Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
In Turchia ci saranno adesso, e fino alla fine delle vacanze, più di centomila italiani e la questione è se, dopo gli attentati di domenica, questi nostri concittadini corrono qualche rischio.
• Corrono qualche rischio?
Il rischio di altre bombe c’è. Si parla persino della possibilità di uno o più kamikaze che si facciano saltare vicino al primo ministro Erdogan, in modo da ucciderlo. Sono cose che vengono addirittura scritte dai giornali. Del resto le bombe di domenica erano state ampiamente previste. Ma, nonostante proprio in quel quartiere (il Güngoren) per tutta la settimana scorsa siano state fatte decine di fermi e di appostamenti, l’attentato è andato tragicamente a segno dall’inizio alla fine: prima l’esplosione di un ordigno leggero in modo da attirare gente. Poi lo scoppio vero, quando s’era radunata abbastanza folla incuriosita dalla prima deflagrazione. Fino ad ora i morti sono 18.
• Si sa chi è stato?
Può essere stato chiunque. Rivendicazioni non ce ne sono. Si pensa al Pkk.
• Sarebbe?
Il partito curdo, cioè il Partito del Lavoro curdo, indipendentista, nazionalista e marxista. Di partiti curdi, a dire la verità, ce ne sono più d’uno. Ma questi del Pkk sono terroristi e operano in clandestinità. Quindi potrebbero essere in teoria i responsabilit della strage. I curdi occupano la zona settentrionale dell’Iraq e quella sud-orientale della Turchia. Nell’Iraq settentrionale si è ormai costituito di fatto uno stato autonomo, che tratta il petrolio per conto suo, taglieggia chi trasporta merci sulle sue strade e ignora i richiami di Bagdad. I turchi bombardano regolarmente questo territorio perché non intendono minimamente cedere alla nazione curda. In Turchia ai curdi è persino vietato parlare la loro lingua e non si contano le persecuzioni, gli arresti e le torture a cui è sottoposto quel popolo. Questo è un focolaio di tensione, e di tensione forte. Ma non è l’unico.
• Ci saranno anche qui i fondamentalisti islamici, quelli che si fanno saltare in aria.
Paradossalmente qui i fondamentalisti sono i laici. Il primo ministro Erdogan è un musulmano moderato, idem il presidente della Repubblica, Gul. I due appartengono allo stesso partito, l’Akp (Partito della Giustizia e dello Sviluppo). L’anno scorso, dovendosi eleggere il presidente della Repubblica, Erdogan dovette sciogliere il Parlamento e puntare a una grande vittoria elettorale per mettere insieme un numero di deputati sufficiente all’elezione. La ottenne, portando a casa l’inaspettata percentuale del 48% dei voti. Solo che in Turchia qualunque governo è posto sotto tutela dalla Corte costituzionale e dai militari laici che si considerano i veri eredi del padre della patria Atatürk. La Corte costituzionale può sciogliere il governo o destituire il primo ministro o mandare a casa chiunque non gli garbi in quanto sospetto di cedimenti all’Islam.
• Sembra il mondo alla rovescia.
Sì, lo capisco. Questo ci dice quante facce ha l’Islam e come bisogna procedere con prudenza nei giudizi su quella religione. Da ieri la Corte costituzionale è riunita per decidere se il governo può restare in carica. Il consenso che l’Akp ha raccolto in mezzo al popolo conta, per quei giudici, meno di niente. Erdogan è accusato di aver aperto una piccola moschea dentro il ministero degli Esteri e di aver concesso alle studentesse universitarie, se lo vogliono, di portare il velo. Niente di grave, specie se paragonato al grande sviluppo economico che quella stessa classe dirigente ha introdotto nel Paese. E però sufficiente per far vacillare tutto: la sopravvivenza politica di Erdogan – che sarà decisa in settimana – viene data al 50 per cento. anche in questo contesto che si devono collocare le bombe di domenica scorsa. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 29/7/2008]
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