Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Bush ieri ha telefonato a Obama e a McCain, ha chiamato i parlamentari repubblicani che hanno votato contro il piano da 700 miliardi, ha rivolto un altro appello alla nazione (se le misure predisposte non saranno approvate i danni saranno «duraturi e dolorosi»), infine ha fatto capire che un piano simile a quello respinto dalla Camera sarà ripresentato al più presto. Pare che stavolta i deputati repubblicani – pentiti del voto contrario dell’altra sera – non si opporranno. Così Wall Street è andata bene e le borse europee pure: rialzi medi del 2 per cento e anche di più. Non ci sono nemmeno notizie, nelle ultime 24 ore, di fallimenti, i francesi stanno salvando Dexia, il governo irlandese ha garantito sei banche, gli inglesi sembrano decisi a nazionalizzare tutto quello che serve. Solo Milano è andata male: l’indice ha perso il 2,5 e Unicredit è precipitata 12,6 punti percentuali, anche se nel dopo Borsa gli operatori hanno ricominciato a comprare e il titolo ha guadagnato più del 3 per cento.
• Proprio di questo volevo parlare. L’Italia.
Intanto Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, ieri ha assicurato tutti che la banca non ha problemi: «Se anche non ricorressimo al mercato per 90 giorni, avremmo liquidità sufficiente». “Ricorrere al mercato” significa: chiedere soldi in prestito. La presenza di liquidità è quello che ci vuole in questo momento. Anche Draghi ha detto che il sistema italiano è poggiato su una base di liquidità ampia. Insomma, i soldi ci sono.
• E allora perché Unicredit va giù?
Guardi che l’andamento del titolo, soprattutto in un periodo breve, può non aver alcun rapporto con lo stato reale della società. Mentre alla lunga le blue chips (cioè le azioni principali) dànno sempre soddisfazione e ci sono serie statistiche che lo dimostrano inoppugnabilmente, i corsi di un mese o di una settimana possono essere molto ingannevoli. La Borsa vende perché pensa che domani il titolo costerà meno di oggi e quindi si potrà ricomprare a prezzo migliore (ci pensi: se vendo oggi a 10 e ricompro domani a 8 è come se avessi venduto oggi a 8 e ricomprato domandi a 10: il risultato è sempre +2). Nel caso di Unicredit ci sono le voci, che si rincorrono da un pezzo e dipendono principalmente dal fatto che quella banca – una grande banca – ha un importante comparto in Germania e nell’Europa dell’Est.
• Ma in generale il nostro sistema regge o no? Perché noi siamo sempre i peggiori di tutti e sarebbe strano che proprio ora..
Eppure potrebbe essere che, stavolta, risultiamo tra quelli messi meglio. Ci faccia cas finora ci sono stati default o interventi di salvataggio straordinario un po’ dappertutto, Inghilterra Francia Germania Belgio e Benelux. Da noi, a parte le chiacchiere sulla banca di Profumo, niente. Un po’ dipende dalla nostra arretratezza, e cioè i nostri banchieri e bancari non hanno poi tutta questa dimestichezza con i nuovi strumenti che hanno indotto la peste nel sistema. Quando ci hanno provato, hanno combinato pasticci e la magistratura se n’è accorta (penso ai giochini di De Bustis e della Banca 121 in Salento, per esempio). In secondo luogo, la nostra Banca d’Italia, quando ha perso il controllo sulla moneta, ha aumentato il suo servizio di vigilanza, che prevede la tutela della concorrenza e della stabilità. Concorrenza e stabilità fanno a pugni, ma alla nostra cultura la concorrenza è abbastanza antipatica e quindi sia il vecchio Fazio che il giovane Draghi hanno badato soprattutto alla stabilità, cioè che gli istituti stessero in piedi e non facessero troppe pazzie. I risultati, fino ad ora, si vedono.
• Proprio nessun guaio?
Ci sono 40 mila risparmiatori, quasi tutti in Lombardia, a cui s’è dissolto il gruzzoloi a causa del fallimento Lehman e liquefazione delle obbligazioni relative. Ci sono timori per il Crediop, che è controllato dalla francese Dexia. Dexia e Crediop prestano volentieri agli enti locali e i nostri enti locali hanno fatto parecchie frittate con i derivati. L’esposizione complessiva di Regioni, Province, Comuni è di 35 miliardi. Campania, Sicilia, Lazio e Marche sono rimaste impigliate in Lehman Brothers (2-3 miliardi), Milano ha 25 milioni depositati nella Depfa Bank (Irlanda) che non ha più soldi in cassa.
• Ma perché un’amministrazione si mette in guai simili?
Ristrutturano il debito, si fanno dare un po’ di denari e contano sul fatto che il peso della restituzione ricadrà su qualche amministrazione futura. un girone infernale e pericolosissimo. Tremonti ha congelato nei giorni scorsi qualunque nuova emissione. E comunque, se ci fosse il default di un’amministrazione pubblica, pagherebbe il Tesoro o la Cassa deposito e prestito. Il cittadino ne risentirebbe, certo, ma non in modo drammatico. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 1/10/2008]
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