrivo in Italia del colosso francese dell’elettricità, la Edf. Ma già i mesi precedenti erano stati contrassegnati dalle cattive notizie. Nel gennaio del 2001, infatti, ancora Fazio aveva detto di no al progetto di fusione tra Banca Intesa e Unicredito. Sul fronte domestico, invece, il professore bresciano aveva dovuto arginare i tentativi della Casa delle Libertà di aprirsi una breccia più ampia nel principale azionista italiano di Banca Intesa, la Fondazione Cariplo, nonché far fronte alla crisi nei conti del proprio istituto, appesantiti fra l’altro dai crediti concessi a società, come la Enron, travolte dalla crisi e dagli scandali. Bazoli e il nuovo amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, hanno così dovuto lavorare su molti aspetti. Già ai tempi della scalata di Montedison, Bazoli si era cosparso il capo di cenere e aveva accolto gli inviti di Fazio, accettando di entrare assieme a Banca di Roma e Sanpaolo Imi nella nuova Italenergia, al fianco di Fiat ed Edf. Il secondo passo era stato l’ingresso come socio finanziario in Olimpia, la scatola creata da Marco Tronchetti Provera e dai Benetton per prendere possesso di Olivetti-Telecom » (Luca Piana) • L’ultima operazione, quella che dà il profilo definitivo alla banca, è la fusione col San Paolo di Torino deliberata il 1° dicembre 2006. Con questo atto Intesa diventa la prima banca italiana (lo resterà fino all’incorporazione di Capitalia da parte di Unicredit) con 5.500 sportelli, 13 milioni di clienti, un valore di Borsa superiore ai 65 miliardi di euro, 500 miliardi di attivi e 300 di raccolta. Bazoli viene confermato presidente del consiglio di sorveglianza del nuovo grande gruppo, che adotta la governance duale • Tra le altre, numerose cariche, ha quella di presidente della Fondazione Cini di Venezia. Insegna Diritto amricorrente 40 ministrativo alla Cattolica di Milano. anche docente di Istituzioni di diritto pubblico. Cavaliere del Lavoro, Ufficiale della Legion d’Onore • Per gli amici ”Nanni” • Ѐ al quinto posto tra i banchieri più pagati d’Italia: nel ha guadagnato oltre 11 milioni di euro, compresa l’ indennità speciale di fine mandato per la presidenza di Banca Intesa• sposato con Elena Wührer (della famiglia produttrice della celebre birra). Hanno tre figli. [nx] Frasi Luigi Accattoli, vaticanista del Corriere della Sera, recensendo Mercato e disuguaglianza (Morcelliana, 2004): «Lasciato a se stesso, il mercato - osserva Giovanni Bazoli uomo di banca - ”aggrava le disuguaglianze” tra i popoli della terra e quello ”globale” non si sottrae a tale destino. C’è la possibilità - chiede il Bazoli giurista - che la società regolamenti il mercato in modo da indurlo non solo a creare ricchezza ma anche uguaglianza? Questa possibilità dev’esserci, risponde il Bazoli cristiano» • «La storia quasi sempre riscontra una grande distanza tra l’utile e il giusto, ma noi uomini abbiamo il dovere di continuare a credere e a impegnarci perché tale distanza sia colmata, anche quando ci sembra incolmabile» (da Giustizia e uguaglianza, Morcelliana, 2005) • «Occorre impegnarsi ben più che a non danneggiare gli altri, a rispettarli sempre; ben più che ad osservare le regole esistenti, a controllare dentro di sé le spinte egoistiche alla ricerca smodata del denaro e del potere. . A maggior ragione ciò risulta vero nell’ operare in un settore, come quello dell’ economia e della finanza, che è istituzionalmente rivolto alla produzione di beni e vantaggi materiali e dove quindi il successo professionale viene misurato sul metro di tali risultati. Per questa ragione, nel tracciare un bilancio della mia vita professionale, penso che l’ essermi impegnato a dare una testimonianza, sia pure modesta e imperfetta, di correttezza nel raggiungere i risultati valga più dei risultati stessi» (da Le motivazioni di un protagonista, in Atlantide, agosto 2008). «Se guardiamo alla prova fornita sotto il profilo etico dagli imprenditori cattolici italiani negli ultimi decenni, dobbiamo riconoscere che essa è risultata alquanto deludente, così da indurre ad una risposta dubitativa. Invece di riscontrare comportamenti esemplari, si è dovuta lamentare persino l’inosservanza di quei valori etici ”minimi’, che sono radicati nella coscienza comune e che sono codificati nelle leggi. La diffusione di pratiche illegali nei rapporti tra affari e politica era accettata dai più come normale o inevitabile, senza suscitare una tempestiva attenzione e una forte reazione di rigetto da parte del mondo cattolico». [ny] Commenti «Il Bazolismo è un singolare fantasma che, dopo la fusione Intesa-Sanpaolo Imi, si aggira per l’Italia virtuale dei giornali, ma non solo. Secondo questa teoria, il banchiere Giovanni Bazoli sarebbe riuscito a costruire la prima banca italiana grazie ai favori del premier (Prodi - ndr), come lui cattolico democratico e allievo di Nino Andreatta. E ora, con l’aiuto delle fondazioni bancarie egemonizzate dal fido Giuseppe Guzzetti, il campione nazionale si accingerebbe a esercitare la sua influenza su tutta l’alta finanza» (Massimo Mucchetti) • «Il liberal bresciano gli interventi ”politici” li auspica anche a dimensione planetaria: considera necessario che ”siano rafforzati sia i poteri sia la rappresentatività democratica dei maggiori organismi di governo soprannazionali” se vogliamo che ”le situazioni più gravi di disuguaglianza siano rimosse”. Egli ritiene sia compito dell’umanità di oggi, caduta l’utopia comunista, di trovare la via perché gli ”obiettivi solidaristici” risultino ”compatibili con quelli del mercato”» (Accattoli) • «Nei cenacoli spirituali Bazoli conta come un’icona teo. Conta pure in altri circoli, per esempio in quello del patto di sindacato Rcs che controlla via Solferino, dove il presidente di Banca Intesa è stato, almeno finora, proprio deus ex machina» (Denise Pardo). Politica A De Bortoli ha confermato che, alla vigilia delle Politiche del 2001, il gruppo dirigente del centrosinistra gli chiese di candidarsi contro Berlusconi. «Ho detto di no perché mi ritenevo impegnato ad assolvere fino in fondo la responsabilità che aveva assunto nella banca». Il cognato Sandro Fontana (ha sposato l’altra sorella Wührer) ha spiegato: «Se glielo chiedesse un vasto schieramento dell’Ulivo e se l’invito avesse il tono di una richiesta di servizio al paese, allora è possibile che accetterebbe. Poi però dovrebbero anche consentirgli di farsi un programma di governo come vuole lui» • stato lui, con Andreatta, a spingere Prodi in politica (metà anni Novanta) • «Bazoli è al centro di molti snodi unionisti: relazioni eccellenti con Piero Fassino, con Carlo De Benedetti, con i quarantenni della Margherita Enrico Letta e Filippo Andreatta» (Il Foglio). Di Enrico Letta fu lui, nel 2006, a preannunciare la promozione a sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. [nz] Tifo tifoso del Brescia: «Tifoso focoso, di quelli che preferiscono la gradinata alla tribuna d’onore perché gli piace discutere con la gente. Anche se col passare degli anni la comodità vuole la sua parte e rende più sopportabile lo sforzo dell’autocontrollo, pedaggio che Bazoli si impone in tribuna » (Enrica Speroni) • «Mi piace vedere il Brescia giocare bene. Sono appassionato, sono tifoso, ma se non c’è bel gioco vado in altri stadi. Giocare soltanto per il risultato non mi piace. Sono refrattario a una mentalità cinica, al risultato separato dal modo in cui lo si ottiene».