Maria Corbi, La Stampa 24/9/2008, 24 settembre 2008
l Divo Berti, di nome Fabio, classe 1966, professione pilota ma anche sindacalista-kamikaze, segni particolari: piacione
l Divo Berti, di nome Fabio, classe 1966, professione pilota ma anche sindacalista-kamikaze, segni particolari: piacione. Nel senso che piace, Fabio, e su Yahoo a lui è dedicato un forum con ragazze in estasi. Dice Irene: «Mi bastato intraverderlo in tv per notare quanta luce emette!». Eccolo Fabio a Porta a Porta a battibeccare con la comandante-nemica Antonella Celletti, nessun capello in sciopero (come direbbe Fiorello), una mise da cerimonia, con abito blu e cravatta, parlata lenta, ottimista: «Sono sicuro che alla fine si arriverà ad un accordo». Sulla catastrofe in volo annunciata causa stress contrattuale dei piloti rassicura: «Non l’ho mai detto, chi viaggia non deve preoccuparsi Il riferimento ai pericoli legati alla sicurezza era legato esclusivamente a ipotetici futuri contratti che non tengano sufficientemente in considerazione i livelli di fatica e stress degli equipaggi»». Una sicurezza esemplare, nessuna concessione al nervosismo. «E’ sempre così», assicura chi lo conosce e ha condiviso con lui l’esperienza da parà. «Sempre il primo della classe, molta voglia di arrivare». Insomma un personaggio in bilico tra eroismo e follia con una moglie che è la sua prima sostenitrice ( «non voglio parlare, qualsiasi cosa chiedete a lui») e un padre da emulare, Aurelio comandante ai tempi del Caravelle, il primo jet per il corto raggio, e poi addestratore. Un mito per Fabio a cui ha passato la passione del volo e del rischio. A 16 anni pilotava già un aliante e a 17 anni conseguiva il brevetto presso l’Aero Club dell’Urbe. Intanto studia, liceo scientifico, e quando si diploma parte per Pisa. Professione parà. E la sua formazione da pilota continua fino all’assunzione all’Alitalia ventun’anni fa. Si iscrive all’Anpac dove comincia dal Dipartimento Tecnico come responsabile della ”Charting Commission”. Si capisce da subito che studia da leader, che non gli dispiace per niente questo impegno «politico» oltre divisa. Intanto si sposa, ha due bambine, va a vivere a a Casalpalocco, quartiere residenziale affollato di calciatori e piloti, in una una stradina silenziosa, con le aiuole sempre innaffiate che detiene però il record di ville svaligiate. Alitalia viaggia tra alti e bassi ma la vita di Fabio Berti viaggia senza scossoni: vola su medio e lungo raggio, su B747 e su DC9 e sale i gradini del sindacato: eletto nel 2004 al primo mandato con l’84 per cento dei consensi e nel nel maggio 2007 con il 93% dei consensi con un programma preciso: «Essere il leader dell’Associazione dei piloti maggioritaria nel contesto nazionale, unica riconosciuta a livello internazionale, significa avere una grande responsabilità nella tutela della professione e nella salvaguardia della stabilità delle aspettative di migliaia di famiglie italiane». Anche se questa seconda volta sia consensi che numero di partecipanti al voto sono nettamente più bassi dell’elezione di esordio. Risultato comunque bulgaro (nei numeri) che si spiega con il chiodo fisso di Berti: la qualità della vita dei piloti. Che per un comandante della sua anzianità e soprattutto sindacalista è un ottima qualità della vita. Con uno stipendio da Cud di 115.814 euro e alcuni vantaggi fiscali che derivano dal distacco all’Anpac e che portano netti in tasca all’anno alcune decine di migliaia di euro in più di un comandante senza impegno sindacale. Ore volate? Più difficile saperlo anche se sbirciando tra i regolamenti si capisce che non sono più molte visto che un pilota di lungo raggio che svolge anche attività sindacale non può volare più di sei giorni al mese, un terzo di quelli volati dai piloti «normali». Un comunicato dell’Anpac spiega che «il Comandante Fabio Berti svolge regolarmente attività di volo di linea su aeromobile B777 della società Alitalia, come risulta dal libretto di volo certificato dall’Enac». Dati che in questi giorni di venti di fallimento fanno gola a chi combatte la linea oltranzista del comandante Berti. Si dissocia la Celletti e tanti come lei che non hanno nessuna intenzione di fallire e neanche di consegnare all’azienda la propria liquidazione. E parte il linciaggio mediatico contro quella che molti ormai chiamano «la casta dei piloti» e contro il loro capo Berti, un don Chisciotte moderno.