Andrea Scanzi, La Stampa 28/9/2008, pagina 31, 28 settembre 2008
La Stampa, domenica 28 settembre Il Clark Kent dei talk show politici ha l’agenda piena. «E due figli scatenati
La Stampa, domenica 28 settembre Il Clark Kent dei talk show politici ha l’agenda piena. «E due figli scatenati. Uno l’ho messo davanti a Indiana Jones, l’altro l’ho dato a mia moglie. un inferno, piacevole ma impegnativo». Giovanni Floris accetta l’intervista («Anche se non sono un guru»), pur premettendo che «non le darò soddisfazione. Dei colleghi non parlo». Lei è una stranezza nell’Italia dei dinosauri: a 35 anni in prima serata. «Venivo dalla scuola di giornalismo di Perugia. Collaboravo al Giornale Radio, Ruffini mi mise alla conduzione del Gr del mattino e di Radio anch’io. Poi, corrispondente dagli Stati Uniti». Raccontando l’11 settembre. «La mia prima esperienza televisiva, come inviato di Rai3, Tg1 e Sciuscià. Arriva il 2002, nasce Ballarò e Ruffini, che mi conosceva solo come conduttore radiofonico, punta su di me». Il 2002 è l’anno dell’editto bulgaro. «E infatti fui chiamato poco prima della cancellazione di Biagi e Santoro. Ho imparato come i bambini in piscina: provi a nuotare, bevi tanta acqua, alla fine resti a galla. Oggi Ballarò mi piace, mi somiglia: non faccio le domande che si devono fare in tivù, ma quelle che sento di dover fare». E fa arrabbiare Mastella. «Non una bella puntata, la ricordo con amarezza. Mastella pensava che le mie fossero accuse, ma erano solo domande. Avevo il dovere di non eludere certi argomenti. Purtroppo la serata si avvoltolò sulle sue paure, mi scambiò per un inquisitore, cosa che non sono». Ecco, chi è Floris? «Un giornalista che, con i suoi autori (Masullo, Tomassini, Fabiano, Geremicca), ha costruito un programma nel quale l’obiettivo non è incolpare gli ospiti, ma intervistarli. Mai fatto imboscate». Il momento televisivo di cui va più fiero? «Tanti, ad esempio la settimana scorsa con Epifani e Scajola, quando abbiamo visto fare in diretta l’accordo su Alitalia. Un sindacalista mi ha detto che lo chiamavano ”Accordo-Ballarò”. Magari la tivù devo ancora impararla, ma sulla notizia credo di saperci stare». Lo sa che per Travaglio e la Borromeo lei è il Vespa di sinistra? «Ognuno è libero di pensare quello che vuole, anche se in certi casi mi vengono in mente Lillo e Greg e il nome del loro capo indiano, che non faccio perché un po’ greve». Lo facciamo noi: ”Sticazzi. «Appunto. Per alcuni sono troppo buono, per altri troppo cattivo. Non puoi piacere a tutti». Meglio andare in onda con Berlusconi al governo o Prodi? «Non c’è differenza. Applichiamo pragmaticamente un metodo che va bene sempre. Un giornalista può essere di parte, ma il giornalismo no». Esiste la libertà d’informazione? «Io sono libero, Ballarò è libera. Il problema non sono i giornalisti, ma la struttura. Quando Biagi e Santoro sono stati allontanati, la cosa grave non era solo l’atto in sé, quanto il fatto che non avessero trovato lavoro da altre parti. In Italia esistono solo quattro editori, tre via etere e uno criptato. La Rai è soggetta alla politica, Mediaset di proprietà del presidente del Consiglio. Dovrebbero esistere 100 canali e 1000 talk show, e invece siamo in pochi». Mai pensato a una coconduttrice come la Granbassi? «Ballarò ha tanti autori, ma un solo conduttore: io. Gli ospiti siedono sul cartone, la sua forza è nell’asciuttezza: tutto il resto sarebbe superfluo». Farebbe fare la copertina iniziale di Ballarò a Grillo o Luttazzi? «No. Sarebbe come chiedere a un romanista se darebbe il 10 a un giocatore diverso da Totti. Impensabile. La satira mi va bene tutta, ma il migliore era e resta Crozza: è molto caustico, fa riflettere, ma soprattutto fa ridere. Più di altri». vero che ha deciso di fare il giornalista dopo avere visto Costanzo? «Ho scelto il giornalismo dopo aver visto Tutti gli uomini del presidente, mentre l’amore per il talk show deriva proprio da Bontà loro. Ricordo mio padre che guardava Costanzo e diceva quanto fosse bravo quello lì, perché faceva le domande giuste ma con ironia. L’idea dell’ironia come arma per smontare le sicurezze mi è rimasta». Qui può farlo: smentisca la diceria che la dà innamorato pazzo dei cinepanettoni. «Macché smentire. Li adoro, sin dai tempi di Vacanze di Natale. I film con Boldi e De Sica li ho visti anche due volte di fila. Ora che si sono separati, seguo De Sica». Farà Ballarò tutta la vita? «Perché no? Dopo Ballarò c’è ancora Ballarò. Anche se il sogno nel cassetto è fare il regista». Magari ispirandosi a Scorsese, più che ai Vanzina. «Mi accontenterei di una via di mezzo tra Kubrick e Oldoini, ecco». Andrea Scanzi