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 2008  luglio 30 Mercoledì calendario

Il giorno in cui arrivò la prima lettera, a Guingamp nelle Cotes-d’Armor, non lo ricorda più nessuno

Il giorno in cui arrivò la prima lettera, a Guingamp nelle Cotes-d’Armor, non lo ricorda più nessuno. E’ passato troppo tempo da quel 2003, il destinatario la considerò uno scherzo di cattivo gusto, forse sospettò di un vicino geloso, o del solito squinternato grafomane; e la appallotolò con un gesto di stizza. Poi ne sono arrivata altre, a migliaia, e la città intera ha cominciato ad afflosciarsi sotto il peso delle rivelazioni più orribili, dei segreti più torbidi, delle tresche più squallide. Sempre la stessa busta e dentro i fogli, colmi di una scrittura piccola, fitta, per stiparci la maggior quantità di veleno e di sospetti. Per anni ogni mattina si è spiato con angoscia l’arrivo del portalettere, una frizione, una usura quotidiana che ingorgava gli animi. Non si fermava mai il flusso di quelle missive dannate, sembrava che la città fiorita, bella come sa essere spesso la provincia francese, con il mare che è a due passi, avesse addosso ormai il maltempo e la disgrazia. Arrivavano implacabili, alle brasseries, ai negozi, a professionisti e impiegati, intasavano l’ufficio postale del municipio, del tribunale, della gendarmeria. Pareva impossibile, se non ci fosse stata quella scrittura sempre eguale, che esistesse una penna così inesauribile, una fantasia così perfida e sempre desta, incapace di saziarsi. Sulle pagine del «Corvo», come è stato soprannominato, sfilava di tutto, complotti politici, malversazioni, droga, maneggi di alcova, amori mercenari dietro il paravento di insospettabili decori borghesi, pratiche di turismo sessuale. Spesso erano soltanto insulti, foschi, lividi, con il tanfo di un odio sfrenato e inesauribile. Migliaia di persone hanno tremato, migliaia hanno presentato denuncia, qualcuno ha taciuto e le ha distrutte, nell’angoscia che rivelare di averle ricevute bastasse a distruggergli la vita, per sempre. Perché il brusio cresceva, si faceva tuono, contagiava le chiacchiere dei bistrot, monopolizzava il desco familiare, baloccava le conversazioni negli uffici. Falso certo, tutto vergognosamente falso per carità ! Ma… eppure… forse… vuoi vedere: l’inesorabile sinuoso eterno procedere della calunnia. Uno strano e turpe fuoco fatuo, atroce come sanno essere talvolta i sogni. Le cifre nel dossier della polizia fanno spavento, si va per categorie. Hanno ricevuto le lettere del «Corvo», ad esempio, tremila avvocati e altrettanti medici. A un certo punto, come per una tentazione di diffamazione universale, le lettere sono state recapitate ai deputati. E un giorno sulla calligrafia fine che gli abitanti di Gungamp conoscevano bene si posò lo sguardo dell’addetto alla corrispondenza dell’Eliseo. Sì, una lettera per Jacques Chirac: in cui il corvo annunciava di essere in possesso di un nauseabondo «segreto di Stato». Lo hanno cercato, invano, per tre anni. Ma come avrebbero potuto sospettare di Marie-Annick Bourges? Perché da Guingamp se ne era andata da anni, in città aveva una casa, certo, ma si può dire che nessuno più la conosceva. E soprattutto lei gli incubi, le psicosi, i deliri li curava: già, perché era psichiatra all’ospedale Saint-Anne nella capitale. Il «Corvo» di Guingamp, dunque, indossava il camice bianco . Quando la polizia l’ha arrestata, nel 2006, nessuno ci voleva credere: quella signora cinquantenne così distinta, piccola bruna i capelli ricci, che qualcuno aveva notato mentre ferma sul sagrato della chiesa guardava la folla della domenica passare e prendeva freneticamente appunti. Quando si scende ogni giorno nel pozzo dell’angoscia degli altri, forse si finisce per restarne contagiati. L’hanno rinchiusa in un manicomio in Normandia. E’ evasa e per due anni è stata introvabile, il secondo incubo per prefetti e questori di tutta la Francia. Non usava la carta di credito, non telefonava, indossava parrucche. E soprattutto scriveva. Di nuovo. L’hanno arrestata finalmente a Parigi, tradita da una videocamera di sorveglianza: stava imbucando un’altra lettera per Guingamp. La provincia francese è sconvolta da un omicidio feroce e inspiegabile. Un bambino di un paesino del Lionese è stato ucciso con 40 coltellate mentre faceva un giro attorno a casa in bicicletta. Valentin, 11 anni, stava percorrendo la stradina semipedonale del centro di Lagnieu che conosceva come le sue tasche. I suoi familiari, attorno al tavolo dopo cena, hanno notato che da un quarto d’ora non si vedeva né sentiva più e sono usciti a cercarlo: «Hanno trovato il bambino poco prima di mezzanotte in terra, vicino alla bici e al sangue. Aveva dei buchi, sembravano morsi di cane». Poi la verità: massacrato da 40 coltellate. Il paese, 6.000 abitanti, vicino a Bourg-en-Bresse, è sotto shock. Nessuno può immaginare chi e perché abbia ucciso Valentin, infierendo con una lama sul torace, sul collo e sul resto del corpo. Il ragazzino era in vacanza a casa del nuovo compagno della madre e nessuno ha sentito niente, nonostante il misterioso dramma si sia svolto a pochi metri da loro. Jean-Paul Gandolière, il procuratore della Repubblica, ha in mano pochi elementi per il momento ed è costretto a lavorare su quelli: macchie di sangue davanti all’ingresso di una farmacia, a un centinaio di metri dal punto in cui è stato ritrovato il corpo; e l’illuminazione pubblica stranamente non funzionante in quel pezzo di strada dove Valentin è stato ucciso, forse tentando di sfuggire al suo assassino. Domenico Quirico