Varie, 27 novembre 2007
PER DELL’ARTI
DALAI LAMA
Il Dalai Lama è la massima autorità temporale del Tibet, nonché la massima autorità spirituale della scuola Gelug del Buddhismo Tibetano. Presiede inoltre il governo tibetano in esilio.
La parola "lama" è l’equivalente tibetano della parola sanscrita "guru" (maestro spirituale).
Il titolo onorifico di Dalai (dal mongolo DALAI, pronuncia Tibetana Tale’i: oceano) fu attribuito dal capo mongolo Altan Khan a Sonam Gyatso nel XVI secolo. Quest’ultimo era abate del monastero di Drepung (presso Lhasa) e figura influente della scuola buddista tibetana Gelugpa.
"Dalai Lama" sarebbe dunque traducibile come "Maestro-oceano", ma si preferisce utilizzare la più elegante espressione "Oceano di saggezza" (alcuni usano invece le parole "Maestro oceanico").
Il titolo ebbe validità retroattiva anche per i due predecessori di Sonam Gyatso, ed egli è da sempre considerato non il primo, ma il terzo Dalai Lama.
L’attuale Dalai Lama è Tenzin Gyatso, nato nel 1935 e residente in esilio in India dal 1959 in seguito all’occupazione cinese del Tibet (1949 - 1951). Tenzin Gyatso ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 1989 per la resistenza non violenta contro la Cina.
Il Dalai Lama è venerato come manifestazione del bodhisattva (nel Buddhismo, un bodhisattva è un essere vivente che ha intrapreso il cammino per l’illuminazione ma sceglie di dedicarsi ad aiutare tutti gli altri esseri senzienti a raggiungere l’illuminazione) Avalokitesvara (Chenresig in tibetano). Generalmente la reincarnazione di un Dalai Lama era trovata grazie alle premonizioni, ai responsi degli oracoli ed ai segni divini. Il potenziale candidato era sottoposto ad una serie di prove atte a ricordare la vita precedente. Se l’esito risultava positivo egli era riconosciuto come reincarnazione del suo predecessore, e durante la sua vita seguivano prima la cerimonia d’intronizzazione quale Dalai Lama ed in seguito, raggiunta la maggiore età, la cerimonia di insediamento quale sovrano del Tibet.
Tenzin Gyatso ha dichiarato ufficialmente che, finché la Cina non concederà l’autonomia al Tibet, non si reincarnerà nella sua terra natia, e che al completamento della democratizzazione del governo tibetano in esilio il ruolo del Dalai Lama potrebbe diventare superfluo.
Il 7 agosto 2006 ha proposto che la scelta del suo successore avvenga mediante un’Assemblea composta dai più autorevoli Lama in esilio.
I DALAI LAMA: Sonam Gyatso; Yonten Gyatso; Lobsang Gyatso; Tsangyang Gyatso; Kelzang Gyatso; Jamphel Gyatso; Lungtok Gyatso; Tsultrim Gyatso; Khendrup Gyatso; Trinley Gyatso; Thubten Gyatso; Tenzin Gyatso (attuale Dalai Lama, in esilio in India)
BUDDISMO TIBETANO
Secondo il mito la prima introduzione del Buddhismo in Tibet risale al 173 (regno di Lha Thothori Nyantsen). Di fatto fu solo durante il regno del re Songten Gampo (617 - 649), quando alcuni ministri furono inviati in India allo scopo di apprendere la lingua e la scrittura indiane, sulle quali il moderno sillabario tibetano è modellato, che grazie alle sue due mogli buddhiste fu portata la prima statua buddhista in Tibet. Ma fu durante il regno di Trhisong Detsen (nato nel 742, regnante dal 755, morto nel 798) che la religione si diffuse e si arricchì, anche attraverso il contributo Shantarakshita di Padmasambhava (in tibetano Guru Rinpoche), famoso Mahasiddha Detentore di Tutto il Tantra. Verso il IX secolo tuttavia la serie dei "Re Religiosi" terminò; si ricorda in particolare un re, Lang Dharma, che perseguitò la religione dal 798 al 842.
Si parla, in seguito, di seconda introduzione del buddhismo in Tibet soprattutto attraverso l’opera di Guru e Lama Indiani e Tibetani, di Famosi Traduttori e di Coloro che li hanno Invitati quali il re Lha Lama Yeshe (che invitò un grande maestro indiano Atisha, XI secolo), i traduttori Rinchen Zangpo e Legpai Sherab. Fu in questo periodo che le tre differenti "scuole" sorsero (Sakya, Kagyu e Kadam), oltre alla tradizione antica, Nyingma (risalente direttamente a Padmasambhava). Tsongkapa fu il fondatore della scuola dei Gelug.
A partire dal XII/XIII secolo, il Tibet fu sotto l’influenza dei Mongoli (il quarto Dalai Lama, Yonten Gyatso, era di famiglia mongola), che si appoggiarono alla scuola Sakya: nel 1253 Kubla Khan offrì a Drogön Chögyal Phagpa alcune province del paese.
Il primo Dalai Lama, Gedun Drub regnò nel XIV secolo (1391 - 1474). Fu nel XVI secolo, tuttavia, che l’importanza della scuola Gelug e delle istituzioni loro collegate crebbe considerevolmente: fu Sonam Gyatso (1543-1588) il primo ad assumere il titolo di Dalai Lama, tanto che i due precedenti furono riconosciuti come tali solo a posteriori.
Più noto è Ngawang Lobsang Gyatso, il quinto Dalai Lama, grande accentratore e organizzatore, che strinse alleanza sia con i Mongoli che con gli imperatori Qing dei Manciu. Altro "grande" Dalai Lama è Thupten Gyatso (1876-1933)
La scuola Ghelugpa (dGe-lugs-pa), ’i Virtuosi’
Noti anche con il Nome di Berretti Gialli sono il lignaggio più diffuso e più potente del Tibet. A Lhasa nel Potala ha sede il Dalai Lama, ritenuto dai Ghelugpa un Tülku, emanazione, del Bodhisattva Chenresig, mentre nel monastero Ghelugpa di Tashilunpo a Shigatse ha sede il Panchen Lama, Tülku del Buddha Amithaba.
Il Fondatore, Lama Tsongkhapa, nel XIV secolo fu discepolo dei lignaggi Sakyapa, Kagyüpa e Kadampa e fu in quest’ultimo lignaggio che si fece propulsore di una riforma della disciplina monastica che portò alla formazione del lignaggio Ghelugpa.
STORIA DEL TIBET IN BREVE
Dal XIII secolo il Tibet era annesso all’Impero Mongolo. A seguito di questa annessione, l’attuale Repubblica Popolare Cinese rivendica il territorio tibetano come parte della Cina, pertanto reclama la legittimità dell’annessione del Tibet.
In realtà i Mongoli annetterono il Tibet prima di conquistare la Cina e il loro dominio cessò quando questi persero potere nel paese. I Mongoli lasciarono il comando alla scuola di buddhismo Sa-Skya. Seguì un interregno nel quale dominarono dinastie secolari. I Mongoli tornarono ad invadere il Tibet all’inizio del XVI secolo, restituendo il potere alla massima autorità religiosa, il Dalai Lama.
All’inizio del XVIII secolo, la Cina ottenne il diritto di avere un commissario residente chiamato amban a Lhasa. Quando i Tibetani si ribellarono contro i Cinesi nel 1750 e uccisero l’amban, l’esercito cinese entrò nel paese e ne nominò il successore.
Nel 1904 la Gran Bretagna spedì forze militari indiane, anche a seguito dell’interesse per il Tibet manifestato dallo Zar di Russia e costrinsero il Tibet ad aprire il confine all’India britannica. I britannici cercarono di trattare con il Tibet, ma non riuscendoci a causa dell’opposizione cinese dei manchu, nel 1906 firmarono un accordo con il quale riconoscevano l’autorità della Cina sul Tibet . Nel 1910 i manchu che governavano la Cina, invasero il Tibet e costrinsero il Dalai Lama a fuggire in India dagli inglesi fino al 1913, dopo che in Cina scoppiò la rivoluzione.
Nel 1913 Tibet e Mongolia firmarono un trattato proclamando la loro reciproca indipendenza dalla Cina. Nel 1914 venne negoziato in India un ulteriore trattato tra il Tibet, la Cina e la Gran Bretagna (la Convenzione di Simla) per definire confini e sovranità. Questo trattato era molto favorevole ai Britannici, per questo motivo i Cinesi non lo firmarono. Essi non riconobbero mai questo trattato, per questo motivo rivendicano, ad oggi, il territorio indiano del Arunchal Pradesh.
La I guerra mondiale e la guerra civile cinese causarono impoverimento della Cina e cessarono provvisoriamente il loro interesse sul Tibet facendo sì che Thubten Gyatso (XIII Dalai Lama) governò indisturbato sul territorio reclamato oggi dal Governo tibetano in esilio, ad eccezione della regione del Amdo (Qinghai dove gli Hui, che controllavano i territori vicini nello Xining, cercavano di esercitare il proprio potere.
Nel 1950 l’Esercito di Liberazione Popolare entrò in Tibet frantumando l’esercito tibetano, quasi esclusivamente cerimoniale. Nel 1951 venne firmato un trattato di pace sotto la pressione cinese. Poiché alcune riforme del nuovo governo, tra le quali quella di una redistribuzione delle terre, sarebbero risultate impopolari, queste vennero proposte solo nelle regioni più periferiche del Kham orientale e nell’Amdo. Qui, nel 1959, con il supporto della CIA, venne organizzata una rivolta che venne stroncata provocando decine di migliaia di morti. Tenzin Gyatso (XIV Dalai Lama) e altri funzionari del governo si esiliarono in India, ma sparuti gruppi di resistenza continuarono la lotta in patria fino al 1969. Nel 1965 venne creata la Regione Autonoma del Tibet.
INVASIONE CINESE
A seguito dell’invasione cinese, nel 1959, il buddhismo, le istituzioni e le pratiche religiose sono divenute oggetto di attacco da parte della forza occupante, fino a giungere alle stragi e alle distruzioni di Monasteri e opere d’arte durante la Rivoluzione Culturale. Oggi il governo cinese, preoccupato dagli effetti di un rapido cambiamento sociale, favorisce (solo apparentemente con l’ostentare semplice folklore spacciandolo per pura cultura tibetana) il diffondersi di religioni tradizionali, per mantenere un certo controllo sociale con l’aiuto di violazioni sistematiche dei diritti umani sui tibetani.
GOVERNO TIBETANO IN ESILIO
Lingua ufficiale Tibetano
Sede Dharamsala, India
Capo di Stato Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama
Capo del Governo Ven. Prof. Samdhong Rinpoche
Il Governo tibetano in esilio o Amministrazione centrale tibetana (spesso abbreviato come CTA da Central Tibet Administration) rappresenta il tradizionale governo del Tibet, i cui componenti sono fuggiti in esilio in India nel marzo del 1959 insieme al Dalai Lama dopo la rivolta di Lhasa contro l’esercito cinese. Il governo tibetano è stato dichiarato illegale da parte della Repubblica popolare cinese il 28 marzo 1959, ma contemporaneamente il Dalai Lama formava un governo provvisorio presso il villaggio Lhuntse Dzong, pochi giorni prima di varcare il confine indiano.
Il 29 aprile dello stesso anno il Governo tibetano in esilio si è insediato nella località indiana di Masu¯ri¯ (Mussoorie). Il trasferimento definitivo a Dharamsala, ove opera tutt’oggi, è avvenuto nel maggio del 1960.
Il Governo tibetano in esilio ha principalmente le funzioni di supportare gli esuli in arrivo dal Tibet, amministrare i campi profughi e gli insediamenti permanenti, preservare la cultura tibetana e promuovere l’istruzione dei profughi.
La fonte primaria del diritto è costituita dalla Carta dei Tibetani in esilio (Charter of the Tibetans in Exile), un documento adottato nel 1991 dall’Assemblea dei Deputati. Si basa sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e sul principio della separazione dei poteri.
NOTIZIA DEL 27/11/2007
Il successore del Dalai Lama potrebbe non essere originaro del Tibet, come e’ invece sempre avvenuto finora, specie se l’attuale leader spirituale dei buddhisti tibetani dovesse morire in esilio: lo ha dichiarato lo stesso Dalai Lama, a margine di un incontro inter-religioso ad Amritsar, citta’ santa sikh nell’India settentrionale. "Se la mia morte sopraggiungera’ mentre noi tibetani ancora ci troviamo nello status di rifugiati, allora e’ logico che la mia reincarnazione non verra’ dal Tibet, ma da fuori", ha dichiarato il religioso, al secolo Tenzin Gyatso, 72 anni, che dal 1960 risiede a Dharamsala, nello Stato indiano dell’Hichamal Pradesh, dove e’ insediato anche il governo tibetano in esilio. Nell’89 al Dalai Lama fu conferito il premio Nobel per la Pace. L’immenso Paese himalayano fu invaso dalle truppe maoiste nel 1949, e annesso unilateralmente alla Repupplica Popolare Cinese nel ’51.
(repubblica.it 27/11/2007)
Col sorriso sornione e il disarmante candore, il Dalai Lama ha stupito tutti: basta, ha detto in sostanza, con questa mania della reincarnazione, sarebbe bene cercare il mio successore tra la comunità monastica in esilio. Come fanno i cattolici a scegliere il Papa, insomma. Poi, vedendo forse qualche bocca storta, ha aggiunto: «Mi rendo conto che i tibetani potrebbero non essere d’accordo con questo metodo».Non è la prima volta che Tenzin Gyatso, 71 anni, premio Nobel per la pace, sorprende i buddhisti. Nell’agosto del 1990 aveva detto: «Io, il quattordicesimo, sarò l’ultimo Dalai Lama. I tempi sono cambiati, non c’è alcun motivo per preservare questa istituzione». Sembrarono le parole della pietra tombale di una teocrazia durata quattro secoli. Allora molti monaci, e qualche tibetologo, rammentarono che già le antiche cronache di Bu-ston, adombravano che la durata dei Dalai Lama non potesse andare oltre le due volte sette, quattordici appunto.
«Sono un semi pensionato», ha scherzato ieri il Dalai Lama davanti a un folto gruppo di giornalisti a Dharamsala, nell’Himachal Pradesh, montagnoso stato del Nord dell’India dove risiede il governo tibetano in esilio. «Ho portato il mio popolo fuori dal nostro paese e ho cominciato il movimento per riavere indietro la nostra madre patria. Il mio successore dovrà raggiungere questo obiettivo». Poi la stoccata: «I lama più anziani dovrebbero riunirsi per nominare uno in mezzo a noi come nuovo Dalai Lama». Questo semplice schema a noi famigliare sconvolgerebbe l’antica tradizione tibetana di scegliere il nuovo Dalai Lama attraverso premonizioni, responsi oracolari e segni divini, come anche Hollywood si è divertita a raccontare in molti film.
Il potenziale candidato viene sottoposto a una serie di prove per vedere se ricorda di essere la reincarnazione del proprio predecessore. Una volta riconosciuto come il re-pontefice del Tibet, il piccolo viene intronizzato. La cerimonia di insediamento avverrà dopo la maggior età. Il sistema è largamente usato nella società tibetana. Quando muore un dignitario si cerca subito in quale bambino appena nato sia andata a cacciarsi, per dirla all’ingrosso, la sua anima: per un buddhista infatti l’anima semplicemente non esiste, una vicenda troppo complicate per spiegarla senza spaccare il capello in quattro.
Tenzin Gyatso ha detto di non essere così sicuro riguardo alla sua reincarnazione: «Nei sogni - ha detto - mi sento molto vicino al quinto Dalai Lama. Ma anche a maestri del buddhismo indiano come Nagarjuna». Tradizionalmente i Dalai Lama sono considerati l’incarnazione del Bodhisattva Avalokitesvara, la quintessenza della compassione. D’altra parte, anche in passato il pragmatismo è venuto in soccorso alle gerarchie spirituali tibetane in preda al dubbio, come quando, nel XVI secolo, il quarto Dalai Lama fu individuato, guardacaso, tra i nipotini del sovrano mongolo Altan Khan.
Per il celebre tibetologo britannico David Snellgrove, allievo di Tucci in Italia, l’idea di un «conclave» è «eccellente»: «L’unica difficoltà che vedo profilarsi - spiega - riguarda i rapporti con la Cina. Per diventare valide in Tibet, le decisioni dell’assemblea dei monaci dovranno essere sottoposte alle autorità cinesi. Non so se i tibetani saranno disposti ad accettare l’autorità cinese in questo campo».
Infatti il Dalai Lama nel suo discorso di Dharamasala è stato inusualmente polemico con la Cina che continua ad attaccarlo pesantemente attraverso i suoi giornali. «Il tempo per noi ormai è giunto - ha detto - La nostra richiesta è l’autonomia per il Tibet, per preservare e seguire la nostra religione, la cultura e l’ambiente». Se al suo posto ci sarà un Papa tibetano, non potrà neppure avere l’obliqua soddisfazione di ritornare un giorno in patria nelle fresche spoglie di una nuova incarnazione. E’ un nobile esilio il fardello di Tenzin Gyatso.