Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Su Alitalia c’è forse anche questo: che la compagnia potrebbe andare a remengo lo stesso per l’ennesima opposizione sindacale. Ieri Epifani ha detto che ci vuole una trattativa vera, i piloti minacciano, da quest’altra parte Gianni Letta ha dichiarato che di discutere il piano industriale non se ne parla, Colaninno, che sarà presidente della compagnia, ha detto che l’unica alternativa è la bancarotta e «che questo non sarà un normale confronto sindacale» e lo stesso Berlusconi alla fine ha sostenuto che «i sindacati non potranno dire no alla ragione, la nostra proposta è l’unica possibile, la nuova impresa ha le ali per volare». Senonché sono proprio dichiarazioni come questa che mandano in bestia i sindacalisti: essi non vogliono essere messi di fronte all’alternativa «prendere o lasciare».
• Ma c’è lo spazio per una discussione?
Non si direbbe. Ieri sera c’è stato l’incontro con i sindacati e il commissario di Alitalia, Fantozzi, ha fatto il quadro della situazione finanziaria: «A fine agosto Alitalia ha in cassa 195-200 milioni. A fine settembre saranno 30-50. Cinquanta milioni sono stati pagati alla Iata per evitare l’interruzione del servizio di biglietteria internazionale». Quindi se si arriva a fine settembre senza aver concluso nulla si chiude. Il sindacato questo non può non saperlo.
• Qual è la posizione della Cgil?
Epifani ha parlato ieri con Repubblica. Le dico le frasi-chiave dell’intervista: «Non possiamo accettare la logica del prendere o lasciare», «Aprire un confronto a partire dal piano industriale», «Nel decreto del governo ci sono problemi seri», «Le regole devono essere uguali per tutti».
• Mmmm. Non è che sia chiarissimo.
Contiene la chiave dell’accordo. I punti decisivi sono gli ultimi due, cioè «le regole devono essere uguali per tutti» e «nel decreto del governo ci sono problemi seri». «Le regole devono essere uguali per tutti» significa che quello che viene concesso ad Alitalia deve valere anche per le altre aziende in difficoltà. Tu dai ad Alitalia quattro anni di cassa integrazione e tre di mobilità? Devi prepararti a far lo stesso – eventualmente – anche con Enel, Telecom e forse anche con tutte le altre aziende, medie o piccole che siano. Insomma il sindacato sa che si preparano tempi durissimi e vuole approfittare della stretta di Alitalia per estendere il più possibile il campo degli ammortizzatori. La frase «nel decreto ci sono problemi seri» significa poi che il sindacato considera con allarme la possibilità, che viene concessa ad Alitalia, di sbarazzarsi di pezzi d’azienda o addirittura di singoli lavoratori cedendoli ad un’altra società. Epifani ha ricordato che normative di questo tipo stavano già nella legge Biagi e che la Cgil le avversò con tutte le sue forze. Se su questi due punti il governo si mostrerà flessibile, la Cgil ha l’aria di esser pronta ad accettare tutto il resto. I primi due punti – quelli relativi al “prendere o lasciare” e quello del piano industriale – sembrano piuttosto propaganda.
• La Cisl la pensa allo stesso modo?
La Cisl è in una difficoltà grossa: fu soprattutto Bonanni a far saltare la trattativa con Air France, che molti oggi – non si sa se a ragione – rimpiangono. Adesso Bonanni e i suoi sono concentrati sul problema degli esuberi: nessuno deve restare a casa e, possibilmente, i lavoratori in eccesso invece di andare al Demanio o alle Poste o all’Agenzia delle Entrate siano assunti dai Benetton o dai Colaninno, cioè non pesino sul contribuente. Mi pare una presa di posizione abbastanza disperata, certamente meno strategica di quella della Cgil.
• Perché dice che l’accordo con Alitalia fu fatto saltare dalla Cisl? Non fu fatto saltare da Berlusconi?
No, Berlusconi non aveva titolo per intervenire e adoperò Alitalia per farsi propaganda. Quelli che saltarono su contro Spinetta furono proprio quelli della Cisl, spalleggiati dalle sigle aziendali e dalla Cgil: non si ricorda che volevano far entrare tutti gli esuberi di Alitalia in Fintecna e che poi Air France accettasse di dividere con la stessa Fintecna la proprietà dell’azienda? Un’idea folle, che si proponeva di azzerare gli esuberi e soprattutto di far sopravvivere le sigle sindacali e la loro forza d’interdizione. Spinetta se ne tornò di corsa a Parigi, mandandoli a quel paese. D’altra parte ieri Passera, l’amministratore delegato di Intesa che ha preparato questo piano, ha detto di aver chiesto a Spinetta se la proposta di Air France sarebbe rimasta in piedi col petrolio a 120-130 dollari, invece che a 80. Dice che Spinetta gli ha risposto: «Ma figuriamoci». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport, 2/9/2008]
(leggi)