Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Trionfo del Movimento 5 stelle
Il Movimento 5 stelle ha stravinto le elezioni politiche del 4 marzo 2018, raccogliendo una percentuale di voti che s’aggira intorno al 33 per cento al Senato e che risulterà ancora più alta alla Camera, dove l’elettorato è più giovane, dunque teoricamente più vicino agli uomini di Beppe Grillo. L’altro vincitore delle elezioni è Matteo Salvini: ha preso più del 14% dell’ultima volta, ha superato Berlusconi - la cui parabola politica si può considerare definitivamente conclusa -, ha in tasca più del 17% dei voti e in via teorica potrebbe far maggioranza con il M5s e dar vita a un governo «populista», per usare l’aggettivo con cui nel corso della campagna elettorale si è fatto ricorso per bollare gli uni e gli altri. L’altra grande sconfitta della partita, oltre a Forza Italia, è la sinistra nel suo insieme, e non solo Matteo Renzi che dal 40% delle europee è precipitato a un misero 18%. Anche Liberi e Uguali che si proponeva baldanzosamente di punire il segretario del Pd e di accreditarsi come alternativa di una nuova rifondazione democratica è stato malmenato dagli elettori. Al Senato viaggia con una percentuale di voti di poco superiore al 3% ed è assolutamente possibile che alla Camera non superi neanche la soglia di sbarramento.
• Forse dovremo cominciare con i dati.
Certo. Chiariamo: stiamo riferendo le proiezioni Swg (quelle utilizzate da Mentana nella sua maratona) che si basano sul 40% delle sezioni scrutinate al Senato. Non sappiamo niente della ripartizione dei seggi, niente della Camera e niente dei vincitori dei collegi uninominali, dove le percentuali non sono così significative, dato che l’ingresso in parlamento si concede al primo arrivato anche se ha preso un solo voto più degli altri, anche se ha una percentuale di voti bassissima (ma più alta degli altri concorrenti).
• Certo. Sentiamo.
Cominciamo dalla classifica delle liste: M5s 33,6; Pd 18,3; Lega 17,4; Forza Italia 14,1; Fratelli d’Italia $; LeU 3,3; Più Europa 2,3; Potere al Popolo 1,2; Noi 1; Insieme e CasaPound 0,8 a testa; Civica 0,6. Se si prendono in considerazione le coalizioni, la classifica è questa: Centro-destra 36,5; M5s 33,6; Centro-sinistra 22,40; Leu 3,3.
• Chi ha vinto?
In teoria il centro-destra potrebbe reclamare da Mattarella un incarico, dichiarandosi come la coalizione più votata. Mi pare tuttavia assai improbabile che il presidente della Repubblica ipotizzi che un partito del 33-34 per cento possa andare all’opposizione. I timori della vigilia, che temevano un voto senza vincitori, sono stati di fatto smentiti. L’incarico deve essere dato, e siamo certi che sarà dato, a Di Maio. Sarà Di Maio a decidere se ci sono le condizioni per un’alleanza e quali possono essere i termini di questa alleanza. Del resto Alessandro Di Battista, in una delle prime dichiarazioni di stanotte, lo ha detto chiaramente: devono venire tutti a parlare con noi e secondo i nostri criteri di onestà e trasparenza.
• Andranno a cercare alleati a destra o a sinistra?
La Meloni ha già detto stanotte che lei non entrerà in nessun governo che non sia di centro-destra. Berlusconi e quelli di Forza Italia nel momento in cui scriviamo non hanno ancora parlato. I ministri presentati alla vigilia da Di Maio hanno una forte connotazione di sinistra, s’è parlato per esempio di ripristinare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Però il partito più vicino al Movimento 5 stelle è proprio la Lega, l’altro vincitore della tornata elettorale. Sommando i voti della Lega e quelli del M5s si supera il 50%, forse persino con abbondanza. Quindi una maggioranza, neanche troppo abborracciata, esiste. Lega e M5s hanno espresso nel loro programma posizioni simili, per esempio sui migranti o sull’Europa. Certo, Salvini voleva fare il premier, ma mi pare difficile che a Palazzo Chigi non entri Di Maio. C’è poi un altro punto, che vedremo meglio quando arriveranno i dati dell’uninominale. La sensazione è che il movimento 5 stelle abbia vinto largamente al Sud, dove potrebbe addirittura aver conquistato tutte i seggi del maggioritario. Mentre il centro-destra si direbbe largamente prevalente al Nord. Dunque, non si confrontano solo due forze politiche, ma addirittura due Italie. La trasformazione della Lega in partito nazionale rende meno problematica, forse, l’alleanza con Di Maio. C’è infine da mettere in conto anche il fatto che il tripolarismo ha l’aria d’esser finito. La batosta subita dalla sinistra è talmente forte che conviene per il momento non prenderlo neanche in considerazione. Siamo di nuovo in un sistema bipolare, dove si confrontano centro-destra e M5s. Anche questo quadro però potrebbe cambiare, se Salvini accettasse di far nascere un governo 5 stelle. In questo caso si deformerebbe anche l’aspetto del centro-destra che abbiamo conosciuto e comincerebbero a prender vita i due schieramenti che corrispondono alla vera divisione in essere: quella dei cosiddetti popolari-populisti (Lega+M5s e in questa definirizione metterei anche la Meloni) e quelli del vecchio establishment, che gli elettori hanno punito giudicandoli amici delle banche, inefficienti, corrotti.
• Nel Lazio e in Lombardia come è andata?
In Lombardia Fontana è in vantaggio su Giorgio Gori. Nel Lazio sta vincendo Zingaretti.
(leggi)