Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Oggi e domani si vota e, se sono veri i dati olandesi, tira un forte vento di destra...
• In Olanda sanno già i risultati?
Sono stati diffusi degli exit poll, quei sondaggi che si fanno al volo interrogando gli elettori all’uscita dal seggio. Il Partito per la Libertà, che paragona l’Islam al nazismo e il Corano al Mein Kampf di Hitler, avrebbe ottenuto 4 seggi, un risultato piuttosto clamoroso. L’Unione europea s’è arrabbiata con gli olandesi ribadendo che è vietato diffondere risultati fino a che non saranno chiuse le urne di tutti i Paesi. Ma insomma… Si crede di sapere che anche in Inghilterra la sinistra – cioè il partito laburista oggi al governo con Gordon Brown – andrà incontro a una batosta storica. Era già in basso nei sondaggi e poi è scoppiato lo scandalo dei rimborsi spese fasulli che ha costretto alle dimissioni tre ministri in poche ore. Brown dice che non si dimetterà. Ma ha avuto già un assaggio di quello che gli può succedere, nelle elezioni locali che si sono svolte in 34 contee. Non solo non è più il primo partito, ma neanche il secondo. Se il voto europeo dovesse andare come preannunciano sondaggi e giornali, sarà difficile non trarne le conseguenze ed evitare le elezioni anticipate.
• E da noi?
Da noi dovrebbero vincere Berlusconi, Di Pietro e la Lega. E perdere Franceschini. Pare sia destinato a un buon risultato Casini. Non dovrebbero riuscire a superare la soglia del 4% le formazioni minori, né a destra né a sinistra. Ma sono tutte previsioni che possono essere smentite.
• Com’è possibile che vincano sia Berlusconi, sia Di Pietro e anche la Lega?
Perché avranno percentuali più alte di quelle del 2004. Berlusconi è scatenato e ha fatto campagna elettorale anche ieri, arrivando al punto di affermare che i dati del governatore della Banca d’Italia sui precari sono sbagliati. Draghi aveva detto che ci sono un milione e 600 mila lavoratori privi di qualunque sostegno in caso di perdita del lavoro. Il Cavaliere ha esclamato: «Questi dati non corrispondono alla realtà». Non si sa da quali fonti Berlusconi abbia ricavato i numeri per una smentita tanto enorme. Del resto il premier in campagna elettorale non si tira indietro di fronte a niente. Franceschini ieri ha ricordato che nell’ultimo giorno della precedente campagna elettorale promise l’abolizione del bollo auto, promessa molto popolare, ma, almeno finora, non ancora mantenuta. Quanto alla vittoria, Berlusconi stesso ha messo l’asticella al 40%: se il PdL raggiungerà o supererà questa percentuale, il Cavaliere segnerà il suo punto. Altrimenti, pur prevalendo, dovrà registrare una specie di battuta d’arresto, una sorta di incrinatura nei consensi.
• Dov’è l’asticella di Franceschini?
Non è chiarissimo. Al 28 o al 26%. Alle Politiche il Partito democratico prese il 33%, dunque si dà per scontata una perdita di almeno 5 punti. Se la temuta emorragia si fermasse effettivamente al 28, forse l’attuale segretario potrebbe contrastare l’ascesa di Bersani al vertice del partito. Ma è difficile dire adesso quali scosse provocherà il voto europeo, tanta è la confusione in quella parte dello schieramento. Potremmo assistere, in caso di débacle, anche a una dissoluzione del Pd e alla rinascita di una specie di Margherita, destinata a fondersi con l’Udc, e di una nuova formazione diessina, magari ansiosa di ricompattarsi con le frange della vecchia sinistra estrema o quasi estrema. Tanto più se il successo di Di Pietro dovesse andare oltre l’8%.
• Non c’è una partita tutta interna anche a destra?
Sì, si dice che se Berlusconi superasse il 40% e la Lega non arrivasse al 10%, il Cavaliere si proclamerebbe vincitore anche sul suo alleato e magari potrebbe esser tentato di far campagna per il sì al referendum, un’ipotesi che però al momento mi pare davvero difficile. Le due formazioni si contendono il Nord. Ieri Berlusconi ha negato che il Veneto sia destinato a Bossi: «Se in Veneto il Pdl prenderà più voti della Lega, il Veneto resterà a noi» (cioè a Galan), ha detto. Ricordiamo che il Cavaliere ha voluto che Formigoni restasse in Lombardia e non venisse a fare il ministro a Roma proprio per rendere meno schiacciante il dominio della Lega al Nord. Il Cavaliere fa la guerra ai leghisti e afferma che quando si ritirerà Bossi si ritirerà anche lui. Un grande tattico, non c’è che dire. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 6/6/2009]
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