Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Filippo Pappalardi, il papà dei due bambini trovati morti nel pozzo di Gravina di Puglia, è uscito dal carcere di Velletri e si trova adesso agli arresti domiciliari in casa sua a Gravina.
• Colpevole o innocente?
Questo lo dirà il processo, e fino all’ultima sentenza Pappalardi è innocente. Ma intanto si deve sapere che il Giudice preposto alle Indagini Preliminari – detto in sigla gip – ha notevolmente depotenziato l’accusa: Pappalardi non è più imputato di sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere, ma solo di abbandono seguìto da morte, un reato previsto dal codice e per il quale si può stare in galera anche otto anni, se, come in questo caso, la persona ritenuta responsabile dell’abbandono è un genitore.
• Quindi è colpevole almeno di questo. Altrimenti perché tenerlo ancora agli arresti dentro casa?
Guardi che lei continua a dire “colpevole” o ”innocente” ma qui stiamo parlando della carcerazione preventiva, cioè quella che precede il processo e che viene imposta all’imputato per impedirgli di scappare oppure perché non ripeta il reato o anche perché non inquini le prove. In questo caso e gli ultimi due pericoli sono da escludere. Non resta dunque che pensare al primo rischio. Cioè il gip, la dottoressa Giulia Romanazzi, pensa che l’imputato possa fuggire.
• Lei ci crede?
Io no. Io penso che la dottoressa Romanazzi non abbia voluto infierire sui suoi colleghi che hanno condotto le indagini. Adesso questi colleghi sono obiettivamente in difficoltà. Hanno insistito fino all’ultimo sul sequestro di persona seguìto da omicidio e occultamento di cadavere. Ma, per quello che è trapelato dalle indagini, questa ricostruzione si basa sulla dichiarazione di un bambino, del tutto priva di riscontri, e su due intercettazioni molto dubbie in cui secondo i giudici Pappalardi parla dei bambini come se sapesse che sono morti, ma che si possono interpretare anche in altro modo e che comunque sembrerebbero negate da altre intercettazioni nelle quali Pappalardi si dimostra convinto che i due bambini siano vivi. In una si mette addirittura a fare i conti sulle eredità che toccheranno ai suoi figli e fa la divisione comprendendo anche Tore e Ciccio. A difesa di Pappalardi sta il fatto che i corpi non presentano segni di percosse o maltrattamenti ed è difficile sequestrare qualcuno, ammazzarlo e buttarlo in un pozzo senza procurargli neanche un livido. I giudici purtroppo hanno difficoltà a fare autocritica e ad ammettere la propria pochezza, che è umanamente di tutti. Qualcuno ieri ha detto: « facile parlare adesso». Questo è vero. Però l’ostinazione nello sbaglio non serve a niente, se non a gettare discredito sugli stessi magistrati.
• Come pensa che siano andate le cose la gip?
«I bambini, verosimilmente, per sottrarsi alla consueta aggressività paterna e a una prevedibile consequenziale punizione, avrebbero istintivamente preferito la fuga». Così scrive, testualmente. E questo può sicuramente essere. Poi la dottoressa Romanazzi dice che Filippo avrebbe inseguito i figli a bordo della sua auto, ma li avrebbe «definitivamente persi di vista in zona via Ianora, cioè proprio lungo quella strada che insistentemente, ma tardivamente, il Pappalardi ha invocato, attribuendo l’avvistamento non a se stesso ma ad altre persone».
• Non ho capito.
Il giudice pensa che Pappalardi sia stato l’ultimo a vedere i figli dalle parti di questa via Ialora e che abbia desistito dall’inseguirli pensand «Tanto dopo tornano a casa, è una ragazzata». Quando s’è fatta notte fonda e Ciccio e Tore non erano ancora rientrati, è andato a denunciare la scomparsa e s’è vergognato di dire che lui li aveva visti e li aveva lasciati perdere. il famoso buco di due ore. La Romanazzi: «Non valeva la pena per “una bravata da ragazzini” mettere a repentaglio la propria reputazione di “buon padre di famiglia” e dunque rischiare la perdita dell’agognata potestà genitoriale in via esclusiva”». Regge. Il gip inquadra il comportamento dell’accusato nel contesto delle tensioni con la moglie, a cui un giudice precedente aveva tolto i bambini affidandoli al padre. Nello stesso tempo, mettendo sul tavolo questa ipotesi di ricostruzione, la Romanazzi demolisce il movente che il pm e la procura avevano cucito addosso al Pappalardi. E cioè il fatto che Filippo si sarebbe voluto disfare dei bambini perché la sua nuova compagna aveva già due figli da un matrimonio precedente, con Pappalardi aveva messo al mondo una bambina e, insomma, un prole di cinque ragazzini era troppa. A parte la pochezza della motivazione per un crimine tanto orrendo, il comportamento quella sera di Filippo non è necessariamente quello di un assassino. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 12/3/2008]
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