Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
I russi si stanno ritirando, però molto lentamente, al punto che i georgiani ieri hanno gridato per tutto il giorno: « una finta! Non sta succedendo niente». Il presidente Medvedev ha poi annunciato che le operazioni di ripiego (si tratta di tornare sulle posizioni precedenti la guerra) saranno completate entro dopodomani. Intanto il Consiglio di sicurezza della Nato si è riunito ieri e alla fine ha emesso un comunicato in cui si definisce la reazione di Mosca «sproporzionata, non conforme al ruolo della Russia di custode della pace ed incompatibile con i principi di regolamento pacifico dei conflitti enunciato dall’atto finale di Helsinki». Poi: «L’Alleanza studia seriamente le incidenze che questa azione può avere nelle sue relazioni con la Nato». Questa frase ha scatenato le repliche dei generali russi. Il ministro degli Esteri Lavrov ha subito detto: «Anche per noi le relazioni con la Nato non saranno più come prima». E due ore dopo ha richiamato l’ambasciatore presso l’alleanza, un atto gravissimo che ha gettato nello sconcerto le cancellerie di mezzo mondo, dato che la rottura delle relazioni diplomatiche è quasi – in questo contesto – un annuncio di guerra. Senonché, passata un’altra ora, lo stesso ambasciatore moscovita presso la Nato ha dichiarato: «Ma no, non è niente. Si tratta di un rientro in patria di routine». Ed ha però aggiunto: «Per ora». Un alternarsi di docce fredde tipico di Putin: prima si grida, poi ci si abbraccia, poi si richiama l’ambasciatore, poi si dice che non è niente. Lo scompiglio dell’avversario (se non del nemico) è qualcosa che somiglia alla vecchia “disinformacija” sovietica.
• Le faccio la domanda più semplice: chi diamine è questo Putin?
Un ex agente del Kgb e dell’Fsb, insomma una spia. Silenzioso, discreto, anonimo, apparentemente grigio. Bisognava distruggere il procuratore generale Skuratov e Putin, in quanto uomo dei servizi, fece in modo che venisse filmato mentre stava a letto con due ragazzine. La sequenza finì poi in televisione. Era la fine degli anni Novanta. Eltsin se lo mise a fianco e lo fece diventare presidente, forse pensando di avere a che fare con una marionetta. Putin diventò presidente e fece rapidamente fuori tutti i concorrenti, Luzhkov, Primakov e lo stesso Eltsin. Rieletto nel 2004 senza problemi, nel 2008 – non potendo ricandidarsi per la terza volta – escogitò la stranezza di farsi votare deputato al Parlamento (pur restando presidente) in modo da poter diventare poi capo del governo. Pilotò quindi la nomina al Cremlino del giovane Medvedev, che s’era fatto le ossa in Gazprom. Tutti aspettavano di vedere se non si sarebbe aperta una qualche lotta tra i due. Ma per ora Putin appare saldissimo. In tutta la faccenda georgiana non ha praticamente parlato mai, se non per un accenno iniziale ai «volontari che non possiamo fermare». Sta lasciando fare ai suoi. Quando aprirà bocca, capiremo meglio.
• Come mai questo Medvedev non si azzarda a fargli le scarpe?
Putin è popolarissimo. Si è fatto adorare dai russi lasciando che crescesse il culto per la sua personalità e rilanciando lo spirito nazionalista della Grande Madre Russa. La Rinascita è annunciata di continuo. A scuola ha preteso che si reintroducesse l’ora di Preparazione militare (come ai tempi dell’Urss). Nei manuali sta scritto che entrare in una qualunque delle organizzazioni mondiali democratiche significa cedere un pezzo di sovranità all’America. Il movimento giovanile Nashi (I Nostri) fondato dallo stesso Putin è stato paragonato alla Gioventù hitleriana. Non a torto. Putin si candida di continuo a guida dell’antiamericanismo planetario.
• Ma allora farà la guerra.
Militarmente è ancora abbastanza malandato. Poi deve guardarsi, sull’altro fronte, anche dalla Cina, che si sta a sua volta armando a tutta forza. E infine sta troppo bene finanziariamente, adesso, per cercare un vero conflitto globale. Ma guerre locali, che gli assicurino vantaggi profittando degli errori degli avversari, quelle sì. Come in Georgia.
• Che si può fare per fermarlo?
E’ difficile. Berlusconi è uno dei pochi con cui parla volentieri. Ieri si sono telefonati a lungo.
• Ho letto che Berlusconi vorrebbe essere un Putin nostrano.
Sono paragoni senza senso. Noi siamo un popolo imbelle, nel senso tecnico della parola: non abbiamo armi e non siamo assolutamente disposti a pagare per averle. L’Europa, con qualche differenza, da questo punto di vista ci assomiglia parecchio. Avendo demandato agli americani la nostra difesa (che è alla fine la via maestra per avere un peso nella comunità internazionale), chiunque da noi volesse recitare da Putin, o da zar, farebbe ridere. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport, 20/8/2008]
(leggi)