Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ci sono arrivati un paio di sondaggi molto interessanti sul risultato delle europee, ma non possiamo parlarne, è vietato. Facciamo allora il punto sul viaggio di Barack Obama.
• Ieri era a Parigi. Michelle e Carlà s’erano vestite tutt’e due di bianco.
Lui poi è tornato in America, mentre moglie e figlie si faranno una settimanella di vacanza nella capitale. Cene all’Eliseo, eccetera. Obama è andato con Sarkozy e signore a commemorare lo sbarco in Normandia ( nella foto Afp). Il presidente francese ha ricordato i 9mila americani che si sono fatti ammazzare a beneficio dell’Europa, Obama ha esaltato il coraggio degli Alleati, capace di cambiare la storia. Belle parole, che i giornali metteranno stamattina nelle pagine interne e non solo perché ci sono le Europee: il sale del viaggio sta nel discorso del Cairo e nella sosta a Buchenwald. Però il tour di Obama è stato riempito di simboli e la sosta in Normandia simboleggia evidentemente la riscossa della pace: gli uomini di buona volontà, tutti insieme, seppero, 65 anni fa, mettere fine all’immane conflitto di civiltà e costruire un’era nuova. Una soglia sulla quale – dice Obama – ci troviamo anche adesso: metter fine allo scontro di civiltà, ricominciare. Qui la Normandia si aggancia benissimo al discorso del Cairo.
• Nel quale il presidente aveva detto...?
Il 4 giugno, davanti a 2mila persone, nell’aula magna dell’Università Al-Azhar, in una città blindata contro gli attacchi terroristici, Obama aveva pronunciato in circa un’ora un discorso di 6mila parole il cui concetto chiave era questo: «L’America non può essere nemica dell’Islam, perché è essa stessa una nazione islamica. Dopo l’arrivo dei pellegrini giudeo-cristiani, gli Stati Uniti sono stati pacificamente invasi da una marea musulmana che ha combattuto, governato, vinto negli sport e nei premi Nobel, costruito i nostri edifici più alti, contribuito a far crescere il Paese. La prima nazione a riconoscerci è stato il Marocco, nel 1796». Il discorso s’era aperto con un inaspettato ”Assalam Alaykum” (la pace sia con voi). stato interrotto da 25 applausi.
• Un grande passo avanti sulla via della pace?
Aspetti. Questo discorso va messo insieme alla visita a Buchenwald, compiuta fianco a fianco con Angela Merkel. A Buchenwald vennero rinchiusi, tra il 1937 e il 1945, 250 mila esseri umani provenienti da 50 Paesi diversi. Lo scrittore Elie Wiesel, che accompagnava Obama, ha commentato amaramente che quel campo di concentramento tentò la prima opera di globalizzazione della storia, consistente nel diminuire l’umanità degli esseri umani. Dei 250 mila, 56 mila morirono e 11 mila di questi erano ebrei. L’ultimo giorno, gli internati riuscirono persino a organizzare una resistenza ai nazisti, favorendo l’arrivo alleato. In quel luogo impressionante, Obama ha gridato: chi nega l’Olocausto venga qui a vedere! E si riferiva ad Ahmadinejad che corre per essere confermato presidente in Iran e sostiene che le camere a gas sono un’invenzione. Questa dura presa di posizione è tanto più significativa perché il Presidente aveva ammesso il diritto iraniano all’energia nucleare per scopi civili e s’era spinto fino al punto di confrontare la sofferenza palestinese con quella imposta dai nazisti agli ebrei, passaggio del discorso che ha provocato critiche a Tel Aviv. E però, mettendosi in mezzo alle parti come mediatore, Barack non ha risparmiato colpi a nessuno: gli israeliani cessino la politica degli insediamenti, i palestinesi depongano le armi, gli iraniani ammettano la sofferenza degli ebrei così come noi americani abbandoniamo le arroganze del passato e riconosciamo i nostri limiti e i nostri errori. Il Presidente s’è spinto al punto di ammettere che il sequestro degli americani nel 1979 da parte degli studenti di Teheran fa il paio con il contributo dato dagli americani alla liquidazione di Mossaddeq (1953), che aveva democraticamente vinto le elezioni. Quindi: pace, riconoscimento storico di quanto è realmente accaduto, ricostruzione insieme di un nuovo mondo.
• Bello. Gli altri come hanno reagito?
In Iran aspettano le elezioni e, tutto sommato, per ora ne sanno poco, a meno che non abbiano la parabola: il regime non fa filtrare le notizie. A Tel Aviv un sondaggio fa vedere che il 53% degli israeliani ha paura di Obama. Egiziani e sauditi sono preoccupati delle aperture all’Iran, che considerano un nemico. Hamas loda le aperture, ma è talmente alle strette che s’attaccherebbe a qualunque cosa. I rapporti con la Merkel non erano buoni prima e non sono buoni neanche adesso. Il presidente invece è un grande amico di Sarkozy.
• E di Berlusconi?
Berlusconi? Per ora lo ha evitato. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 7/6/2009]
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