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 2008  settembre 02 Martedì calendario

La Stampa, martedì 2 settembre 2008 Il Ramadan si sta forse trasformando nella versione musulmana del Natale? La questione, affatto teologica, appassiona da anni due ricercatori dell’Università Bilkent di Ankara, Ozlem Sandikci e Shaver Omeraki, che gli hanno dedicato uno studio

La Stampa, martedì 2 settembre 2008 Il Ramadan si sta forse trasformando nella versione musulmana del Natale? La questione, affatto teologica, appassiona da anni due ricercatori dell’Università Bilkent di Ankara, Ozlem Sandikci e Shaver Omeraki, che gli hanno dedicato uno studio. Secondo loro il consumismo è penetrato nei comportamenti islamici, spesso legati a tradizioni locali, modificandoli a fondo: «La commercializzazione del Ramadan non è questione d’imperialismo culturale o disordine postmoderno. E’ piuttosto il risultato dell’ideologia consumista che ha contaminato Oriente e Occidente creando nuovi riti». «E’ difficile, ma credo che dovremmo usare questo periodo per la riflessione» osserva la studentessa Lubna Salah risalendo con le amiche in divisa azzurra Sultan Suleiman, la strada che costeggia le mura della città vecchia. Il bazar all’angolo con Nablus Road diffonde versetti del Corano, attraverso le suonerie dei telefonini. Ad inizio estate il responsabile commerciale della Nokia Middle East and North Africa, Chris Braam, ha annunciato il lancio di un «pacchetto Ramadan», cellulari dotati di musiche, preghiere e programmi religiosi per il mercato arabo che rappresenta circa un sesto del totale. Per quanto lontano dal significato sacro della ricorrenza, che celebra il nono mese del calendario musulmano durante il quale Maometto avrebbe ricevuto una rivelazione, il Ramadan del XXI secolo assomiglia parecchio al festival dello shopping natalizio dei cattolici, le offerte speciali, gli acquisti affannati dell’ultima ora, i truffatori nascosti dietro la barba canuta di Babbo Natale. Una settimana fa il ministero dell’Economia di Dubai ha nominato una speciale task force per monitorare i supermercati e sanzionare l’aumento dei prezzi, lievitati negli ultimi giorni. «C’è il rischio che diventi un brand, il marchio Ramadan» ammette Khaled spulciando i dvd del videonoleggio Fantastic di Ramallah dove va a ruba il calendario di Noor, la popolare soap opera turca, ospite fissa delle case arabe, nel mese di digiuno. Ma c’è chi dice no. L’estate scorsa Sanjana Ahmad, giovane ambientalista musulmana di Washington, ha fondato Ramadan Compact, comunità virtuale per la riscoperta simbolica dell’astinenza, terzo dei cinque pilastri dell’islam. Parola d’ordine «Buy Nothing Ramadan», non comprare nulla per Ramadan. In pochi mesi il blog (http://ramadancompact.blogspot.com/), ispirato al Compact di San Francisco, un movimento anticonsumista e no logo, è diventato il fronte del dissenso, politico più che religioso. Quest’anno Sanjana torna alla carica. Digiuno, scrive, vuol dire privazione: «Immagino Maometto consumare un pasto semplice di datteri, pane, yogurt, riparare i propri sandali anziché comprarne di nuovi, rifiutare lo spreco e vivere con semplicità. Proviamoci anche noi, proviamo almeno a magiare solo due o tre tipi di pietanze». Altro che i piatti pantagruelici suggeriti dalla rivista femminile degli Emirati Zharat Al Khaleej. «Il Ramadan 2008 è particolare, la grave crisi alimentare dell’estate ha lasciato Paesi interi senza cibo» continua Sanjana nel suo post. Al Cairo mezzo chilo di datteri sono passati in pochi mesi da 9 pounds egiziani, circa un euro, a 11,5. Le noci costano quanto sigarette pregiate. «E’ solo il primo giorno, ma gli affari non promettono» calcola Khader Natshes, il macellaio di Haneviim Street, uno dei templi dell’agnello di Gerusalemme Est, alla porta di Damasco. Il Ramadan coincide con l’apertura delle scuole e le massaie, per quanto responsabili della buona riuscita dell’itfar, tengono d’occhio il portafoglio. Secondo l’associazione dei commercianti sauditi gli incassi sono già il 35 per cento in meno del 2007. Vincerà il richiamo morale, l’austerity economica, o l’insostenibile leggerezza dell’essere consumatore? Per rispondere bisogna aspettare la fine di settembre, suggerisce sorridendo l’armeno Christian Manougian, il miglior parrucchiere di Gerusalemme Est. Il suo salone è deserto: «All’inizio sono vietate perfino le cure estetiche: tutto haram, proibito, fuorché comprare tonnellate di cibo e decine di litri d’olio per friggere. Ma gli ultimi giorni, quando le donne si accorgono dei chili che hanno messo su, allora sì che arrivano e non badano a spese». Francesca Paci