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 2008  luglio 29 Martedì calendario

Simona Gioli. La Stampa 29 luglio 2008 Gioli Simona, nata a Rapallo il 17 settembre 1977: così recitano i sacri testi

Simona Gioli. La Stampa 29 luglio 2008 Gioli Simona, nata a Rapallo il 17 settembre 1977: così recitano i sacri testi. «Vero. Ma sono ligure per caso. A Rapallo, perché allora papà lavorava lì. A tre anni, tutti a Rovigo, la nostra tana, la nostra terra. Aperta parentesi: ho due sorelle. Chiusa parentesi». Al volley come arriva? «Sempre per caso. Da piccola facevo atletica e nuoto. Quando ho scoperto la pallavolo, mi divertivo troppo per lasciarla». Dieci anni di Nazionale e, finalmente, l’Olimpiade. «Già, finalmente. Ne ho sfiorate due, Sydney 2000 e Atene 2004. In entrambi i casi, esclusa per scelta tecnica. Ct, Frigoni e poi Bonitta. Non le sto a raccontare quello che provai. Una delusione pazzesca». Marco Bonitta, l’allenatore che scatenò la rivolta della squadra. «Sì. Ma dopo. Prima di Atene mi disse che, almeno secondo lui, non ero il centrale del futuro. Di qui, il taglio. In seguito, ha fatto marcia indietro e mi ha richiamato. Nel frattempo, però, ciao Giochi». Nome di battaglia, «Streghetta». «Perché scelgo quali maglie usare, perché azzecco i risultati. Se non si fida, parli con Eleonora Lo Bianco, la mia compagna di camera. Coppa del Mondo in Giappone: lei, un gran mal di schiena; io, come se niente fosse, le dico: "Tranquilla, Leo, tanto col Brasile vinceremo 3-0, con Cuba anche, e con gli Usa pure”. Morale: 3-0, 3-0, 3-0. Modestamente». Numero 17: non è superstiziosa? «Al contrario. La scaramanzia la considero ormai un mestiere. Il 17 non c’entra: è il giorno in cui sono nata. C’entra tutto il resto. Mi trovi un italiano o un’italiana che non siano superstiziosi. La sottoscritta ne fa un uso quasi industriale. Ho un sacco di manie, di riti, di tic. Per esempio: mi cambio sempre lo smalto. Non però il colore: sempre viola scuro». Dicono di lei: non si è fatta mancare niente, dalla discoteca in su. «E allora? Non mi va di fare l’ipocrita. Da ragazza, ho fatto le mie cazzate. Si è giovani una volta sola». Poi lo strappo. Un figlio, un marito. «Appunto. Sono la mamma di Gabriele, nato il 2 settembre 2006, e la moglie di Vincenzo Maccarone, un avvocato penalista di Vibo Valentia. L’ho conosciuto a Perugia, dove giocavo e lui si era trasferito. Una cena con amici, un’altra ancora e poi una scommessa (sua): se vinci la Coppa Italia, si cena noi due, soli. Vinsi la Coppa Italia». Non solo una e, per la verità, non solo quella. Tre scudetti, cinque Coppe Italia, una Supercoppa italiana, due Champions League, tre Coppe Cev e, in azzurro, un Europeo e una Coppa del Mondo, con una striscia record di 29 vittorie consecutive. «Mi piace lo sport che pratico. Lo considero una sorta di training autogeno per la vita che vivo ogni giorno, fuori dalle palestre e a luci spente. Se possibile, la gravidanza ha accentuato l’autostima, la carica, la curiosità». Mamma Fast, Miss Muro, Mvp alla Coppa del Mondo 2007: non scherza. «Diciamo che me la cavo... Inoltre sono fermamente convinta che oggi la vera pallavolo sia soprattutto quella femminile. Vera nel senso di tecnica. I maschi giocano di puro fisico, una botta e via. Fra le donne, in compenso, si può ancora cogliere la bellezza del fraseggio, il brivido di un’azione che non si riduca al solito bimbumbam». E con la storia dei body come la mettiamo? Ogni tanto ne parla persino Joseph Blatter, il presidente della Fifa. «I body, i costumi sexy: tutto fa brodo per attirare gente. A patto che restino mezzi e non diventino l’unico fine. L’occhio vorrà pure la sua parte, ma insomma. Io voglio essere giudicata per quella che sono in campo e non per come mi trucco o appaio». Dopo la Cina? «Mosca. Ho firmato un biennale con la Dinamo. Da Reggio Calabria a Perugia, a Mosca. Scelte di carriera e, da settembre, scelta di vita. Voglio esplorare un nuovo "mondo", voglio sondare me stessa. Sfide. Stimoli. E un signor stipendio. Ha presente i "bamboccioni" di Padoa-Schioppa? Tutto il contrario». Un pregio? «La determinazione». Un difetto? «Sono permalosa». E gelosa, no? «Dipende. E comunque sì, a volte lo sono. Come moglie e come giocatrice. Sono una Vergine molto pignola che passa dall’arrabbiatura più sfrenata al cinismo più perfido». Mai odiato qualcuno? «No, mai». Una nuvola? «Il forfeit di Antonella Del Core. Problemi al cuore. Ci sono rimasta di m. Eravamo, siamo, legatissime. Due anni insieme a Perugia. Un tipo solare: sempre disponibile, sempre l’ultima a mollare». Dall’archivio: lei è una che divora i libri. «Non esageriamo. Leggere, però, mi rilassa. Confermo. Adoro Khaled Hosseini: per me, Mille splendidi soli è ancora meglio de Il cacciatore di aquiloni». Se non fosse Simona Gioli pallavolista di successo, chi vorrebbe essere? «Angelina Jolie. Non solo perché è stupenda e, fra parentesi, una delle mie attrici preferite. Ma perché, soprattutto, le piacciono i bambini: li fa e li adotta. Potessi, ne adotterei anch’io: solo che in Italia la burocrazia ti ammazza. Di sicuro, Gabriele non resterà figlio unico». Segni particolari? «Due piercing e quattro tatuaggi, fra i quali un diavoletto e una pantera, l’animale che sento più mio». Per quale squadra di calcio tifa? «Per il Milan. Il rosso e il nero sono i colori della passione e io sono molto passionale. Gullit, Weah, Paolo Maldini sono stati, e rimangono, i giocatori che ho più apprezzato». Dove le piacerebbe vivere? «A Bologna. Una cuccia piccola e calda. Anche se, mi confessano gli amici, un po’ più sporca e in disordine di 10-20 anni fa». Chi butterebbe giù dalla torre, Silvio Berlusconi o Walter Veltroni? «Veltroni. Sono di destra, considero Berlusconi un grande uomo d’affari». Voce di popolo: brasiliane imbattibili. «Chi l’ha detto, scusi? A parte il fatto che le abbiamo già battute, nessuno è perfetto. Neppure loro». Il suo motto? «Lo sport è la cosa più bella. Tiene lontano dalle tentazioni». Roberto Beccantini