Antonella Scott, Il Sole-24 Ore 12/9/2008, pagina 11., 12 settembre 2008
Il Sole-24 Ore, venerdì 12 settembre Lo chiamavano «il fantasma», oppure «l’uomo senza volto»: mentre intrecciava i fili del potere intorno a Vladimir Putin, il suo posto preferito era nell’ombra
Il Sole-24 Ore, venerdì 12 settembre Lo chiamavano «il fantasma», oppure «l’uomo senza volto»: mentre intrecciava i fili del potere intorno a Vladimir Putin, il suo posto preferito era nell’ombra. Igor Sechin non ama mostrarsi in pubblico, parlare o rilasciare interviste. Nel maggio scorso, tuttavia, è entrato nel nuovo Governo di Putin, primo vicepremier responsabile per l’energia, lui che è anche presidente del primo produttore di greggio del Paese, Rosneft. L’eminenza grigia ha lasciato il Cremlino di Dmitrij Medvedev, è stato costretto a uscire allo scoperto. Si sarebbe potuto pensare a un passo indietro per il capo dei siloviki, la fazione dei falchi (sila in russo significa forza) che compongono il cerchio più vicino a Putin: come lui ex agenti dell’ex Kgb, con disinvoltura uomini di Governo e capitani di industria nello stesso tempo. In realtà, nella sua nuova veste di tutore di petrolio, gas e materie prime del Paese, Sechin è più che mai al centro dell’unico grande piano di Putin: servire gli interessi nazionali, senza dimenticare i propri. Con qualsiasi mezzo. Igor Sechin conosce Putin in Brasile, nel 1990: da quel giorno non lo lascia più. Si può capire molto del leader russo pensando che Sechin fu il primo che volle al proprio fianco, quando lo chiamarono a Mosca. Il 31 dicembre 1999 Boris Eltsin affida la Russia a Putin, e Sechin diventa vicecapo dell’amministrazione presidenziale. responsabile dell’informazione e della documentazione del presidente, della sua agenda: i progetti di legge da firmare, gli incarichi da assegnare, le persone da presentare. lui a mettere sul tavolo di Putin ciò che ritiene necessario. lui, nel maggio 2003, a posare su quel tavolo un documento che segnerà la condanna di Mikhail Khodorkovskij, e della sua Yukos: un rapporto contro gli oligarchi dell’era Eltsin, minaccia per l’economia nazionale. Esiste un elenco molto lungo delle ragioni che hanno portato Khodorkovskij alla rovina, cominciando dalla decisione di Putin di concentrare il meglio dell’economia nazionale nelle mani dello Stato. Ma per quanto riguarda Sechin, cui venne affidata questa "riprivatizzazione di velluto", basterebbe ricordare come nel febbraio 2003 Khodorkovskij osò accusare pubblicamente Putin di un’acquisizione «torbida» a vantaggio di Rosneft. Crudele destino: il fondatore di Yukos venne arrestato nell’ottobre 2003, la sua compagnia andò all’asta nel dicembre 2004: o meglio, una serie di aste orchestrate per portare Yukos nelle mani di Rosneft. Che dal luglio precedente aveva un nuovo presidente, Sechin. Dal suo carcere in Siberia, Khodorkovskij non ha mai smesso di accusarlo di essere stato «per avidità» l’ideologo del processo contro di lui. E non c’è conflitto nella storia economica russa di questi anni che non veda coinvolto "l’uomo senza volto": l’allontanamento di Rem Vjakhirev dal vertice di Gazprom, per lasciare il posto a dirigenti meglio controllabili; il siluramento di Mikhail Kasjanov, il premier cui Sechin aveva promesso la presidenza 2008 se avesse appoggiato l’offensiva contro Yukos. Nel 2005, la battaglia contro Gazprom, che puntava ad assorbire Rosneft: ma a quel punto la compagnia di Sechin, dopo aver assorbito i giacimenti di Yukos, era diventata un boccone troppo grosso perfino per il gigantesco monopolio del gas. Il braccio di ferro poteva iniziare. La battaglia infuria tuttora. Nel luglio scorso, nel nome di Rosneft, Sechin ha rilanciato una sfida perduta per anni da schiere di ministri ai piedi della fortezza Gazprom: il diritto di accesso ai gasdotti del monopolio per i produttori indipendenti, la possibilità per loro di imboccare le rotte dell’export. Si tratta di compagnie che garantiscono circa il 15% della produzione russa, e che ritengono di poterla raddoppiare con gli incentivi giusti. Tra loro è naturalmente Rosneft, e Sechin si sente abbastanza forte da andare alla carica: del resto, Putin ha fatto capire cosa ne pensa quando l’11 luglio ha puntato il dito contro Aleksej Miller, amministratore delegato di Gazprom: «Vorrei attirare la tua attenzione sul fatto che i produttori hanno ancora problemi ad accedere ai tuoi gasdotti. Non scuotere la testa, è così». Di fronte alla prospettiva di un calo della produzione, Putin ha messo il sostegno all’industria dell’energia in testa alle sue priorità, lanciando la crociata per ridurne le tasse. Seconda priorità l’inflazione, che viaggia al 15% annuo. Da qui nasce l’attacco a Mechel, il primo produttore russo di carbone coke che a fine luglio ha pagato con un crollo in Borsa del 50% l’accusa pubblica di Putin di far pagare all’industria siderurgica russa il doppio di quanto chiesto per il carbone esportato. Igor Zjuzin, azionista principale di Mechel, si è affrettato ad adeguarsi, tagliando i prezzi del 15 per cento. Chissà se è riuscito a sfuggire al destino di Yukos: quanto ha fatto è un passo nella giusta direzione ma non basta, ha commentato Sechin. Che, inutile dire, all’inizio di luglio aveva parlato con Putin. Di Mechel. Antonella Scott