Corriere della Sera 24/9/2008, pagina 43., 24 settembre 2008
Lettera. Corriere della Sera, mercoledì 24 settembre Caro Romano, confesso una certa ammirazione condita da invidia per molti aspetti della struttura politica americana (snellezza delle procedure, numero dei partiti di peso e dei parlamentari, ecc
Lettera. Corriere della Sera, mercoledì 24 settembre Caro Romano, confesso una certa ammirazione condita da invidia per molti aspetti della struttura politica americana (snellezza delle procedure, numero dei partiti di peso e dei parlamentari, ecc.). Su di un punto non sono per nulla ammirato: la scelta della figura del vicepresidente, la persona che guiderebbe la principale potenza mondiale, in caso di impedimento di chi non solo è stato scelto ed eletto, ma che in ogni caso è noto e che certo una qualche esperienza e attrattiva deve pur averla! Il vicepresidente no, è scelto dal candidato più sulla base di quali vantaggi potrà portare in termini di voti, piuttosto che per le capacità e conoscenze che può vantare. Il garante è sempre chi potrebbe essere sostituito, ma se penso ad alcuni personaggi che hanno ricoperto la carica nell’arco degli ultimi decenni, mi vengono i brividi e prego per la salute del presidente americano. Paolo Sassi Nel sistema politico americano il vicepresidente è un paradosso. Esercita funzioni modeste (il caso di Cheney è una eccezione), ma diventa importante se il presidente muore prima della fine del mandato. Occorrerebbe sceglierlo, quindi, in funzione di questa possibilità. Ma il candidato alla presidenza non ama pensare alla propria morte e sceglie il compagno di viaggio che, come lei osserva, può garantirgli qualche voto in più. miracoloso che il sistema, tutto sommato, abbia funzionato sinora abbastanza bene. Sergio Romano