Guido Olimpio, Corriere della Sera 24/9/2008, pagina 14, 24 settembre 2008
Corriere della Sera, mercoledì 24 settembre Cosa nasconde la stiva del mercantile Iran Deyanat sequestrato dai pirati somali? Per i predoni del mare sostanze tossiche che avrebbero causato la morte di alcuni loro compagni
Corriere della Sera, mercoledì 24 settembre Cosa nasconde la stiva del mercantile Iran Deyanat sequestrato dai pirati somali? Per i predoni del mare sostanze tossiche che avrebbero causato la morte di alcuni loro compagni. Fonti africane parlano, invece, di armi destinate all’Eritrea. Teheran ribatte: bugie, si tratta di materiale industriale. La storia della Deyanat si è così trasformata in un caso internazionale. Con l’intervento di spie, improbabili mediatori, trafficoni avvolti da una atmosfera di mistero, resa ancora più spessa da notizie di terza mano e testi poco attendibili. il 21 agosto, il cargo iraniano di 44 mila tonnellate, proveniente da Nanchino (Cina) e diretto a Rotterdam (Olanda), è intercettato dai pirati nel Golfo di Aden. Il comandante è costretto a gettare l’ancora nel porticciolo somalo di Eyl, la Tortuga del Corno d’Africa. Da qui partono motoscafi veloci e un paio di navi-madre che una volta al largo mettono in mare le imbarcazioni corsare. Dopo qualche giorno – questa la prima versione – alcuni predoni rimasti a bordo si sentono male. Lamentano ustioni sulla pelle, perdita di capelli. E la situazione sembra peggiorare rapidamente: alcuni banditi sarebbero morti. A dichiararlo al Long War Journal Andrew Mwangura, che da Mombasa segue il traffico marittimo nella regione e afferma di aver ricevuto l’informazione dalla Somalia. Si muovono anche rappresentanti del Puntland che inviano una delegazione per controllare il mercantile. Vogliono capire se nel cargo ci sono davvero sostanze tossiche. O casse di fucili per l’Eritrea, come sostiene qualcuno. Ma gli emissari fanno un buco nell’acqua. L’equipaggio risponde che è impossibile aprire le stive in quanto sono chiuse «con una combinazione» e loro «non conoscono i codici ». Ma la spiegazione suona un po’ strana: cosa impedisce ai pirati di forzarle? A questo punto le ricostruzioni fantasiose si mescolano con la realtà. E ogni giorno che passa si aggiunge un tassello. I corsari, secondo il loro costume, fissano il prezzo del riscatto: 2 milioni di dollari. Teheran – si dice – accetta la trattativa e consegna 200 mila dollari di acconto a un intermediario mentre i media iraniani insorgono contro il lassismo occidentale davanti alle scorrerie nel Golfo di Aden. Il sequestro sembra vicino ad una soluzione ma, all’improvviso, il negoziato si interrompe. I pirati accusano gli ayatollah di aver fatto marcia indietro. Per un osservatore l’intoppo è dovuto a una mossa statunitense. Washington ha inserito la compagnia armatrice della Deyanat, la «Irisl », nella lista delle società sospettate di trasportare materiale strategico per l’Iran. Le speculazioni fanno salire la temperatura a Teheran. La stampa iraniana nega che sia mai avvenuta una trattativa, preannuncia querele contro Mwangura e sostiene che sono stati gli americani ad offrire 7 milioni di dollari ai pirati: una tangente per poter dare un’occhiata al mercantile e al suo carico. Impossibile avere conferme, i portavoce neppure reagiscono. Potrebbe essere una montatura o il tentativo di trasformare un arrembaggio in un caso per imbarazzare gli iraniani. I somali del Puntland, che hanno alimentato il giallo, insistono nell’affermare che a bordo, nascosto sotto coperta, c’è qualcosa di poco chiaro. Per questo «la Deyanat interessa a molte persone ». Guido Olimpio