Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri la Camera ha cominciato la discussione del disegno di legge sul Welfare...
• Già questa parola, “welfare”, mi fa venire il mal di pancia.
Cosa vuole fare, è l’onnipresenza dell’inglese, il segno del nostro provincialismo e della nostra sottomissione culturale. Alla lettera, “welfare” vorrebbe semplicemente dire benessere. Nel nostro caso comprende quelle cose che con una parola, anche questa molto moderna, si chiama “stato sociale”. La mutua, le pensioni, la cassa integrazione o – per i Paesi che ce l’hanno – il sussidio di disoccupazione. Il mondo di oggi si distingue tra Paesi che hanno molto welfare e Paesi che ne hanno poco o niente. Gli europei, tipo i Paesi nordici, ma anche l’Italia o la Francia, hanno talmente tanto welfare che qualcuno li definisce “socialisti”. Gli americani hanno pochissimo welfare, per non dire niente: le pensioni si costruiscono in azienda con i famosi “fondi pensione” (quelli che poi vanno in giro per il mondo a comprare aziende), il licenziato, appena rifiuta un lavoro esce dalle liste di disoccupazione e perde il sussidio (da noi sradicare qualcuno dalla cassa integrazione è un’impresa, vedi la lunga, imbarazzante vicenda dell’Alfa di Arese), l’assistenza sanitaria è praticamente inesistente, ecc. Pensi che in caso di alluvione o terremoto, gli aiuti statali sono scarsissimi: bisogna che le città a rischio si assicurino. Una delle prime dichiarazioni di Bush allo scoppio della crisi dei mutui è stata: «Naturalmente non interverremo in alcun modo». Qualche piccolo aiuto poi è stato deciso, anche se attraverso due banche pubbliche finite nei guai anche loro per i subprime. Badi che anche un presidente democratico avrebbe detto lo stesso. E badi anche che l’America non è l’unica con poco stato sociale. La Russia di Putin ne ha ancora meno, anzi tra le cause per le quali in quel Paese i maschi muoiono mediamente prima dei 60 anni c’è anche il sistema sanitario pessimo.
• Bene. E ieri alla Camera di che discutevano?
Del disegno di legge sul welfare. Che era, in partenza, il testo dell’accordo sottoscritto con i sindacati lo scorso luglio e approvato poi da cinque milioni di lavoratori. Solo che Rifondazione e gli altri di sinistra quell’accordo vogliono cambiarlo. Già un’altra volta le ho detto che qui c’è una gara tra sinistra politica e sindacato a chi fa più l’interesse dei lavoratori. La sinistra della maggioranza, durante la discussione in Commissione, ha introdotto cambiamenti a suo dire migliorativi, a parere degli altri pessimi perché fanno saltare i conti dello Stato.
• Che miglioramenti?
I più importanti sono due e riguardano i contratti a termine e i lavori usuranti. Lei sa che i contratti termine sono quei contratti per i quali lei viene assunto in un’azienda per un periodo di tempo limitato, al termine del quale può essere rimandato a casa. Bene, nell’accordo di luglio si stabiliva che un contratto a termine può durare al massimo tre anni e non si diceva nulla sulle proroghe. In Commissione s’è introdotta una proroga massima di otto mesi, al termine dei quali il lavoratore deve essere assunto. Protesta la Confindustria, ed è comprensibile. Ma protestano anche i sindacati: secondo loro le aziende, a questo punto, invece di prorogare il contratto al lavoratore, lo manderanno a casa e piglieranno qualcun altro. Teniamo conto che oggi tre volte su quattro un contratto a termine finisce per diventare un contratto a tempo indeterminato. Non è una cattiva percentuale e Cgil, Cisl e Uil temono che scenda. Poi ci sono i “lavori usuranti”: chi li fa dovrebbe continuare ad andare in pensione a 57 anni. Problema: quali sono i lavoratori usuranti? Il protocollo di luglio stabiliva di prendere in considerazione il lavoro notturno. Cioè, stabilire che chi lavora per almeno 80 notti l’anno fa un lavoro usurante. I deputati hanno tolto questo limite e, a questo punto, il governo è libero di decidere quali sono i lavori usuranti e quali no, quasi senza criteri prestabiliti. I sindacati dicono che qui il rischio che saltino i conti pubblici è concret lavoratori che ritengono di essere stati ingiustamente esclusi dalla normativa potrebbero far causa. Ho sentito di 650 mila contenziosi possibili. Francamente c’è da sperare che si tratti di calcoli sbagliati.
• Quindi?
Quindi Prodi sta preparando una nuova legge, di un solo articolo, che medi tra il protocollo di luglio e gli emendamenti della sinistra. Su questa legge metterà la fiducia.
• Rischia di cadere?
Sa perché la situazione adesso è più pericolosa? Perché Berlusconi ha smesso di dire che vuole le elezioni anticipate. Con la garanzia che, nel caso, si farà un nuovo governo e non si scioglieranno le Camere, di gente disposta a buttar giù Prodi se ne potrebbe trovar parecchia. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 26/11/2007]
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