varie, 20 agosto 2008
Tags : Diego Romero
Romero Diego
• Cordoba (Argentina) 5 dicembre 1974. Velista. Bronzo nella classe Laser alle Olimpiadi di Pechino (2008). «[...] un argentino i cui bisnonni dalla provincia di Cuneo sono emigrati nel cuore del Sud America, a Cordoba. Cuneo più Cordoba, difficile immaginare una combinazione meno marinaresca. Eppure. Diego ha scoperto la vela tardi. E il nonno Juan, che nel 1982 gli regalò una maglia azzurra per festeggiare la vittoria Mundial, gli ha trasmesso la passione per le proprie radici. Radici mai recise del tutto. [...]» (Luca Bontempelli, ”La Gazzetta dello Sport” 20/8/2008). «[...] Il suo legame con l’Italia [...] ”Parte dai bisnonni, sia da parte di madre che di padre, venivano dal Piemonte. Le famiglie si chiamavano Seggiaro e Paschetta. Le origini sono in provincia di Cuneo, a Cavallermaggiore. In famiglia si parlava poco italiano, quello che so lo devo a mio nonno Juan Paschetta. [...] La prima volta che ho parlato con il presidente Gaibisso fu nel 2003. Non ero contento della situazione argentina e del lavoro che potevo fare, dissi al presidente che avevo il passaporto italiano [...] Poi se ne è riparlato un paio di anni dopo e quando anche il Coni ha dato l’ok, abbiamo fatto i documenti [...] Il mio idolo sportivo è Diego Dominguez (per anni numero 10 dell’Italia di rugby, anche lui nato a Cordoba, ndr), ma i miei punti di riferimento nella vela sono Santiago Lange e Carlos Espinola (l’equipaggio argentino del Tornado a Qingdao, bronzo ad Atene, ndr)”. Ma come diventa velista uno che nasce a Cordoba? ”Lì c’è solo un piccolo lago. Ho cominciato ad andare in barca a 10 anni, ma la prima regata l’ho fatta che ne avevo 18: 50º. Un anno dopo ero terzo: mi sono detto perché non continuare? Nel dicembre 1996 ho preso la decisione che avrei voluto fare questo sul serio. Mi ci sono messo d’impegno [...]”» (Gian Luca Pasini, ”La Gazzetta dello Sport” 20/8/2008). «[...] A Cordoba ci sono le montagne, ma anche un piccolo lago con un bel vento, una pozzanghera di 3 km quadrati dove papà Carlos e mamma Graziella, architetti, lo portavano perché Diego sperimentasse quel senso di libertà che solo la vela, e pochi altri luoghi dell’anima, sanno dare. [...] Gli chiedono se conosce Sivori, Altafini, Schiaffino. Se si sente più di qua o di là. Diego ha una risposta per tutti: ”So che ci sono molti argentini nella storia dello sport italiano. Tutti mi parlano di Camoranesi ma a me il calcio non piace e il mio idolo è sempre stato il rugbista Dominguez, anche lui di Cordoba”. [...]» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 20/8/2008).«[...] ”Sono andato via dall’Argentina perché ero stanco della situazione che c’era in federazione. Puntavano su un altro. Su Alsogaray per l’esattezza. Quello che ho battuto [...] Io ero più forte ma evidentemente questo non bastava. A me piace andare in barca ma mi piace di più la competizione e la vittoria. E allora un giorno, dopo Atene, ho incontrato il presidente della federazione italiana e gli ho detto: ”Ho anche il vostro passaporto. Nonno Juan ha insistito perché lo tenessi. Un giorno ti tornerà utile, mi diceva sempre. Voi come siete messi con i Laser?”. Con i Laser gli italiani sono da sempre alla canna del gas. L’accordo è stato trovato subito. [...] Ovviamente uno così non è stato accolto benissimo dagli altri laseristi italiani: ”[...] all’ultima regata che decideva chi sarebbe venuto qui a Qingdao avevo tutti contro. Gareggiavano in dieci contro uno. Mi marcavano. Io ho dovuto fare un capolavoro per non perdere. Tra me e loro c’è un abisso. Sono di un altro livello. [...]” [...]»». (Marco Mensurati, ”la Repubblica” 20/8/2008).