Augusto Minzolini, La Stampa 24/9/2008, 24 settembre 2008
A volte per comprendere nelle fasi più confuse le logiche dello scontro politico bisogna rivolgersi ai personaggi più pragmatici, quelli che sono usi dire pane al pane e vino al vino
A volte per comprendere nelle fasi più confuse le logiche dello scontro politico bisogna rivolgersi ai personaggi più pragmatici, quelli che sono usi dire pane al pane e vino al vino. Ugo Sposetti, tesoriere dei Ds, è uno di quelli. E il personaggio venerdì scorso in uno dei corridoi della Camera sintetizzava con queste parole lo stallo nella trattativa per la vendita di Alitalia alla Cai: «Epifani quando ha deciso di rompere, ha preso una toppa e dietro il suo errore c’era lo zampino di Veltroni». Da allora, con il passare dei giorni, la Cgil e il vertice del Pd (sondaggi alla mano) hanno capito di aver «toppato» davvero e hanno tentato di riaprire la trattativa per non finire insieme ai piloti sul banco degli imputati del possibile fallimento. Hanno preso tempo, hanno parlato di inesistenti proposte straniere alternative alla Cai (l’unica che è arrivata sul tavolo del commissario Fantozzi è stata quella del presidente venezuelano Chavez), hanno chiesto l’intervento del governo. Alla fine, ieri Veltroni ha scritto una lettera a Berlusconi offrendo il suo appoggio per riaprire la trattativa ma continuando nel suo «j’accuse» contro il governo. Poi ha avuto un colloquio con il presidente della Cai Colaninno e un altro con Epifani e quest’ultimo si è sentito con Gianni Letta. Alla fine di questa girandola di incontri il segretario della Cgil ha dato il suo ok di massima: «Sono pronto a firmare ma ho bisogno almeno di avere una concessione normativa riguardante l’inquadramento dei piloti». Una richiesta che, nei fatti, sarebbe il contentino che dovrebbe dare un senso al «no» della scorsa settimana. Quel «no», però, in realtà aveva ben altre ragioni. La disponibilità di Veltroni all’accordo, infatti, se da una parte è un’assunzione di responsabilità, dall’altra è anche la dimostrazione che sul «no» della Cgil della scorsa settimana ha pesato anche l’atteggiamento del leader del Pd. La lettera, infatti, indirettamente ne svela la «ratio» politica. In sintesi: Berlusconi aveva dichiarato giorni fa che il segretario del Pd era «inesistente» (giudizio poi smentito dal premier) e il suo interlocutore ha voluto dimostrare per un’esigenza politico-umorale che, invece, esiste. Ha bloccato l’intesa con una Cgil che ha sposato una posizione paradossale (ha detto «sì» nel merito all’accordo e «no» all’intesa per solidarietà con i piloti); poi, tornato dall’America - pressato anche dai vari D’Alema e Bersani - il leader del Pd ha riaperto la trattativa. Solo che per dare la prova che «esiste», per dimostrare che il salvataggio di Alitalia non è solo merito del Cavaliere, Veltroni ha tenuto il Paese con il fiato sospeso per cinque giorni e messo a repentaglio una trattativa delicata che deve ancora chiudersi. Sono i rituali della politica italiana che purtroppo fanno a pugni con la velocità dei processi decisionali del mondo di oggi. « in atto un tentativo - è il racconto spietato di un ministro protagonista della trattativa con Alitalia - di recuperare la Cgil e la Cai, ma quest’ultima non dà margini sui piloti. molto chiusa. Comunque sulla Cgil l’accordo è possibile. Epifani vuole la cosiddetta foglia di fico per dare un senso a un sì che poteva pronunciare già la scorsa settimana. un classico, un rituale: normalmente la Cgil chiude sempre per ultima. Alla fine gli basterà una nota interpretativa. Comunque Veltroni con il suo intervento ha lasciato le impronte, ha dimostrato che dietro il no di Epifani della scorsa settimana c’era lui. Un «no» che era polemico con Berlusconi ma anche con D’Alema. L’elemento D’Alema ha pesato, infatti, nell’atteggiamento di Veltroni. Come pure in quello di Colaninno. Vedete non c’è stato nessuno scontro tra Berlusconi e il presidente della Cai. Ve lo dice un testimone oculare. Semmai il premier pensava che si potesse andare avanti anche senza la Cgil. Colaninno, invece, era sicuro di riportare, attraverso le sue aderenze tra i Ds (D’Alema, ndr), la Cgil su una posizione ragionevole. Ora se il «sì» della Cgil arriverà, la situazione si metterà al meglio. Com’è sempre stato nella logica di questa trattativa. Alla Cai, infatti, per chiudere l’accordo basta il sì della Cgil o quello dei piloti, anche se la cosa migliore sarebbe averli tutti e due. Adesso con la Cgil l’accordo è quasi fatto. Con i piloti è più difficile. Ma i piloti debbono stare attenti: se non firmeranno, la Cai potrebbe chiamarli ad uno ad uno e offrirgli un contratto equipollente a quello che avevano. E questo lo è. Chi rifiutasse, come prescrive la legge, non perderebbe solo il posto di lavoro ma anche gli ammortizzatori sociali. Resta l’assurdo che questi dieci giorni sono serviti solo alla Cgil e al Pd per rientrare. E magari ora diranno anche che l’arrivo di Lufthansa con una quota di minoranza del 25% previsto da tempo è un loro successo...». Veltroni, infatti, sta spingendo affinché i tedeschi arrivino subito. Ma se il leader del Pd punta ad intestarsi questo risultato, la trattativa con i partner stranieri ne potrebbe risultare penalizzata: un accordo adesso coi tedeschi non permetterebbe infatti di aprire un’asta con le altre compagnie straniere per vendere al meglio quel 25%. Inoltre gli esclusi, a cominciare da Air France, potrebbero far pressioni sulla Commissione europea per impedire che la nuova Alitalia decolli. Appunto, alla fine ci sono stati i soliti tatticismi a fini squisitamente politici e tante perdite di tempo. Ed è quello che ha dato fastidio a Berlusconi del comportamento di Veltroni. Non per nulla ieri diversi consiglieri del Cavaliere hanno ironizzato sulla lettera del leader del Pd. «Si è comportato come il maggiordomo che torna sul luogo del delitto per cancellare le impronte - ha osservato Paolo Bonaiuti - e ne lascia ancora di più». Mentre Cicchitto ha paragonato Veltroni ad «un romanziere del secolo scorso». E il Cavaliere? Non ha voluto esagerare per amore di trattativa. «Abbiamo perso tempo - ha spiegato ai suoi - perché Veltroni voleva avere un ruolo nell’intesa. Ha scritto una lettera per elencare delle ovvietà. Avrebbe fatto meglio a spingere Epifani a firmare l’intesa la scorsa settimana. Comunque per me l’importante è che l’Italia continui ad avere una compagnia di bandiera e penso che alla fine riuscirò in questo intento». Già, un altro esempio del «decisionismo» del Cavaliere e della «tortuosità» del Pd. Ora l’ultimo ostacolo restano i piloti che, se Epifani e Veltroni staranno ai patti, saranno messi in un angolo. Sulla categoria Gianfranco Fini ha già esercitato una sorta di «moral suasion». Poi domani ci sarà la pressione dei lavoratori che vogliono il «sì» all’intesa: «Saranno - prevede un altro degli strateghi del premier, Mario Valducci - 1500-2000 a Fiumicino. E firmeranno un documento per il sì all’intesa». Stampa Articolo