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 2008  settembre 12 Venerdì calendario

Corriere della Sera, venerdì 12 settembre Quando ho appreso dell’ormai tristemente nota risposta data dal senatore John McCain a chi gli chiedeva quante case lui e sua moglie Cindy possedessero, la prima impressione è stata quella di uno scherzo voluto

Corriere della Sera, venerdì 12 settembre Quando ho appreso dell’ormai tristemente nota risposta data dal senatore John McCain a chi gli chiedeva quante case lui e sua moglie Cindy possedessero, la prima impressione è stata quella di uno scherzo voluto. E lo ammetto: ho trovato che la sua replica (o presunta tale) – il candidato repubblicano alla Casa Bianca si sarebbe impegnato a chiedere al proprio staff di effettuare le dovute verifiche e «farvi sapere » la cifra complessiva – fosse a dir poco esilarante. Senonché, dopo qualche giorno tutti si sono immedesimati nel copione per cui McCain avrebbe suggerito che i poveri e i disoccupati di questo mondo «mangino brioche». Ecco perché ho ritenuto doveroso risalire alla fonte originale. Trattandosi di una registrazione audio, non era possibile analizzare l’espressione del volto e stabilire se fosse rimasto freddo e impassibile (come vuole la vulgata) o meno. Anche dal file audio sul sito web della rivista Politico ( www.politico.com), tuttavia, si evince con estrema chiarezza come McCain abbia liquidato la domanda come una questione risibile e/o l’abbia presa troppo seriamente, ossia come una richiesta del numero esatto di unità condominiali che figurano nel portafoglio immobiliare suo e della moglie Cindy. Ecco la risposta in versione integrale: «Penso... devo consultarmi con i miei collaboratori. Sono appartamenti in condominio, ve lo diranno loro». E con ciò? Mi ritengo più o meno un esperto di quelle che lo scrittore Joyce Cary ebbe a definire come tumbrel remark, «battute da ghigliottina». Trattasi di commenti sconsiderati da parte di individui spudoratamente ricchi, e di insensibilità tanto crassa da evocare, nell’animo di semplici operai e umili contadini, il pensiero di forche e ghigliottine. Se permettete, eccone qualche assaggio. La compianta Regina Madre che, scorrazzando a bordo di una Rolls Royce in un quartiere disastrato di Manchester, in Inghilterra, trasale al triste spettacolo che le schiude dinanzi e scandisce: «Non capisco neanche un po’ che senso abbia essere poveri ». Il duca di St. Albans che racconta a un intervistatore come uno dei suoi antenati avesse perso circa 50 milioni di sterline in una folle avventura speculativa nei bacini auriferi del Sudafrica, soggiungendo dopo una pausa: «Era una cifra molto grossa, all’epoca». O il duca del Devonshire che, criticato dal Times di Londra, annuncia in tono lagnoso e stizzito che non avrebbe mai più tenuto una sola copia di quel giornale «in nessuna delle mie dimore». Mi sono spiegato, no? quasi istintivo, per una serie di ragioni, credere che tutto ciò risulti più in sintonia con la upper class inglese; eppure, anche la realtà americana offre diversi esempi del fenomeno. Frugando tra i ricordi degli anni (ormai ben lontani) in cui studiavo a Oxford, riaffiora la figura di un «donatore » di Boston, tale signor Coolidge. Il quale, quando gli chiesi se per caso vantasse una parentela con l’omonimo presidente, reagì stizzito e scandì: «Beh, no. Credo che lui fosse uno dei Coolidge lavoratori ». Barbara Bush, madre dell’attuale presidente, immedesimatasi nella parte di cordiale padrona di casa con i profughi di New Orleans dopo le devastazioni dell’uragano Katrina, arrivò a dichiarare che essendo questi ultimi per lo più dei poveri disgraziati, vivere in uno stadio del Texas poteva «funzionare benissimo per loro». Si intuisce che cosa intendesse verosimilmente dire… Ma questo è il frangente, che stancamente si ripete ogni quattro anni, in cui non v’è esponente politico americano, uomo o donna che sia, che non si atteggi a scolaretto costretto ad andare a scuola a piedi nudi. Quest’anno, grazie al cielo, nessuno degli sfidanti alla Casa Bianca è originario di una cittadina sperduta (sebbene Bill Clinton a Denver abbia intonato il refrain del suo paesino dell’Arkansas, Hope, dove avrà trascorso sì e no un nanosecondo della propria esistenza). Il viscido Charles Schumer, senatore democratico dello Stato di New York, ha irreprensibilmente dichiarato alla rivista Politico di aver appreso da fonti sicure come John McCain «calzi scarpe da 500 dollari, possieda ben sei case e provenga da una delle famiglie più ricche del suo Stato ». Figurarsi se un uomo del genere esiterebbe mai a rifiutare sdegnato una donazione alla campagna elettorale da parte di una famiglia che, come quella di Cindy (non John, attenzione) McCain, rappresenta uno dei principali magnati della birra. O ad attaccare un candidato democratico con una consorte straricca. Basti ricordare come sia corso dietro a Teresa Heinz Kerry… Nel 2004, il fatto che quest’ultima e il senatore John Kerry possedessero ben cinque case diede un fondamentale contributo alla propaganda pseudo-socialista del Grand Old Party. E quest’anno, ahimè, i repubblicani non hanno saputo far niente di meglio che rendere pan per focaccia, puntando i riflettori sui copiosi redditi e la sontuosa villa del senatore Barack Obama (quest’ ultima acquistata con l’aiuto di un palazzinaro a dir poco losco di Chicago). In altre parole, hanno avvalorato la logica dell’attacco democratico, guidati soltanto dalla smania di poter scandire: «Anche voi!». Com’è infantile tutto ciò, e come sarebbe triste se anche solo una persona si lasciasse abbindolare. Che spettacolo infamante, e irrispettoso verso quanti, loro sì, hanno una vera battaglia da portare avanti… Ogni quattro anni, ci si accorge d’improvviso che le uniche persone di cui in America vale la pena occuparsi o parlare sono i malati, i disoccupati, chi è privo di copertura assicurativa, di uno stipendio dignitoso o di una casa, o un miscuglio di tutto ciò. La scorsa settimana, Bill e Hillary Clinton hanno continuato a blaterare di questi milioni di individui sfortunati e indifesi per due sere di seguito, a quanto pare senza mai prendere in considerazione il fatto che almeno una parte di essi deve aver vissuto e sofferto nel corso delle due amministrazioni Clinton. Come può un individuo con una testa pensante osservare inerte o prestare ascolto a tutte queste fandonie, o peggio ancora levarsi in piedi e sbracciarsi con entusiasmo, quando esse vengono ripetute per l’ennesima volta? Se mi dilungo in tali considerazioni, è soprattutto perché Barack Obama si è più volte spacciato per un candidato diverso da tutti gli altri, estraneo alla consueta idiozia a base di faziosità e colpi bassi. Eppure, sia lui che il suo running mate di fresca nomina si sono già prodotti in una serie di commenti demagogici circa i redditi e le proprietà immobiliari non soltanto del loro sfidante alla Casa Bianca, ma anche della sua consorte. Un ottimo lavoro, non c’è che dire. Non è passato loro neanche per la mente che John McCain possa semplicemente ignorare l’effettiva entità degli immobili di cui è comproprietario, magari per la semplice e buona ragione che, in fondo, non gli interessa più di tanto. Eh sì, ormai credo di saper distinguere una vera «battuta da ghigliottina» da una fittizia, e spero che gli esempi qui citati vi consentano di fare altrettanto. E che Dio benedica l’America. Christopher Hitcens