varie, 1 ottobre 2008
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White Edmund
• Cincinnati (Stati Uniti) 13 gennaio 1940. Scrittore. Ha «[...] fatto della propria omosessualità “carne da romanzo” ( Il giovane americano, La sinfonia dell’addio, l’autobiografico My lives) [...] “Da teenager cercavo di leggere tutto quello che mi facesse sentire meno solo nella mia diversità, che potesse in qualche modo giustificarla. Purtroppo i primi libri che mi sono capitati sotto mano in biblioteca sono stati due libri ‘sbagliati’ come Morte a Venezia e la biografia di Nijinsky scritta dalla moglie in cui si descriveva Diaghilev come un diavolo e il grande danzatore come un santo traviato”. I personaggi difficili lo hanno, comunque, sempre affascinato (a Jean Genet aveva dedicato Ladro di stile) ma la loro, eventuale, omosessualità appare solo come un tassello, spesso minimo, di un ben più grande affresco. Nel suo Hotel de Dream [...] si è, ad esempio, cimentato con successo con la vita romanzata di Stephen Crane (autore del Segno rosso del coraggio): “Sono sempre più attirato dalle fiction storiche, soprattutto da quelle che hanno come protagonisti gli scrittori. I miei modelli sono The Master di Colm Toibín dedicato a Henry James o The blue flower di Penelope Fitzgerald dedicato a Novalis. [...]”. Impossibile, comunque, scindere l’esperienza letteraria di Edmund White da quella personale (è stato tra i primi a dichiararsi sieropositivo, ha fatto parte del gruppo di scrittori chiamati The Violet Quill poi letteralmente decimato dall’Aids). Eppure dice: “L’omosessualità resta un territorio praticamente inesplorato per un romanziere. Certo sono stati già scritti tanti romanzi gay, ma molti se ne potrebbero ancora scrivere. Penso, ad esempio, a una storia lunga trent’anni di due uomini, uno straight e l’altro gay, a volte vicini, a volte lontanissimi”. Lui, che dell’Aids ha fatto il protagonista dell’Uomo sposato, tiene però a chiarire: “Nel cosiddetto mondo civile, l’Aids uccide e continua a uccidere molto, ma nei Paesi del Terzo Mondo è una piaga terrificante [...] Un tempo ho molto amato Tondelli, non conosco però molto delle nuove generazioni di scrittori italiani; ora mi piacciono Barry McCrea, autore di The first verse, un giovane irlandese che insegna a Yale; René de Ceccatty con il suo Aimer; trovo terrificante Skin lane di Neil Bartlett”.[...] I suoi modelli oltrepassano [...] il confine del “genere”. Ad esempio, Susan Sontag: “È stata una mia carissima amica, poi è diventata una mia nemica, penso che i suoi romanzi siano goffi, ma i suoi saggi hanno formato ogni ‘testa pensante’ della mia generazione”. E poi Vladimir Nabokov: “Ha detto di aver ammirato il mio primo romanzo, Forgetting Elena; lo considero il più virtuoso e appassionato scrittore del ventesimo secolo”. Infine Christopher Isherwood: “Lo ammiro più per l’esempio di vita che per l’ispirazione letteraria, anche se credo che con il suo A single man del 1964 sia iniziata l’epoca della moderna letteratura gay”. Tra i critici cita ancora la Sontag: “È stata un modello, grazie a lei gli americani si sono avvicinati alla cultura europea”. Accanto a lei Roland Barthes, Cioran, W. G. Sebald, Michael Wood. [...] si illumina soprattutto quando parla delle sue passioni. Come la musica: “La amo tutta, da Mozart ad Alban Berg, da Pergolesi a Stravinskij. Se potessi avere una seconda vita, vorrei nascere musicista”» (Stefano Bucci, “Corriere della Sera” 1/10/2008).