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 2009  giugno 07 Domenica calendario

Ci sono arrivati un paio di son­daggi molto interessanti sul risul­tato delle europee, ma non pos­siamo parlarne, è vietato

Ci sono arrivati un paio di son­daggi molto interessanti sul risul­tato delle europee, ma non pos­siamo parlarne, è vietato. Faccia­mo allora il punto sul viaggio di Barack Obama.

Ieri era a Parigi. Michelle e Car­là s’erano vestite tutt’e due di bianco.
Lui poi è tornato in America, mentre moglie e figlie si faran­no una settimanella di vacanza nella capitale. Cene all’Eliseo, eccetera. Obama è andato con Sarkozy e signore a commemo­rare lo sbarco in Normandia ( nella foto Afp). Il presidente francese ha ricordato i 9mila americani che si sono fatti ammazzare a beneficio dell’Europa, Obama ha esaltato il coraggio degli Alleati, capace di cambiare la storia. Belle parole, che i giornali metteranno stamattina nelle pagine interne e non so­lo perché ci sono le Europee: il sale del viaggio sta nel discorso del Cairo e nella sosta a Bu­chenwald. Però il tour di Oba­ma è stato riempito di simboli e la sosta in Normandia simboleg­gia evidentemente la riscossa della pace: gli uomini di buona volontà, tutti insieme, seppero, 65 anni fa, mettere fine all’im­mane conflitto di civiltà e co­struire un’era nuova. Una so­glia sulla quale – dice Obama – ci troviamo anche adesso: met­ter fine allo scontro di civiltà, ri­cominciare. Qui la Normandia si aggancia benissimo al discor­so del Cairo.

Nel quale il presidente aveva detto...?
Il 4 giugno, davanti a 2mila per­sone, nell’aula magna dell’Uni­versità Al-Azhar, in una città blindata contro gli attacchi ter­roristici, Obama aveva pronun­ciato in circa un’ora un discorso di 6mila parole il cui concetto chiave era questo: «L’America non può essere nemica del­­l’Islam, perché è essa stessa una nazione islamica. Dopo l’arrivo dei pellegrini giudeo-cristiani, gli Stati Uniti sono stati pacifica­mente invasi da una marea mu­sulmana che ha combattuto, go­vernato, vinto negli sport e nei premi Nobel, costruito i nostri edifici più alti, contribuito a far crescere il Paese. La prima na­zione a riconoscerci è stato il Marocco, nel 1796». Il discorso s’era aperto con un inaspettato ”Assalam Alaykum” (la pace sia con voi). stato interrotto da 25 applausi.

Un grande passo avanti sulla via della pace?
Aspetti. Questo discorso va mes­so insieme alla visita a Bu­chenwald, compiuta fianco a fianco con Angela Merkel. A Bu­chenwald vennero rinchiusi, tra il 1937 e il 1945, 250 mila es­seri umani provenienti da 50 Pa­esi diversi. Lo scrittore Elie Wie­sel, che accompagnava Obama, ha commentato amaramente che quel campo di concentra­mento tentò la prima opera di globalizzazione della storia, consistente nel diminuire l’uma­nità degli esseri umani. Dei 250 mila, 56 mila morirono e 11 mila di questi erano ebrei. L’ultimo giorno, gli internati riuscirono persino a organizzare una resi­stenza ai nazisti, favorendo l’ar­rivo alleato. In quel luogo im­pressionante, Obama ha grida­to: chi nega l’Olocausto venga qui a vedere! E si riferiva ad Ah­madinejad che corre per essere confermato presidente in Iran e sostiene che le camere a gas so­no un’invenzione. Questa dura presa di posizione è tanto più si­gnificativa perché il Presidente aveva ammesso il diritto irania­no all’energia nucleare per sco­pi civili e s’era spinto fino al pun­to di confrontare la sofferenza palestinese con quella imposta dai nazisti agli ebrei, passaggio del discorso che ha provocato critiche a Tel Aviv. E però, met­tendosi in mezzo alle parti co­me mediatore, Barack non ha ri­sparmiato colpi a nessuno: gli israeliani cessino la politica de­gli insediamenti, i palestinesi depongano le armi, gli iraniani ammettano la sofferenza degli ebrei così come noi americani abbandoniamo le arroganze del passato e riconosciamo i no­stri limiti e i nostri errori. Il Pre­sidente s’è spinto al punto di am­mettere che il sequestro degli americani nel 1979 da parte de­gli studenti di Teheran fa il paio con il contributo dato dagli ame­ricani alla liquidazione di Mos­saddeq (1953), che aveva demo­craticamente vinto le elezioni. Quindi: pace, riconoscimento storico di quanto è realmente accaduto, ricostruzione insie­me di un nuovo mondo.

Bello. Gli altri come hanno reagi­to?
In Iran aspettano le elezioni e, tutto sommato, per ora ne san­no poco, a meno che non abbia­no la parabola: il regime non fa filtrare le notizie. A Tel Aviv un sondaggio fa vedere che il 53% degli israeliani ha paura di Oba­ma. Egiziani e sauditi sono pre­occupati delle aperture all’Iran, che considerano un nemico. Ha­mas loda le aperture, ma è tal­mente alle strette che s’attacche­rebbe a qualunque cosa. I rap­porti con la Merkel non erano buoni prima e non sono buoni neanche adesso. Il presidente invece è un grande amico di Sarkozy.

E di Berlusconi?
Berlusconi? Per ora lo ha evita­to. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 7/6/2009]