Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Siamo alle battute finali del caso Alitalia. Ieri sera le parti hanno trattato stando sedute intorno a quattro tavoli diversi: piloti, assistenti di volo, personale di terra e, al quarto tavolo, questioni relative a lavoro, tutele e ammortizzatori sociali. Le posizioni erano così distanti, che a un certo punto la discussione s’è interrotta e membri del governo, commissario Fantozzi e vertici della Cai (la Nuova Alitalia) si sono riuniti nell’ufficio di Gianni Letta alla presidenza del Consiglio per esaminare il da farsi. Intanto i lavoratori manifestavano fuori dal ministero del Welfare e prendevano a parolacce i sindacalisti. Un operaio della Atitech di Napoli ha minacciato di darsi fuoco e ha dovuto placarlo Claudio Genovesi della Cisl. Alle dieci di sera è ricominciata la discussione e l’intenzione pare adesso quella di “fermare gli orologi”, una vecchia pratica sindacale e parlamentare che consente di andare avanti nella trattativa senza soste, come se il tempo si fosse bloccato all’ora prevista per la scadenza. In questi casi – in genere – non sono ammessi rinvii, si deve continuare a oltranza.
• Come mai non ci sarebbe più tempo?
Per la semplice ragione che i soldi sono finiti e nessuno può più fare ad Alitalia prestiti di alcun tipo. Il commissariamento della vecchia compagnia significa che Fantozzi non può mettere un euro sul tavolo senza l’autorizzazione del tribunale. Che la procedura seguìta sia bella o brutta, giusta o sbagliata, a questo punto conta il codice civile. Se non ci sono soldi in cassa e non ci sono compratori almeno della parte buona di Alitalia, bisogna fallire e occuparsi dei creditori. I lavoratori, in questo tipo di scenari, se ne vanno in genere in cassa integrazione e contano come gli altri creditori.
• Ma il compratore c’è. Non hanno costituito questa nuova società, la Cai, con 18 azionisti, che è pronta a comprare aerei, slot, personale e quant’altro?
Sì, ma la nuova società, oltre a non volere i debiti della vecchia, non vuole nemmeno i lavoratori alle stesse condizioni di prima. Cioè: Cai è pronta ad assumere un certo numero di dipendenti della vecchia Alitalia, ma, vuole che i contratti d’assunzione prevedano stipendi più bassi e produttività più alta. Cioè lavorare di più per guadagnare di meno. I tagli delle buste paga sarebbero del 25-40%, la produttività dovrebbe crescere di un terzo. Questo almeno dicono i sindacalisti. Perché poi ieri sera alle 21 e 59 è arrivato un comunicato della Nuova Alitalia (la Cai) che presenta la cosa così: «La proposta non prevede tagli salariali così come descritto da fonti sindacali ma elementi di discontinuità determinati dalla nascita di una nuova compagnia con la conseguente creazione di un nuovo sistema contrattuale. I criteri di determinazione della componente retributiva si basano su una nuova e diversa articolazione della parte fissa e di quella variabile del monte salariale, in un contesto di maggiori tassi di produttività».
• Bah. Se non è zuppa è pan bagnato.
Credo anch’io. Dunque stipendi tagliati – diciamo – del 30 per cento e lavorare di più. Senonché parecchi lavoratori si sono fatti i conti e hanno visto che, se vanno in cassa integrazione, guadagnano più o meno lo stesso, e senza faticare. Ieri si sono sentite parecchie grida rivolte ai sindacalisti: «Non firmate! Non firmate!».
• Che succede se non firmano?
Che Cai potrà chiamare i lavoratori uno a uno e procedere alle assunzioni mediante trattativa privata. Questo tipo di procedura ottiene di solito questo risultato: che i lavoratori assunti sono molti di meno, ma guadagnano come prima o addirittura più di prima. L’azienda globalmente risparmia e si tiene i migliori. Non è detto che i 18 azionisti privati non ci puntino.
• E se gli altri bloccano tutto e impediscono ad Alitalia di volare?
Le agitazioni sono già cominciate ieri. Per via delle assemblee e delle manifestazioni ci sono state 19 cancellazioni in arrivo e 13 in partenza. Coinvolte Zurigo, Sofia, Amsterdam, Barcellona, Vienna, Francoforte, Budapest, Ginevra, Nizza, Milano, Napoli, Pisa, Palermo. Ma c’è un altro rischio, ancora più alto. Potrebbe intervenire l’Ente per l’aviazione civile – Enac – e stabilire che la rottura delle trattative tra Cai e sindacati ha fatto venir meno i requisiti minimi di di sicurezza e continuità dei voli. Quindi potrebbe essere ritirato ad Alitalia il certificato di operatore aereo, cioè in parole povere la licenza. Senza licenza, i discorsi si potrebbero considerare finiti: Alitalia non sarebbe semplicemente fallita, sarebbe proprio morta. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport, 12/9/2008]
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