Francesco Ruggeri, Libero 12/3/2008, 12 marzo 2008
Chi non è più candidato o non si è ricandidato volontariamente ha diritto a un assegno pari all’80% dello stipendio mensile lordo da deputato o senatore moltiplicato per gli anni consecutivi passati in Parlamento
Chi non è più candidato o non si è ricandidato volontariamente ha diritto a un assegno pari all’80% dello stipendio mensile lordo da deputato o senatore moltiplicato per gli anni consecutivi passati in Parlamento. Cioè 9.362 euro all’anno (Camera) oppure 9.604 all’anno (Senato). Due soli anni da deputato valgono perciò 18.725 euro di liquidazione, da senatore 19.209. Mastella però, dopo 32 anni, prende 300 mila euro. Nel bilancio della Camera questo tipo di costo (liquidazione dei non più eletti) vale 25-30 milioni di euro. Al Senato sono già stati messi a bilancio 8,5 milioni. Altre liquidazioni impressionanti (tutte in lire): Veltroni, nel 2001, 234 milioni; Forlani, 439 milioni; De Mita (dopo un raro Aventino): 378 milioni. «In Italia la legge non vieta a onorevoli e senatori di svolgere attività esterne dopo l’elezione. Né esiste un tetto sui redditi da esse ricavati (in Usa è di 13 mila euro annui). Accade così che il reddito medio extraparlamentare ammonti a 61 mila euro, e il 16% degli onorevoli guadagni da fonti esterne più di centomila euro l’anno, il 6% più di 200 mila, l’1% più di un milione. Fra i due poli il 64,5% di chi viene eletto è composto da avvocati, imprenditori e professionisti. I quali conservano un reddito medio esterno di 113.500 euro, 106.600 e 100 mila a testa. Anzi, proprio grazie all’ingresso in Parlamento (e alle laute occasioni che ne derivano) il reddito extra nel primo anno sale in media per tutti del 51%, autonomi o statali che siano: +73% per gli avvocati, +80% per i professionisti, +102% per gli imprenditori, +127% per i magistrati. Persino dopo sei anni consecutivi di mandato, il reddito complessivo si mantiene più alto dell’originario: del 60% per gli imprenditori, del 27 e del 22 per avvocati e professionisti»