Corriere della Sera, 30 luglio 2008
Terroristi italiani. La polizia ne ha arrestati quindici, ieri all’ alba, tra Lombardia, Piemonte e Triveneto
Terroristi italiani. La polizia ne ha arrestati quindici, ieri all’ alba, tra Lombardia, Piemonte e Triveneto. Sono accusati di aver organizzato «un’ associazione terroristica costituitasi in banda armata», che sotto il nome di «Partito comunista politico-militare» (Pcpm) si richiama alla «seconda posizione», cosiddetta «movimentista», delle Brigate rosse. Divisi in tre cellule di Milano, Padova e Torino, i neo-brigatisti avevano armi, sequestrate dalla polizia, e si esercitavano a sparare nelle campagne di Rovigo e Milano. Tra gli arrestati, due sindacalisti della Cgil, tra cui il presunto capo del «nucleo di Torino». Le «riunioni strategiche», tenute ogni mese in ristoranti soprattutto cinesi (ritenendoli non intercettabili), erano guidate da un terrorista rosso della vecchia guardia, Alfredo Davanzo, latitante dagli anni ’ 80 e rientrato in Italia nel novembre 2006 a fine pena, ma da clandestino, con un documento falso dei complici. Era nascosto a Raveo (Treviso), in montagna, in una casa senza riscaldamento, però con il computer: è l’ unico che si è già dichiarato «prigioniero politico». Nell’ ordinanza d’ arresto il giudice Guido Salvini definisce i 15 arrestati «il nucleo essenziale» di una «banda armata a tutti gli effetti». Come «costitutori» sono finiti in carcere il capo della cellula di Milano, Claudio Latino, 49 anni, ex dell’ Autonomia veneta, il suo «allievo» e successore a Padova, Davide Bortolato, 37, e un incensurato delegato Cgil di Torino, Vincenzo Sisi, 54 anni. Tra gli arrestati a Milano spicca Bruno Ghirardi, già condannato a 22 anni come terrorista dei «Colp», scarcerato nel 2001 e riscoperto nel 2006 a parlare di rapine, ferimenti, «autobombe all’ Eni» e attentati al professor Ichino e alla casa di Berlusconi. Elogiando la polizia per aver «salvato vite umane», il pm Ilda Boccassini ha spiegato la centralità delle intercettazioni ambientali nei locali pubblici, dove i quattro capi tenevano le «riunioni strategiche»: «Sono le loro stesse parole ad accusarli». I reati già compiuti sono tutti preparatori: furti di auto e targhe, documenti falsi, un colpo al Bancomat di Albignasego (Padova), la notte del 30 dicembre, sventato dalla polizia facendo suonare «per caso» l’ allarme. «Stavano programmando rapine di autofinanziamento, sequestri e azioni contro obiettivi umani - sottolinea il pm -. Erano tre cellule operative, che fino a poche ore fa facevano la lotta armata». La Digos ha filmato «un’ esercitazione notturna con almeno una mitraglietta Uzi e un kalashnikov» nella frazione Beverare a San Martino di Varezze (Rovigo): «Sparavano di notte - rimarca la Boccassini - e il giorno dopo hanno recuperato tutti i bossoli». A vendere le armi era Salvatore Scivoli, 55 anni, siciliano «arrestato giovanissimo per criminalità organizzata e politicizzatosi in carcere fino a firmare gli appelli di Curcio e Franceschini». La dirigente di polizia Giuseppina Suma ha precisato che l’ inchiesta era nata dalla scoperta casuale (la telefonata di un’ inquilina) in una cantina di via Pepe a Milano di una strana «bicicletta con microcamera nel fanale e radiotrasmittente nel sedile». Dopo mesi di silenzio, le intercettazioni hanno portato a un condomino, Massimiliano Gaeta, risultato «il tecnico» della banda. In maggio «il Sisde del generale Mori» ha allargato le indagini a Torino e Padova. Davanzo gestiva anche «la rivista clandestina Aurora» e organizzava «corsi d’ informatica in Svizzera per la sicurezza delle comunicazioni» tenuti dall’ estremista Andrea Stauffacher, perquisito ieri dalla procura di Berna. Inquietanti anche gli incontri con brigatisti storici: Ghirardi era amico di Marcello Ghiringhelli, l’ ergastolano che ieri si è visto revocare il permesso di lavoro fuori dal carcere. Biondani Paolo, Marrone Cristina 13 2 07 Oggi che l’ ex responsabile logistico della colonna milanese «Walter Alasia» è un ergastolano ammesso al lavoro esterno al carcere, il primo a sorprendersi dell’ eterno ritorno è proprio lui: neanche immagina che giro possano aver fatto quelle armi in 30 anni per finire dalle mani dei «vecchi» brigatisti all’ arsenale delle «nuove» Br. Fatto sta che due delle armi sequestrate in febbraio ai neo-br del «Partito comunista politico-militare» (una carabina Winchester e una pistola Sig Sauer calibro 7,65 perfettamente funzionanti) risultano acquistate nel 1978 con documenti falsi in due armerie milanesi proprio dal brigatista della «Walter Alasia» Calogero Diana, uno dei componenti il commando (con Franco Bonisoli e Lauro Azzolini) che l’ anno prima avevano gambizzato Indro Montanelli, arrestato nel 1979, evaso nel 1986 dal carcere, riarrestato e condannato per l’ assassinio del maresciallo di San Vittore, Francesco Di Cataldo. La staffetta d’ armi, tra «nucleo storico» br ed emuli, emerge dalle pieghe dei due nuovi arresti a Padova, seguito delle indagini del pm Ilda Boccassini e della Digos che già il 12 febbraio avevano neutralizzato, alle soglie delle prime azioni (un’ esercitazione, una fallita rapina a un bancomat, alcuni ipotizzati bersagli), 15 persone accusate di appartenere a una organizzazione terroristica nel solco della «Seconda Posizione» delle ultime Br storiche, coagulatasi attorno ai presunti capicellula Latino, Sisi e Bortolato (tutti arrestati in febbraio). E proprio questa eredità logistica «aggrava - per il gip Guido Salvini - il giudizio di pericolosità del gruppo, che non può e a maggior ragione non può più definirsi un gruppo neonato e velleitario, ma piuttosto giunto a un grado di maturazione abbastanza elevato» per «passare alla realizzazione del suo progetto eversivo vero e proprio». Del quale, però, il gip Salvini osserva che non sono ancora chiari «il "senso" politico, la strategia»: versante sul quale non hanno fatto luce neppure le progressive «dichiarazioni collaborative» (a volte «spontanee» ma altre volte «necessitate dall’ incalzare dei dati contestatigli dagli inquirenti») di uno dei primi arrestati, Valentino Rossin. Ai due arrestati di ieri a Padova, allo stato, è contestato esclusivamente un supporto logistico, come si ricava anche dall’ imputazione di «concorso esterno» alla banda armata «pur non essendovi stabilmente inseriti». Un contributo che Andrea «Zebb» Tonello, 52 anni, dipendente della municipalizzata Aps-Acegas e iscritto (come altri 90mila) alla Femca-Cisl che ieri lo ha subito sospeso, è accusato di aver fornito sia aiutando nel 2001 Bortolato e Rossin a spostare alcune armi, sia dando «ospitalità consapevole» a Latino e Ghirardi la notte di fine dicembre 2006 in cui partirono per il fallito assalto al bancomat di Albignasego. Giampietro Simonetto, appena 19 anni, uscito da Rifondazione comunista su posizioni di estrema sinistra, «legato sul piano personale a seguaci di Marco Ferrando» ma senza entrare nel Partito comunista dei lavoratori fondato dal parlamentare, cacciatore, esperto di polvere da sparo e ogive, è invece accusato di aver utilizzato la propria licenza da tiro a volo in poligono per acquistare 50 cartucce calibro 9x21 (non denunciate) da cedere ai terroristi, per conto dei quali (da un’ intercettazione) sembra anche poter ricaricare 200 cartucce non originali. Un rapporto curioso, quello tra i nuovi brigatisti e questo ragazzo ritenuto politicamente «molto preparato», la cui disponibilità da un lato lusinga ma dall’ altro spaventa i br, che giungono a temerlo un infiltrato: «Questo ha 20 anni, è proprio giovane...è uno che va a caccia, è conosciuto da altri che conosciamo, nel senso che è dello stesso giretto. ...era di Rifo ed è uscito ed è col giro dei Ferrandiani, quelli che sono usciti adesso da Rifondazione...Comunque facciamo un’ inchiesta anche su di lui, perché se uno ti porta ’ sta roba, almeno cerchi di capire», ride Latino mentre (intercettato) a un compagno aggiunge: «Lui ha la macchinetta per caricare...per mettere la polvere. Hai capito? Un ragazzo così giovane ha questa disponibilità! Boh!». lferrarella@corriere.it 8 Delle armi di Diana, due sono state trovate a Padova, tre furono trovate in passato a Milano, Firenze, La Spezia. Tre sono sparite 17 Sono 17 i presunti brigatisti di «Seconda posizione» finiti a vario titolo nell’ inchiesta coordinata dal pm Boccassini L’ ORDINANZA I protagonisti CLAUDIO LATINO La sua casa viene perquisita nel corso dell’ indagine sull’ omicidio Biagi: in un foglietto, c’ è una lista di oggetti delle br MASSIMILIANO TOSCHI Nell’ estate 2006, insieme con Bortolato, trasferisce da Milano a Padova le armi pesanti: il Kalashnikov, l’ Uzi e la Skorpion DAVIDE BORTOLATO La struttura di Latino e Bortolato si era costituita da anni e aveva ereditato e conservato nel tempo un patrimonio logistico BRUNO GHIRARDI Ghirardi in un bar della Stazione Garibaldi di Milano incontra Latino, che gli parla di Simonetto: «Era di Rifo, ora sta coi Ferrandiani» L’ ATTENTATO IL PERCORSO DELLE ARMI Calogero Diana Calogero Diana (a sinistra) è il brigatista che nel 1977 fa parte del gruppo di fuoco che spara a Montanelli (sotto). Condannato all’ ergastolo per l’ omicidio di un agente di custodia, è ammesso al lavoro esterno IL GIOVANE COMPAGNO Giampietro Simonetto, 19 anni, ha lasciato il liceo. stato militante del Prc. Sotto l’ attentato a Indro Montanelli nel 1977. Fu colpito con un’ arma ora ritrovata a Padova Ferrarella Luigi 7 7 07