Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Mentre i titoli delle compagnie low cost vanno sempre più giù, EasyJet annuncia un collegamento quattro volte al giorno tra Malpensa e Fiumicino, dal lunedì’ al venerdì, e tre volte al giorno il sabato e la domenica...
• Che affare è? Da Malpensa il taxi mi costa 70 euro.
A parte il fatto che può prendere il pullam o il treno, e spendere una decina di euro, il prezzo del biglietto con EasyJet sarà compreso tra 26.99 e 32.99. Alitalia sta intorno ai 180 e Air One intorno ai 120-140. È vero che – calcolando il tragitto casa-casa – da Malpensa ci mette almeno un’ora in più. Però il risparmo è forte. Proprio ieri EasyJet ha annunciato la nascita di Londra Gatwick-Roma Fiumicino, due voli al giorno e dal prossimo febbraio tre. Naturalmente infilarsi nel Roma-Milano è una furbata. L’ideale sarebbe il Linate-Fiumicino a 30-40 euro. Prima o poi ci arriveranno. Senta come cantano questi di EasyJet: «L’asse Milano-Roma è fondamentale negli spostamenti del segmento business italiano, sempre più concentrato attorno a questi due poli dell’economia...». Giusto. Vero. Il problema è che dopo le notizie di ieri, questi voli a basso prezzo (“low cost”), sembrano molto più difficili. Anche EasyJet, che si precipita ad annunciare il Roma-Milano, ha avuto una trimestrale tremenda e la settimana scorsa ha perso in Borsa il 10 per cento. Non parliamo poi della principale di queste compagnie, la famosa RyanAir: gli annunci della trimestrale li ha dati ieri, gli utili sono passati dai 140 milioni dell’anno scorso ai 21 sperati di quest’anno. «Sperati» perché non è detto che la compagnia, al 31 dicembre, non risulti con gli utili azzerati o addirittura in rosso. Da quando esiste (anni Novanta), RyanAir ha avuto qualche anno in calo, ma perdite mai.
• Questo sconquasso da che dipende?
Dal prezzo del petrolio. Sui costi di RyanAir, il carburante pesava per poco più del 30 per cento. Adesso siamo al 50 per cento. Una catastrofe per una compagnia che ha costruito la sua fortuna sul risparmio più stretto: pensi che per tagliare i costi comprano gli aerei senza schienale reclinabile (azzerata la manutenzione che prima costava due milioni e mezzo l’anno), senza tasca sugli schienali (pulizia più rapida), senza scuri ai finestrini (180 mila euro risparmiati) e via di questo passo. A una compagnia che ragiona così gli porti il petrolio a 140 dollari? Significa spingerli nell’abisso.
• Come faranno?
La risposta di EasyJet è questa del Roma-Milano. O’Leary – un tipo molto aggressivo – ha detto che taglierà il prezzo del biglietto del 5%. L’inverso di quanto verrebbe in mente a chiunque.
• E’ propaganda.
Non è detto. Intanto la crisi non è arrivata all’improvviso. A marzo, O’Leary ha bloccato gli stipendi di 36 manager, annunciando che il prezzo del petrolio – in perenne salita – imponeva sacrifici. In un comunicato che venne mandato ai giornali proprio in quei giorni si spiegava che l’utile 2008 sarebbe probabilmente calato del 50%. Era una stima ottimistica, ma i manager della compagnia avevano letto correttamente il momento storico. Il punto è che la filosofia del “low cost” si basa sul concetto degli aerei che volano pieni. Fronteggiare la crisi aumentando i prezzi, come potrebbero fare British Airway o Air France, significa diminuire il numero di passeggeri e trovarsi punto e da capo. L’obiettivo di RyanAir, ma anche di EasyJet, è sempre stato quello di arrivare al costo zero del biglietto. Viaggi gratis, ma appena compri un panino o tardi ad imbarcarti, ti stango. Ti porto in aeroporti piccoli dove pago meno tasse e ho meno intervalli di tempo tra l’atterraggio e il decollo. Inoltre, poiché faccio capo a località che altrimenti non visiterebbe nessuno, mi piglio dei contributi dalle autorità locali. Il business-plan è stato in piedi fino ad ora col petrolio a prezzi ragionevoli. Applicando la loro filosofia fino in fondo, bisognerebbe che a questo punto le compagnie – per spingere la clientela a imbarcarsi – pagassero i passeggeri!
• Come sarebbe?
E’ un paradosso, ma non così insensato: la crisi sta facendo viaggiare meno la gente. Il low cost vuole invece aeroporti e aerei pieni di folla. Se io sono Air France e mi accorgo che il numero di passeggeri scende, posso aumentare il prezzo del biglietto perché so che, fino a un certo limite, non c’è un rapporto così stretto tra costo del viaggio e numero dei passeggeri. Nel low cost, un primo aumento dei prezzi del 10 per cento provoca una perdita immediata del 7 per cento dei viaggiatori. Un altro 10 per cento di aumento e gli aerei partirebbero vuoti. Quindi un taglio ulteriore del 5% – come dice O’Leary – è sensato. Naturalmente accompagnato da altri risparmi. Sa che stanno mettendo a terra, per risparmiare carburante, il personale sovrappeso? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 30/7/2008]
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