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 2008  agosto 20 Mercoledì calendario

La Stampa, mercoledì 20 agosto Gad Lerner si gode il placido fine agosto milanese. «Sono appena tornato dai luoghi da cui i miei nonni si spostarono per la Palestina: la nostra salvezza, altrimenti la Shoah avrebbe sterminato tutti i Lerner»

La Stampa, mercoledì 20 agosto Gad Lerner si gode il placido fine agosto milanese. «Sono appena tornato dai luoghi da cui i miei nonni si spostarono per la Palestina: la nostra salvezza, altrimenti la Shoah avrebbe sterminato tutti i Lerner». Il 15 settembre riparte L’infedele. «Lunedì, il giorno peggiore». Quale sarà il tema portante? «L’integrazione. Sono nato a Beirut, l’Italia mi ha dato tanto, e ora che perfino il Papa parla di razzismo, è tempo di sdebitarsi. I rigurgiti reazionari mi terrorizzano». La terrorizza anche il futuro di La7? «A giugno ho rinnovato per altri due anni. La7 è un servizio pubblico fatto da privati in passivo, da qui i problemi. L’Infedele è intoccabile, la media del prime time di La7 è il 2.5% e io faccio il 4.5. Il "canaro" Giovanni Stella ama essere sgradevole, ma nel mio caso can che abbaia non morde». Sì, ma la sfida del terzo polo sembra perduta. «Sono arrivato nel 2001, nessuno come L’Infedele ha affrontato casi come Alitalia e il crac Parmalat. Su Tronchetti Provera ho molte riserve, ma è un ottimo editore. La7 è libera e vi stupirà». Libera, ma ha cacciato Luttazzi. «Luttazzi ha portato pari pari in tv testi teatrali arcinoti, che nel piccolo schermo non funzionavano. Ha cercato l’incidente per fare il martire. In tv devi essere umile, lui ha esibito il suo superomismo». L’infedele: bello, ma di nicchia. «Sono lontanissimo da Vespa e Costanzo: si sentono eterni e credono in una tv calata dall’alto, buona per tutte le stagioni. Il mio amico Gaber ci ha insegnato il grande valore dell’appartatezza: Vespa e Costanzo dovrebbero prenderne esempio». E Ballarò? «Non cambia mai. E’ la tv che si fa forza nel riproporre la stessa minestra. Se non avessi ogni volta lo stupore dell’ospite inatteso e della tematica diversa, come "l’esistenza dell’anima", smetterei». L’ospite che più l’ha messa in difficoltà? «Il sindaco di Verona, Flavio Tosi. Mi ha sotterrato. Mai avere la puzza sotto al naso». Lerner è di parte. «Sempre più. E’ una forma di correttezza nei confronti del pubblico. Dò spazio a tutti ma mi schiero, ricordo la mia storia di giornalista di sinistra». Che nel 2006 ha votato Margherita. «Votai Margherita per una questione di calcoli al Senato, dove follemente Ds e Margherita si presentavano separati. Sono vicino al Pd». Santoro osa più di lei. «Michele vede se stesso, e tutto ciò che fa, al di sopra di tutto. Il suo scopo è ribadire la centralità del personaggio Santoro. Tutti in tv sono narcisi, ma lui di più. Tutto ciò che fanno Santoro e Travaglio, è così riassumibile: "Censurateci, se avete coraggio". Santoro ambisce al ruolo di eroe, di miglior schiena dritta. Deve sempre far vedere che ce l’ha più duro degli altri». Come Ferrara? «Ho chiuso con lui quando il confronto appassionato è diventato competizione per dominare. Giuliano è inappagabile e mai sazio, anche in senso letterale: troppo intelligente per accontentarsi della sottomissione altrui. Infatti con la tv ha smesso». Secondo Mentana, le elite culturali non sanno fotografare il paese. «Se Enrico voleva ricordarci che la maggioranza italiana è berlusconiana, ha scoperto l’acqua calda. Se voleva rivelarci che le élite sono lontane dalla gente, idem. Se sottovaluta il conflitto d’interessi, fa torto alla sua intelligenza. A Enrico ricordo che compito dell’informazione non è assecondare il popolo. La storia delle culture popolari ci insegna che spesso il popolo ha torto, ed è il caso italiano. Il giornalismo inteso come capacità di capire la pancia del popolo è nauseabondo. La tv deve rivolgersi a cuore e cervello, non propagare le flatulenze». Gli spot con Feltri li rifarebbe? «Eccome, con poco impegno ho guadagnato molti soldi per il progetto Abele. Vittorio è uno dei pochi giornalisti bravi di destra, solo che ormai è un prezzemolino televisivo». Del suo Tg1 che ricordo ha? «Ricevetti l’incarico e subito mi arrivò l’ultima intervista inedita di Borsellino: una polpetta avvelenata per testare il mio livello di "sinistrismo". Non la mandai in onda e feci bene, non c’era nulla di rilevante su Berlusconi. Mi dimisi dopo il servizio sulla pedofilia. Uno col mio carattere, lì non poteva durare. E’ stato un tentativo di profonda trasformazione dell’informazione popolare. Quel fallimento mi ha salvato la vita: ottima buonuscita, viaggi, famiglia felice». Rimpiange gli anni d’oro di Milano-Italia? «Né anni, né d’oro. Ho fatto Milano-Italia per soli 8 mesi, dopo averla inventata. So di non essere più in auge, ma va bene così. Sono un provvisorio della tv. Ieri mi imitavano grevemente al Bagaglino, ora è Neri Marcoré a solleticare il mio ego distrofico. Gli "anni d’oro" sono altri, ad esempio la vicedirezione alla Stampa. Sono un giornalista da carta stampata, provvisoriamente carambolato in tv». Andrea Scanzi