Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri è morto Paul Newman, 83 anni, un mito del cinema di tutti i tempi e un’icona della nostra giovinezza. Sapeva che se ne sarebbe andato molto presto. A giugno i cronisti lo videro passeggiare per Central Park, era uscito per una passeggiatina (aveva casa a Manhattan), tenendo a braccetto la moglie. Spiegò di aver versato 4600 dollari per la campagna nazionale di Obama: «Anticipati», sorrise.
• Era democratico?
Sì, aveva dato 50 mila dollari a Kerry contro Bush nel 2004. E una volta, moltissimi anni fa, disse di essere orgogliosissimo del 19° posto nella classifica dei nemici di Nixon. Del resto anche i personaggi che ha interpretato...
• Perché esistono personaggi del cinema democratici e personaggi del cinema repubblicani?
Certo. John Wayne è un icona repubblicana. Roberto Redford, un icona democratica. E, per quello che riguarda Paul Newman, il perdente de Lo spaccone, il teppistello diventato campione del ring di Lassù qualcuno mi ama, il bambino mai cresciuto di Butch Cassidy, l’irresistibile canaglia de La stangata votavano di sicuro democratico. Forse solo l’avvocato de Il verdetto e il figlio disperato de La gatta sul tetto che scotta erano repubblicani. Beh, stiamo giocando, naturalmente. Invece, bisogna forse dire soprattutto questo: noi volevamo bene a Paul Newman. Guardi che “voler bene”, riferito a un attore, è una stravaganza. Gli attori e le attrici si ammirano, si imitano, si invidiano, si desiderano o magari si detestano, o addirittura si amano. Vogliamo bene a un attore, invece, quando sentiamo che è entrato nella nostra vita senza sforzo e che ci unisce a lui una misteriosa famigliarità. Egli occupa la nostra immaginazione e suscita la nostra simpatia con naturalezza. Del tutto a torto, noi sentiamo che non è così distante come ci vorrebbero far credere le parole “Hollywood” o ”Divo”. Sa chi suscitava sentimenti analoghi?
• Chi?
Mastroianni. Mastroianni, a Parigi, tormentato dal cancro, in un bistrot con la sigaretta in mano, fuori pioveva, lui dentro con l’impermeabile ancora addosso, seduto sull’orlo della sedia raccontava la felicità della sua vita commentandola con queste parole: «Hai capito? E me pagavano pure!». Con la stessa semplicità Paul Newman, a chi gli chiedeva che cosa avesse imparato all’Actor’s Studio, rispondeva: «A non aprire bocca e ascoltare». Ha poi condotto una vita distante da ogni mondanità, mezzo secolo con Joanne Woodward, cinque figlie femmine di cui tre dalla prima moglie, l’unico maschio morto per overdose, cosa che lo aveva spinto a dare in beneficienza tutti i proventi (un mucchio di soldi) che gli venivano dal commercio delle salse biologiche.
• In Italia c’è venuto mai?
Aveva fondato a Limestre la filiale italiana della sua associazione di solidarietà e Vincenzo Manes, l’imprenditore che era il suo referente qui da noi, è stato il primo al mondo a dare la notizia della scomparsa. Tre anni fa Newman era venuto a Pistoia a vedere questa struttura, un vecchietto delizioso in jeans e scarpe da tennis, la sua divisa degli ultimi 15 anni. A un certo punto aveva bruciato smoking e abiti eleganti, annunciando che ne avrebbe tenuto solo uno, buono per il funerale.
• E’ vero che nei film sembra più alto di come era veramente?
Sì, era un piccoletto. Un metro e 69, un centimento appena più di Berlusconi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 28/9/2008]
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